Congresso Pd: l’unità nel segno della contabilità
Più di tremila tessere, ma solo in quaranta partecipano al congresso
domenica 27 ottobre 2013
12.00
3.028 tessere (4 in più della scorsa volta), solo quaranta persone, al momento di quella che è stata semplicemente una formale e surreale votazione per alzata di mano («acclamazione» proposta dal presidente del congresso, Michelangelo Lattanzio), che ha eletto nuovo segretario cittadino del Pd, Franco Ferrara, e i sessanta del direttivo, nonché il nuovo segretario provinciale Agostino Cafagna, e i quaranta delegati provinciali. Nella mattinata di ieri, solo capannelli, e slittamento del congresso al pomeriggio: gli accordi erano stati raggiunti nella notte precedente. Alla fine, la votazione, prevista per oggi, è stata dunque annullata.
Il congresso di ieri è stato così tutto fuorché un momento di grande partecipazione (eccetto per le tessere). Un congresso, tenutosi tra l'altro in una giornata, quella del 26 ottobre, data di anniversario della caduta del Maffei bis. «La riunione del circolo della caccia avrebbe forse avuto più presenze». Così ha commentato ieri sera la scena desolante, il segretario provinciale dei Giovani Democratici, Bruno Lattanzio, uno dei due astenuti al momento della votazione per il circolo cittadino, che ha definito il congresso locale e provinciale svolto, con l'espressione «tanto rumore per nulla», augurandosi che il neo-segretario Ferrara non faccia la stessa fine dell'ex Chiarello. «Chi si è sottratto dalle scelte di contabilità? Nessuno». Così è intervenuta la consigliere Giuliana Damato, in riferimento agli equilibri provinciali raggiunti, per arrivare alla candidatura unica di Cafagna.
Grandi assenti, al momento degli interventi del pomeriggio: il sindaco Cascella e il consigliere regionale Caracciolo. Presenti tra gli altri, il commissario uscente Patruno, il consigliere regionale Mennea, i consiglieri comunali Bruno, Cascella, Damato, Ventura, la presidente del consiglio comunale Peschechera, i segretari cittadino e provinciale dei Giovani Democratici, Francesco Francavilla e Bruno Lattanzio, l'ex segretario Chiarello, l'ex vicesegretaria Spadafora, l'ex consigliere Paolillo, Assuntela Messina, Luigi Terrone, Ruggiero Crudele, Pasquale Guerrieri, Michelangelo Lattanzio, Carmen Palmiotta, il responsabile del settore di supporto al sindaco Cascella, Raffaele Montenegro. Ventura, che nell'occasione ha anche annunciato il suo appoggio a Renzi, giustifica così le larghissime assenze degli iscritti: «C'è talmente tanta crisi in giro, che per molta gente, non ci si può permettere di comprare la benzina per venire fin qui».
I punti del discorso del neo-segretario Ferrara: no al leaderismo; «un Pd che si riprenda in mano la leadership politica di Barletta»; organismi funzionanti ed inclusivi; «"partito-sportello", aperto ai contributi di tutti»; presenza quotidiana nel partito; creare commissioni di lavoro, simili a quelle consiliari; «in consiglio, il gruppo Pd deve essere un blocco unico»; legame tra assessore e partito; «Il Pd deve avere una raccolta della documentazione amministrativa»; pagamento delle quote al partito; assemblee frequenti; regolamento di circolo. «Ho detto al sindaco: tu da lunedì non sarai più solo - ha aggiunto Ferrara, precisando ciò come un «portare il peso insieme», ma anche come «controllo» nei confronti dell'amministrazione Cascella - Ho in mente una grande convention del partito, da organizzare».
Un riferimento ai «quattro gatti» presenti, anche nell'intervento di Mennea, che si attendeva, forse, incendiario, ma che è stato poi solo una piccola fiammella: «Tutto quello che è successo qui è nell'archivio delle buone intenzioni - esordisce - Abbiamo perso l'occasione di dibattere su quello che è successo - e ancora - Vedo un sindaco distante dal Pd, direi quasi distante dalla politica, e forse questo è anche colpa del Pd - e sul partito - Dopo aver deposto le asce di guerra, è arrivato il momento di dare il meglio. E' un grande partito, ma c'è ancora una grande ipocrisia. Nessuna potrà utilizzare il segretario per aprire trattative collaterali e parlare di rimpasto. Da questo momento è come se mi sentissi a casa mia nel Pd: c'è quel clima di quiete e di serenità». La pace "in contumacia" di Mennea con Caracciolo: «Mi dispiace che non ci sia Filippo. Sarebbe stata l'occasione per suggellare l'impegno a lavorare insieme per il partito e per la città, e togliere l'alibi per attaccare il partito». E infine: «Abbiamo buttato al vento la possibilità di autodeterminarci - riferimento non troppo velato alla venuta di Cascella? - Ciò non sarebbe avvenuto, se ci fosse stato più dialogo. Prevalgono in questo momento ancora i numeri, ma spero sia l'ultima coda del vecchio sistema».
Da domani, la prova dei fatti. Dove porterà questa unità, raggiunta, come molti hanno ricordato, nel segno della contabilità? Il recente passato non è di buon auspicio, la permanenza dei protagonisti di questo recente passato ancor di più. Sul passato, sui suoi protagonisti, sugli errori: nessuna discussione congressuale. Patruno esce di scena, e lascia alle sue spalle: pesanti responsabilità, come la composizione delle liste, con sospensione ignorata e ricandidatura permessa agli otto consiglieri dimissionari, che fecero cadere Maffei; questioni irrisolte (o dati di fatto) e scelte chissà quanto metabolizzate, come le guerre interne continue, il commissariamento, le mancate primarie, le decisioni del partito, la gestione del gruppo consiliare, l'arrivo di Cascella, la composizione della giunta, e il rapporto del partito con entrambi. Ieri pomeriggio, al di là della formale unità, i venti del "tutto cambi affinché nulla cambi" aleggiavano sulle teste dei pochi presenti e dei molti assenti. Si guarda avanti, ma è sempre meglio prepararsi al peggio.
Il congresso di ieri è stato così tutto fuorché un momento di grande partecipazione (eccetto per le tessere). Un congresso, tenutosi tra l'altro in una giornata, quella del 26 ottobre, data di anniversario della caduta del Maffei bis. «La riunione del circolo della caccia avrebbe forse avuto più presenze». Così ha commentato ieri sera la scena desolante, il segretario provinciale dei Giovani Democratici, Bruno Lattanzio, uno dei due astenuti al momento della votazione per il circolo cittadino, che ha definito il congresso locale e provinciale svolto, con l'espressione «tanto rumore per nulla», augurandosi che il neo-segretario Ferrara non faccia la stessa fine dell'ex Chiarello. «Chi si è sottratto dalle scelte di contabilità? Nessuno». Così è intervenuta la consigliere Giuliana Damato, in riferimento agli equilibri provinciali raggiunti, per arrivare alla candidatura unica di Cafagna.
Grandi assenti, al momento degli interventi del pomeriggio: il sindaco Cascella e il consigliere regionale Caracciolo. Presenti tra gli altri, il commissario uscente Patruno, il consigliere regionale Mennea, i consiglieri comunali Bruno, Cascella, Damato, Ventura, la presidente del consiglio comunale Peschechera, i segretari cittadino e provinciale dei Giovani Democratici, Francesco Francavilla e Bruno Lattanzio, l'ex segretario Chiarello, l'ex vicesegretaria Spadafora, l'ex consigliere Paolillo, Assuntela Messina, Luigi Terrone, Ruggiero Crudele, Pasquale Guerrieri, Michelangelo Lattanzio, Carmen Palmiotta, il responsabile del settore di supporto al sindaco Cascella, Raffaele Montenegro. Ventura, che nell'occasione ha anche annunciato il suo appoggio a Renzi, giustifica così le larghissime assenze degli iscritti: «C'è talmente tanta crisi in giro, che per molta gente, non ci si può permettere di comprare la benzina per venire fin qui».
I punti del discorso del neo-segretario Ferrara: no al leaderismo; «un Pd che si riprenda in mano la leadership politica di Barletta»; organismi funzionanti ed inclusivi; «"partito-sportello", aperto ai contributi di tutti»; presenza quotidiana nel partito; creare commissioni di lavoro, simili a quelle consiliari; «in consiglio, il gruppo Pd deve essere un blocco unico»; legame tra assessore e partito; «Il Pd deve avere una raccolta della documentazione amministrativa»; pagamento delle quote al partito; assemblee frequenti; regolamento di circolo. «Ho detto al sindaco: tu da lunedì non sarai più solo - ha aggiunto Ferrara, precisando ciò come un «portare il peso insieme», ma anche come «controllo» nei confronti dell'amministrazione Cascella - Ho in mente una grande convention del partito, da organizzare».
Un riferimento ai «quattro gatti» presenti, anche nell'intervento di Mennea, che si attendeva, forse, incendiario, ma che è stato poi solo una piccola fiammella: «Tutto quello che è successo qui è nell'archivio delle buone intenzioni - esordisce - Abbiamo perso l'occasione di dibattere su quello che è successo - e ancora - Vedo un sindaco distante dal Pd, direi quasi distante dalla politica, e forse questo è anche colpa del Pd - e sul partito - Dopo aver deposto le asce di guerra, è arrivato il momento di dare il meglio. E' un grande partito, ma c'è ancora una grande ipocrisia. Nessuna potrà utilizzare il segretario per aprire trattative collaterali e parlare di rimpasto. Da questo momento è come se mi sentissi a casa mia nel Pd: c'è quel clima di quiete e di serenità». La pace "in contumacia" di Mennea con Caracciolo: «Mi dispiace che non ci sia Filippo. Sarebbe stata l'occasione per suggellare l'impegno a lavorare insieme per il partito e per la città, e togliere l'alibi per attaccare il partito». E infine: «Abbiamo buttato al vento la possibilità di autodeterminarci - riferimento non troppo velato alla venuta di Cascella? - Ciò non sarebbe avvenuto, se ci fosse stato più dialogo. Prevalgono in questo momento ancora i numeri, ma spero sia l'ultima coda del vecchio sistema».
Da domani, la prova dei fatti. Dove porterà questa unità, raggiunta, come molti hanno ricordato, nel segno della contabilità? Il recente passato non è di buon auspicio, la permanenza dei protagonisti di questo recente passato ancor di più. Sul passato, sui suoi protagonisti, sugli errori: nessuna discussione congressuale. Patruno esce di scena, e lascia alle sue spalle: pesanti responsabilità, come la composizione delle liste, con sospensione ignorata e ricandidatura permessa agli otto consiglieri dimissionari, che fecero cadere Maffei; questioni irrisolte (o dati di fatto) e scelte chissà quanto metabolizzate, come le guerre interne continue, il commissariamento, le mancate primarie, le decisioni del partito, la gestione del gruppo consiliare, l'arrivo di Cascella, la composizione della giunta, e il rapporto del partito con entrambi. Ieri pomeriggio, al di là della formale unità, i venti del "tutto cambi affinché nulla cambi" aleggiavano sulle teste dei pochi presenti e dei molti assenti. Si guarda avanti, ma è sempre meglio prepararsi al peggio.