Barletta, in via Renato Coletta « il fotogenico signore è pregato di far ..…. Il suo cane altrove»

Sentita protesta inusuale di un commerciante esasperato. Atti di grande maleducazione e inciviltà

venerdì 4 febbraio 2011 12.43
A cura di Mario Sculco
Piero Manzoni nominò la sua opera più rappresentativa in varie lingue: Artist's Shit (inglese), Merde d'Artiste (francese), Künstlerscheiße (tedesco). Sollevateci dall'ovvia traduzione in Italiano, ma non dal ricordo e dal valore che questa opera reca con sé, in termini di radicale rottura con la tradizione artistica del tempo e per l'evidente segnale di degenerazione e decadenza dell'arte moderna.

Purtroppo qui non stiamo parlando né di arte, né di tecnica. Solo di grande maleducazione e inciviltà. La non prova d'artista accade nella centralissima Via Renato Coletta: come sipario il marciapiede di fronte al negozio "CristinaEffe", come primi attori un ineffabile signore, distinto nel camminare, e il suo cane. Genuini nell'atto mattutino di passeggiata, barlettani di una barlettanità non vera. Il suddetto cane, obbedendo non già al suo padrone ma ad una atavica predisposizione naturale, marca il territorio con defecazioni poco contestabili ma molto inadatte al luogo –gli scappava per dirla tutta-. Poco male! Il padrone, distinto quanto anonimo signore, ha permesso per nulla turbato la finalizzazione dell'atto per poi riprendere la marcia nella massima normalità di una Barletta avvezza a cose del genere.

Chiediamoci una cosa, se il cane avesse saputo di essere ripreso da precise telecamere ambientali avrebbe forse receduto dal proposito? Probabilmente no. Ma le telecamere il loro dovere l'hanno fatto tutto, proprio come il domestico animale: al proprietario di "CristinaEffe" non è andata proprio giù. Giustissima allora la reazione, forte con parole forti, ma di una esasperazione non trascurabile in quanto narra di un evento ripetuto e reiterato. Questo in particolare, ripreso alle 08.00 del 3 febbraio non ha bisogno di didascalie. Non ci sentiamo di condannarlo, mai nella sostanza ma sicuramente nemmeno nella forma. «Lo fanno tutti», e se l'avessero fatto di fronte alla nostra redazione? A casa? All'ingresso del nostro luogo di lavoro? Ben venga la provocazione raccontata di cuore dai cartellini affissi in via Renato Coletta (sia all'ingresso dell'esercizio, che sul finestrino dell'auto del proprietario lì parcheggiata), ben venga perché deve essere di tutti. Per una città che non deve subire la maleducazione ma combatterla. Bene ha fatto l'amministrazione comunale a dotare la città della disfida di un mezzo atto alla raccolta e messa in igiene delle deiezioni canine, costato -ci dicono- oltre settemila euro. Ne abbiamo già parlato. Quando intenderemo tutti passare a pulire le coscienze?

La legge esiste, difficile trovare che nelle strade cittadine venga applicata. Secondo l' ordinanza del 3 marzo 2009 (inserita il 27/03/2009, G.U. n.68 del 23/03/2009), art.2 comma 4, «è fatto obbligo a chiunque conduca il cane in ambito urbano raccoglierne le feci e avere con sè strumenti idonei alla raccolta delle stesse». In epoca di proclami politici e presunti tali, colpevolizziamo tutti i cani responsabili di atti così poco condivisibili. Ma ricordiamoci di non riferirci a quelli incolpevoli che il guinzaglio lo subiscono, bensì coloro che lo portano.


Deiezioni canine in via Renato Coletta © Mario Sculco
Deiezioni canine in via Renato Coletta © Mario Sculco
Deiezioni canine in via Renato Coletta © Mario Sculco
Deiezioni canine in via Renato Coletta © Mario Sculco
Deiezioni canine in via Renato Coletta © Mario Sculco
Deiezioni canine in via Renato Coletta © Mario Sculco
Piero Manzoni

Il padre Egisto è originario di Lugo di Romagna e la madre Valeria Meroni è originaria di Soncino. Di nobile famiglia, lontano discendente di Alessandro Manzoni, cresce a Milano, dove terminati gli studi classici presso i Gesuiti, nel liceo milanese Leone XIII (dove suoi compagni di classe furono Nanni Balestrini e Vanni Scheiwiller), si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Brera. La sua famiglia frequenta gli ambienti artistici milanesi e Lucio Fontana, fondatore dello spazialismo, reso celebre dai suoi buchi e tagli sulla tela. I suoi primi lavori sono paesaggi e ritratti di stampo tradizionale, dipinti servendosi di colori ad olio. Nel 1955 inizia a produrre dipinti con impronte di oggetti banali (chiodi, forbici, tenaglie ecc.), trattando la superficie della tela come campo di ricezione della realtà. L'anno successivo partecipa alla "IV Fiera mercato" del Castello sforzesco di Soncino e pubblica il primo manifesto Per la scoperta di una zona di immagini. Un testo breve, ma importante, nel quale l'artista anticipa alcuni punti essenziali del lavoro che svilupperà successivamente in altri documenti. Nel 1957 espone, insieme a Ettore Sordini e Angelo Verga, in una collettiva alla galleria Pater di Milano e pubblica il manifesto Per una pittura organica. È inoltre cofirmatario del Manifesto contro lo stile con il Gruppo Nucleare, con il quale espone alla mostra "Movimento Arte Nucleare" presso la galleria San Fedele di Milano. Inizia a lavorare sulle tele dal titolo Ipotesi, con materie come il gesso e la colla.

Nel 1958 mette a punto le "tavole di accertamento" e gli "Achromes" (in francese: incolore). Questi ultimi si presentano come tele o altre superfici ricoperte di gesso grezzo, caolino, su quadrati di tessuto, feltro, fibra di cotone, peluche o altri materiali. Espone alla Galleria Bergamo e tiene una personale alla Galleria Pater di Milano con Enrico Baj e Lucio Fontana noto per lo Spazialismo cui dà inizio con il noto 'taglio' nella tela che simboleggia il superamento della bidimensionalità della tela del pittore attraverso l'irruzione della lama che usa in una 'terza dimensione' possibile e simbolica; fu il fotografo e teorico Ugo Mulas ad immortalare quel gesto nello studio milanese di Fontana, come riuscì a cogliere altri nomi di portata internazionale nei propri 'atelier' negli USA. Nel 1959 abbandona definitivamente il gruppo dei Nucleari, mentre stringe nuovi legami con Agostino Bonalumi ed Enrico Castellani. Con quest'ultimo fonda poi la rivista Azimuth, dove compaiono scritti di Balestrini e Sanguineti e illustrazioni di Klein, Pomodoro, Rauschenberg, Jasper Johns, Piero Dorazio, Novelli e Angeli. Sempre nel 1959, entra in contatto con il Gruppo Zero di Düsseldorf e, oltre a portare avanti la ricerca sugli "Achrome", inizia a creare oggetti concettuali come le "Linee" e progetta di firmare corpi viventi come opere d'arte, rilasciando certificati di autenticità (saranno poi intitolate "Sculture viventi" e tra le 71 che firmerà fino al 1961 compariranno anche Umberto Eco, Marcel Broodthaers e Mario Schifano). Produce 45 "corpi d'aria": banalissimi palloncini riempiti d'aria che poi diverranno "fiato d'artista".

Espone alla galleria Il pozzetto di Albissola alcune "Linee", di varie lunghezze, alcune aperte, altre chiuse in scatole cilindriche nere con etichette arancioni e dicitura che riporta lunghezza, mese e anno di creazione, nonché certificati d'autenticità. Sul finire del 1959 apre, sempre con Castellani, il centro espositivo Azimut; che diventerà tra gli spazi di produzione artistica più significativi nell'ambito delle ricerche anti-informali. Qui, nel 1960 espone insieme a Klein, Mack e Castellani in una mostra intitolata La nuova concezione artistica ed esce il secondo numero della rivista Azimuth su cui pubblica il testo Libera dimensione, nel quale teorizza la concezione di spazio totale. Il suo stile diviene sempre più radicale. Oltrepassa la superficie della tela e propone nuove opere sempre più provocatorie: realizza Scultura nello spazio; una sfera pneumatica di 80 cm di diametro, in sospensione su un getto d'acqua. Torna a produrre "corpi d'aria" che divengono Fiato d'artista; palloncini da lui gonfiati, sigillati e fissati su una base di legno. Continua a produrre "Linee", e il 4 luglio 1960 in Danimarca, grazie al mecenatismo di Aage Damgaard, crea la sua linea più lunga (7200 metri), che sigilla in un cilindro di metallo cromato e seppellisce perché possa essere dissotterata per caso in futuro. Il 21 luglio 1960 presenta al centro espositivo Azimut una delle sue performance più famose: la Consumazione dell'arte dinamica del pubblico divorare l'arte. Sull'invito: 'Siete invitati il 21 luglio alle 19, a visitare e collaborare direttamente alla consumazione dei lavori di Piero Manzoni'.

L'artista firma con l'impronta del pollice alcune uova sode (bollite all'inizio della mostra) che vengono distribuite al pubblico e mangiate sul posto. Continua a lavorare agli "Achrome", che realizza servendosi dei materiali più disparati, e progetta la Base magica: un piedistallo firmato dall'artista che eleva al ruolo di opera d'arte ogni persona disposta a salirvici sopra. Espone con Castellani alla galleria La Tartaruga di Roma dove presenta altri "Achrome" e "sculture viventi" che firma in diretta. Ogni scultura è corredata da un documento di autenticità e da un francobollo colorato indicante la sua durata (simile al concetto di scadenza merceologica). Il 24 aprile, in occasione di una serata con Angeli, firma la sua scarpa destra e la dichiara opera d'arte, facendo lo stesso con una scarpa di Schifano. In maggio inscatola e mette in vendita 90 "Merde d'artista" da 30 gr. al prezzo di altrettanti grammi d'oro ciascuna. Realizza la seconda "Base magica" e la "Base del mondo"; un parallelepipedo in ferro (90 x 100 cm) installato nel parco della fabbrica Herning capovolto al suolo per eleggere il mondo ad opera d'arte. Continua a lavorare sugli "Achrome" e nel 1962 espone con il gruppo Zero allo Stedelijk Museum di Amsterdam. Muore per infarto nel suo studio di Milano il 6 febbraio 1963.