Cartoline dal 2012: l'anno della Bat

La sesta provincia (per ora) ha salvato la pelle. Il riassunto di un anno turbolento

domenica 6 gennaio 2013
A cura di Edoardo Centonze
Un anno di venti e controventi, quello della provincia Bat. Dopo aver cercato, fino al 2011, a lungo di far distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dalle accuse di sprechi (sollevate a livello nazionale da un'inchiesta de "L'espresso") e da quelle di familismo, piombate addosso con le discusse vicende dei concorsi, da Barlettalife ampiamente trattate, il 2012 è stato più propriamente l'anno in cui salvare la pelle.

Il (tentato) riordino - Novembre 2011: nasce il governo Monti. Primo provvedimento: il decreto "Salva Italia". Tornava in auge lo slogan "eliminiamo le province". Ma, al suo interno, tra i tanti, prevista soltanto la riduzione delle province ad enti di secondo livello. Questo implicava un destino segnato: eliminazione dell'elezione diretta di presidente e consiglio, eliminazione delle giunte, trasferimento delle funzioni a province e comuni, mantenimento di sole funzioni di indirizzo e coordinamento. Luglio 2012: i criteri di riordino per la riduzione del numero delle province, prima riguardanti superficie, popolazione e numero di comuni, e fissati infine a 350.000 abitanti e 2.500 km². La Bat rientrava tra le province da eliminare, avendo un'estensione territoriale inferiore di quasi 1000 km². Il destino sembrava segnato.

Il portavoce e il piano di comunicazione - Agosto 2012: nel corso della caldissima estate, la Bat è in fin di vita, ma la giunta provinciale approva una modifica alla Programmazione Triennale del Fabbisogno di Personale 2012-2014 e del relativo Piano Annuale delle Assunzioni 2012, e alla dotazione organica 2012-2014, "prevedendo, nello specifico, l'assunzione di n. 1 Portavoce, con compiti di diretta collaborazione con il presidente della Presidente della Provincia, per quanto attiene i rapporti di carattere politico-istituzionale con gli organi di informazione, nominato dal Presidente ed al quale viene riconosciuto il trattamento retributivo previsto per la categoria D3, maggiorato del 50%". Le domande che ci siamo posti, nell'articolo del 1 settembre, sono e rimangono le seguenti. La provincia preferisce spendere soldi pubblici per la nomina di un portavoce per Ventola e mantenere incarichi dirigenziali ad interim, piuttosto che per avere dirigenti che si occupino a tempo pieno del loro settore? Trascorsi 3 anni di amministrazione, come mai solo adesso Ventola avverte l'esigenza di dotarsi di un portavoce? Perché intende farlo ora che il futuro della Bat è più che mai incerto? Altro capitolo agostano, è il piano di comunicazione, affidato (ad agosto in aggiudicazione provvisoria, nel mese scorso in definitiva per il 2012) la campagna di comunicazione della Bat, all'agenzia barlettana Wake Up s.r.l., la stessa che, nel 2009, ha curato la campagna elettorale di Ventola: 80.000 € per il 2012, e 193.600 € complessivi, se rinnovata al 2013. Troppe coincidenze, stesse domande.

La (non) voglia di salvarsi - L'estate, per la Bat e per i comuni scontenti dell'area metropolitana barese, è trascorsa, tra colloqui istituzionali ed incontri con la cittadinanza. Risultati concreti: nessuno. Strategie e contenuti: zero. Solo un fantasma: il mito della provincia federiciana. Tutti d'accordo, ma nessun accordo. A macchia di leopardo sono state approvate delibere nei consigli comunali di alcune città, in altre sono spuntati come funghi i referendum. Unico comun denominatore: nessun comun denominatore. L'unanimità e la determinazione nel far valere con serietà le proprie ragioni, sono rimaste utopia. Settembre 2012: Ventola e la sua giunta, con l'iniziativa di "Agorà", definita dal segretario provinciale Pd Patruno «un tour elettorale», incontrano i cittadini (quei pochi che c'erano) nei dieci comuni della Bat per esporre la propria arringa difensiva nei confronti della Bat. Ottobre 2012: arriva anche la decisione del consiglio regionale, che rimanda al governo la decisione, alla luce delle richieste formulate dai comuni nei loro atti. Il risultato, stando così le cose, non poteva che essere fallimentare.

Il caso Lum - Inseguendo il mito dell'università sotto casa. «Il nostro obiettivo è l'autodeterminazione formativa e culturale di questo territorio». Così Ventola declamava la sua tesi, nella prima tappa del tour "Agorà" a Canosa, a sostegno del bando, promosso nel 2011 dalla provincia Bat e dal Patto territoriale nord-barese-ofantino (uno di quegli enti che rimane ancora saldo al suo posto, e che resiste a tutte le intemperie, spending review compresa), per l'apertura di una sede universitaria sul territorio. Unica ad aver soddisfatto le richieste: l'università privata Lum. L'offerta della Lum: una sede di tutoraggio in un immobile di proprietà della famiglia Degennaro (gli stessi proprietari dell'università) nel territorio di Trani. L'offerta della provincia: borse di studio da 2.500 € per 200 studenti (a fronte di una retta universitaria di 3.750 € all'anno), per un totale di 500.000 €; in più, 200.000 € dal Patto territoriale. Il tutto all'interno di una convenzione, che prevedeva di destinare i fondi residui a sostegno delle spese di avvio e gestione della sede universitaria. Per il primo anno (2011-2012), nulla è partito. Adesso, per l'anno 2012-2013, venti sono le richieste valide pervenute, mentre gli iscritti globali sono stati 180 nella sede di tutoraggio di Trani. A tal proposito, il consiglio provinciale ha chiesto a dicembre, che i fondi residui vengano destinati a finanziare le borse di studio Adisu per gli studenti del territorio, idonei ma non vincitori. Tocca ora alla giunta provinciale la scelta: accogliere o meno l'indirizzo politico del consiglio, in sede di definizione del piano degli obiettivi 2013.

Il naufragio (rinviato?) - Dicembre 2012: crisi politica, dimissioni annunciate del governo Monti. Alla fine, si salva la Legge di Stabilità e poco più. Colpo di scena (o forse no), trascorso anche il rinvio di novembre della decisione della Corte Costituzionale, la riforma delle province si ferma senza essere mai davvero partita. Il Senato, infatti, decide di bloccare i provvedimenti meno urgenti, tra questi anche quello sulle province, dopo che, nei giorni scorsi, era stata anche presentata e poi ritirata una pregiudiziale di costituzionalità. La Bat, e tante altre province, sono salve. Tanti ostacoli, voluti e non, hanno così bloccato per ora questo importante iter. Per ora. Il governo infatti è riuscito ad inserire nella Legge di Stabilità un emendamento che congela per un anno gli effetti del decreto "Salva Italia". Si chiude, così come era iniziato, il riassunto del 2012, sul fronte della Bat e delle province. E si conclude con una domanda. Naufragio scampato o rimandato?