Dimmi chi voti e ti dirò chi sei

Nota di Franco Corcella sul futuro "già visto" di Barletta

domenica 26 luglio 2015
Pur nella convinta consapevolezza che le esperienze da me vissute durante la campagna elettorale non saranno confermate dai protagonisti, ho ugualmente avvertito il bisogno di raccontarle, con la speranza – mi auguro non illusoria – di risvegliare le sopite coscienze di quanti continuano a ritenere che il voto sia la più alta, nobile e significativa manifestazione della democrazia, intesa come concreta ed effettiva partecipazione dei cittadini alla vita politica della comunità e non una moneta di scambio per consentire ad improvvisati politici di amministrare la cosa pubblica con criteri clientelari, nel disprezzo dei principi di legalità e di imparzialità.
Senza continuare oltre con questa fiera di magnificenze e buoni costumi nostrani, certo è che a me – come flash-back - questi episodi riportano significativamente alla memoria:
Questa appena descritta appare una società senza più freni, senza regole né etica di riferimento e perciò allo sbando, malata, in coma. Una società che pare colpita da un' infezione parassitaria cronica da corruzione e malaffare diffuse e che fa ritenere rassegnato, ininfluente e quasi inutile ogni tipo di comportamento di quanti – giovani studenti, indefessi lavoratori, volenterosi disoccupati, pazienti pensionati - volessero improntarlo all'onestà e all'integrità morale o, se si preferisce, quanto meno alla minima incoerenza possibile! Mi vien di non mostrare comprensione per nessuno e, piuttosto, dissacrare il luogo comune secondo cui il cittadino disagiato, bisognoso, disoccupato e disastrato di ogni genere è vittima e sottomesso al sistema politico e che ricerca - attraverso l'intervento del rappresentante di qualsiasi istituzione pubblica - la soluzione ai problemi propri e della propria famiglia. Come pure il fatto che detta condizione di bisogno sia - dai "signori della politica"-, "volutamente mantenuta" nel tempo, per rendere il bisogno uno strumento di asservimento ancora più pressante.

Ormai è più che evidente che il tempo dei "favori" deve ritenersi scaduto! Il "favore" (come mezzo per ottenere il consenso) è la negazione della democrazia, dell' uguaglianza, dell'equità e della giustizia sociale. Non foss'altro per il fatto che il presunto benefattore non ci rimette mai di tasca propria ed utilizza, invece, fonti, strutture e risorse della Pubblica Amministrazione destinate o destinabili alla generalità della comunità. Cosicché si finisce con l'utilizzare, ad uso e consumo del politico amministratore pubblico, beni e servizi comuni come se fossero private proprietà da elargire in funzione e per la costruzione (o il rinnovo) di un futuro consenso elettorale, congegnato giorno dopo giorno, favore dopo favore, ora all'uno e dopo all'altro, magari in maniera incompleta, tenendo tutti e tutto in "sospensione" permanente, in pugno, sotto controllo, con l'impianto di una vera e propria banca/dati con annessa "anagrafe del favore", completa di generalità e collegamenti parentali e amicali, indirizzi, recapiti telefonici e tipologia del presunto o vero favore prodotto, da rispolverare e "ricordare" ad ogni utile occasione.

Il tutto con i soldi nostri, della comunità, cioè della "cosa pubblica", e ignorando che la res publica è patrimonio della collettività. Quasi mai qualcuno pensa o tenta di reagire, di ribellarsi a questa incivile deformazione, a questa infezione parassitaria, per pigrizia, ignoranza, stupido servilismo, che prendono il sopravvento sulla ragionevolezza e sul buon senso e inducono a rinunciare ad ogni tentativo di discernimento e a scoprire che quel favore corrisponde, invece, ad un sacrosanto diritto del quale si ignora l'esistenza e la possibilità di fruizione, senza necessità di far ricorso ad intermediari di sorta!

Concludendo, questa contrapposizione tra società del favore/ricatto e società del diritto mi fa tornare alla mente due articoli pubblicati su "La Gazzetta del Mezzogiorno" dell'ottobre 2007 a firma mia e dello stimato dott. Francesco Messina, oggi GIP-GUP presso il Tribunale di Trani; entrambi si concludeva che… "…A Barletta siamo effettivamente nella condizione obbligata di "ri-pensare" un po' tutto, a partire proprio da chi o da che cosa dovrà trascinarci verso il futuro...". Oggi, ci aggiungerei … dove trascinare, chi e che cosa!?.

A distanza di quasi otto anni da quelle preoccupate valutazioni nulla pare cambiato; molto è di certo peggiorato; con la rassegnazione che rischia di prendere il sopravvento sulla speranza e di fare breccia perfino presso autorevoli rappresentanti della Chiesa locale che temono una deriva devastante della nostra coesione sociale, quasi irrecuperabile, incline a qualunque nefandezza morale pur di campare alla giornata.

Di questo passo non andremo molto lontano. Buona fortuna a noi tutti.

[Franco Corcella]