Coronavirus: è emergenza ma l’happy hour non si tocca

La superficialità di tanti barlettani. Le responsabilità delle istituzioni

lunedì 9 marzo 2020 11.36
A cura di Cosimo Campanella
Verso i 7000 contagi, quasi 400 morti, fughe disordinate dalla Lombardia in direzione Sud causate da una comunicazione istituzionale da quarta elementare, la circolare della CEI che chiude le chiese al culto (?), le prime vittime in Puglia e gli appelli accorati del presidente della Regione Michele Emiliano e del sindaco di Barletta Mino Cannito a rispettare le indicazioni governative.

Tutto questo non è bastato a fermare quella irrefrenabile voglia di movida e di "cicchetti" che da qualche decennio imperversa tra i nostri concittadini, giovani e non solo. Quella appena trascorsa è stata, nonostante il dramma che il nostro paese sta vivendo, la solita domenica barlettana caratterizzata dalla corsa mattutina alle sale scommesse (quelle aperte), dal pomeriggio con caffè al bar con tavolini all'aperto, e dalla serata nelle pizzerie a guardare un più che surreale Juventus-Inter. Tutto ciò completamente in barba alla prevenzione di un possibile contagio da Covid-19, in un delirio di superficialità del quale possiamo solo provare ad analizzarne le cause.

Ignoranza? Probabile. Del resto, spiace dirlo, per tanti cultori del caffè domenicale al ginseng, l'uso dei mezzi d'informazione va poco oltre i gol di Cristiano Ronaldo o l'erotismo farlocco del Grande Fratello. Spavalderia? Può essere. Del resto "muoiono solo i vecchi". Quegli stessi vecchi le cui pensioni sempre più spesso consentono a tutti questi novelli Leonida ai pomodorini di prendere il caffè domenicale al ginseng.

Fatalismo? Tutt'altro che da scartare. Quante volte fra noi e noi ci siamo detti: "ma proprio me deve beccare?" Ignoranza, spavalderia giovanile e fatalismo quindi. Sicuramente l'identikit perfetto di tanti nostri concittadini, ma a nostro avviso non sufficiente a spiegare un atteggiamento irresponsabile che è purtroppo figlio di un veleno culturale fatto di lassismo e minimizzazione, instillatoci goccia a goccia in questi anni da tanti, troppi rappresentanti delle massime istituzioni, e dai loro fastidiosi cantori e menestrelli televisivi.

Come pretendere infatti il rispetto dei protocolli di prevenzione da parte dei nostri giovani, quando nel nome dell'inclusione si è progressivamente cancellato ogni merito e ogni parvenza di rispetto delle regole? Come pretendere che a Barletta, in Puglia e in tutta Italia si prenda sul serio il Corona Virus, quando non più tardi di un paio di settimane fa veniva descritto come "poco più di un'influenza" che "uccide solo anziani e ammalati"? Come si può parlare di quarantena e di stare a casa quando – da destra a sinistra - chi invocava queste misure ben prima dello scoppio dell'emergenza veniva tacciato come minimo di razzismo?

Sia chiaro. Tutti coloro che domenica, nonostante i divieti e le ordinanze, affollavano irresponsabilmente chiese, bar, pub e pizzerie sono tutt'altro che giustificabili e auspichiamo severi provvedimenti nei loro confronti. Ma sarebbe anche ora che qualcuno ai vertici delle istituzioni, con tutto il codazzo di cronisti adoranti, si faccia un bell'esame di coscienza.