«Caro cittadino extracomunitario, il tuo scippo mi ha illuminato»

Barletta, città degenerata o rigenerata dall'accoglienza?

domenica 1 marzo 2015
Mentre i sindaci si disperdono nei meandri delle lontane periferie mondane e, a corto di bilanci, non fanno altro che togliere quattrini anche a coloro non ce li hanno; mentre studiosi di cose storiche sono alle prese nel ricostruire possibili identità culturali; mentre i sacerdoti e i pochi cristiani in questi giorni avviano le liturgie della santa Quaresima penitenziale e di conversione a Dio vivo, tu caro extracomunitario in Barletta mi hai illuminato con la tua sorda presenza. Anche se non ricordo il tuo volto, nella speranza che tu non sia un falso profugo, ti incoronerei come re del gentil scippo di identità. Ecco l'accaduto sul suo nostro increscioso incontro.

Martedì 17 febbraio 2015, ore 22.00 circa. Rincaso come al solito, percorrendo l'itinerario solito: da via Ospedale dei Pellegrini, guadagno via Lepanto, mi incammino per via Pistergola. Mi ritrovo quindi in un quartiere che è una selva densa di extracomunitari. Sono giunto, sempre a piedi, su questa strada costantemente semibuia, all'altezza di via Del Lupo. Faccio per proseguire, quando un uomo di circa trent'anni mi incrocia, quasi mi strattona. Pare rivelarsi, camuffandosi da benefattore, ma è di ghiaccio. In un lampo, in un solo istante: abbozza un pessimo italiano, per dirmi che avrei qualcosa dietro la mia gamba destra. Gesticola brandendo un fazzolettino di carta, intenzionato a pulirla. Annuisco. Sortilegio: si trattava di uno sputo sulla gamba. Insiste per pulirlo. Lascio fare. Insiste ancora. Allora mi divincolo da quella diabolica presa. Con sicurezza, ringrazio il falso benefattore. Risoluto, mi allontano per qualche passo.

Un pensiero mi balena per la mente: sarei stato alleggerito di qualcosa. Mi volgo indietro. Tutte le mie chiavi di casa sono sul lastricato. Il lesto furbastro è già li per prenderle, ma fa un gesto per riconsegnarle al sottoscritto. Annuisco ancora. Mi riviene incontro. Lo ringrazio ancora una volta. Non è finita. Non vuole accomiatarsi da me. Armeggia i soliti fazzolettini di carta, per mugolare che avrei ancora qualcosa sull'altra gamba. Facile capire. L'improbabile sputo era di sua proprietà. Motivo maldestro, questo, per alleggerirmi di un qualcosa. Come con solenni cadenze, il rito di un grande esperto di furti alla persona si ripeteva. Le sue sortite, da apparente gentiluomo, simulano ora di toccare la mia gamba sinistra. Lo strattono dunque. Perché il troppo è troppo. Ma ecco il secondo prodigio dell'extracomunitario. Mi divincolo per allontanarmi, quando, come d'incanto, anche tutti i miei documenti sono sul selciato. Li raccatto sbrigativamente. Invece di ingaggiare alterco al cattivo furfante, provo, suo malgrado, a ringraziarlo. Quasi a benedirlo, per sgombrare ancestrali o balorde paure della sua stessa esistenza terrena. E anche della mia. Insomma, al falso benefattore, gli è andata meglio di quanto lui si aspettasse. Mi allontano verso casa, che è due passi.

Però, mugugno e rimugino interrogativi - per me e per il bene della città -, che si susseguo e si accavallano tra di loro. Interrogativi che rivolgo anche al sindaco e alle autorità preposte. Chi sarebbe l'intelligente malfattore, un lupo solitario, oppure un soggetto che lavora in squadra? A quale squadra apparterrebbe? Si sarebbe trattato di un attacco, non casuale o mirato alla mia persona? Si tratta di un gesto simbolico, mirato a scoraggiare e far sgomberare da quel quartiere i cittadini? Siamo forse in presenza di nuovi padroni che controllano quel territorio di Barletta? Oppure c'è qualcosa di più serio e per tutti?

Che dirti, a questo punto, caro fratello e gentile scippatore di identità? Anche se non conosco il tuo volto e nemmeno il tuo nome? Spero solo che tu sia un vero profugo. Sento bisogno di perdonarti affinché anche tu impari a perdonare e a perdonarti; perché anche tu sei stato scippato della tua identità di essere chiamato uomo; ti accogliamo nella nostra città perché anche tu diventi accogliente. Come avrebbe detto Don Tonino Bello, di chiamerò fratello Ismael, figlio nella fede di Abramo. Perciò, ricordati che sei fratello di Isacco e dunque dell'Unico Padre. Forse tu ci rinfaccerai che noi cristiani occidentali abbiamo smarrito il senso Dio e dell'amore verso il prossimo e che i nostri chierici si sarebbero mondanizzati. Intanto sei stato accolto nella nostra città. Come lo è stato anche un nostro fratello ritornato da Roma. Da non credente, egli, è diventato sindaco della città. Accolto dai cittadini, dal popolo di Dio e dalle autorità Ecclesiastiche, anche quando entra nella Chiese e templi cristiani, come un lupo tra indifesi agnellini. Cioè senza fare né dovuto riverenze al luogo sacro all'onore Padrone di Casa che è Iddio di tutti. Coraggio dunque, nella pace e nel perdono fraterno. Sappi però che in questa zona della mia città, non mi lusinga il fatto di non essere l'unico oggetto delle tue malevoli attenzioni. Grazie, perché mi hai aiutato a capire che l'identità civile e culturale della nostra città è extracomunitaria. Non una città degenere o di genere, ma fondata da irriducibili radici cristiane.

[Nicola Palmitessa]