Antonucci (Cgil Bat): «Caso Asl diventato evento mediatico, pena sproporzionata a reato»

«Giusto intervenire, ma non giudicare solo in base alle immagini»

venerdì 22 novembre 2013
A cura di Luca Guerra
Ha provocato un particolare fermento il caso degli "assenteisti" della Asl, nato a seguito di un servizio mandato in onda da "Striscia la Notizia" lo scorso gennaio, dal titolo "Assenteismo, un fenomeno grave!". Al caso esploso sono giunti ulteriori aggiornamenti: nella giornata del 13 novembre il provvedimento risolutivo del rapporto di lavoro, adottato nei confronti della signora D.R., difesa dall'avvocato Pietro Corviello, è stato annullato dal Giudice del Lavoro di Trani, con il conseguente ordine di reintegra nel posto di lavoro, e con la condanna dell'Azienda al pagamento di un'indennità risarcitoria pari all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione nonché al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, oltre gli accessori di legge. Sulla delicata vicenda che l'Asl preferisce non commentare per il momento, abbiamo sentito un'altra delle parti coinvolte, la Cgil Bat, nella figura del segretario Luigi Antonucci.

Siamo a una settimana dalla tanto discussa sentenza del Giudice del Lavoro di Trani, e si attendono gli esiti di altri ricorsi. Come la Cgil Bat sta vivendo questo momento?
«Noi stiamo attendendo gli eventi. Abbiamo visto sentenze che in qualche maniera danno ragione a quanto da noi detto all'inizio, appena venuti a conoscenza dei fatti. Abbiamo sempre cercato di far capire all'amministrazione dell'Asl che non era giusto il modo di fare, non l'intervento. Noi non contestiamo il motivo dell'intervento della direzione dell'Asl, perché i lavoratori erano venuti meno al compito per cui sono retribuiti, ma le modalità attraverso le quali si era arrivati al licenziamento, null'altro».

20 giorni fa la Cgil Bat aveva scritto a Gorgoni, parlando di "spettacolarizzazione dell'azione amministrativa". In cosa sarebbe consistita?
«In tutta la trattazione del fatto, a partire dalla presenza del direttore generale dell'Asl a pochi giorni dal fatto in una trasmissione su Rai 1, dove diceva ancor prima di addentrarsi nelle questioni e parlare con la Commissione di Garanzia di aver deciso per i licenziamenti. Aveva di fatto già emesso una sentenza. Allora mi chiedo: è stato usato l'evento mediatico forse per farsi pubblicità? Non ci si fa pubblicità sulla pelle degli altri».

Al tempo stesso c'è da riflettere seriamente e con coscienza sui cattivi comportamenti all'interno del pubblico.
«Sono presenti, come nel privato, ma nel pubblico sono lampanti. Io sono un non credente convinto, ma uso una frase del Vangelo: "Chi è senza peccato scagli la prima pietra". Anche nel privato ci sono peccatori: è vero, lì non si può timbrare e andare via, ma magari si usano le malattie in maniera strategica. Tutto l'accanimento che c'è stato nei confronti del pubblico impiego, è indotto da persone che prima hanno condotto il lavoro pubblico al lassismo più totale, magari pagando poco chi lavorava poco e senza controllo. Non si possono condannare a priori tutti quanti: vi assicuro che nel pubblico c'è gente che lavora bene e viene pagata una miseria. Inoltre ai lavoratori pubblici è bloccato il contratto da cinque anni, questo va sempre ricordato».

Quando questo provvedimento è diventato un evento mediatico, tanto nell'approccio di ogni parte quanto nella sentenza? E chi ne è stato maggiormente viziato?
«Sembra ormai che programmi di denuncia come Striscia la Notizia, le Iene, nati come unione informazione e spettacolo, siano diventati i tre gradi di giudizio della giustizia italiana, quasi che possano emettere condanne. In realtà sono programmi che parlano quasi sempre alla pancia della gente e ritagliano gli eventi per fare spettacolo, magari facendo vedere solo alcune parti di un evento. Attaccare il pubblico impiego ormai è come sparare sulla Croce Rossa: forse spesso si dimentica che a causa del blocco delle assunzioni avute nel pubblico impiego, si è impedito di dare un buon servizio. E di questo, della qualità del servizio, Gorgoni nella fattispecie se ne è fregato. Noi abbiamo sempre parlato di sproporzione tra reato e pena: lavorativamente, era stato inflitto un ergastolo, che in Italia nel penale non si dà nemmeno a pluri-omicidi e mafiosi di alto rango. I coinvolti avevano sbagliato, lo dico ad alta voce, ma non potevano essere immediatamente licenziati».

Il magistrato ha evidenziato che "l'entità della sanzione è adeguata non tanto ai fatti, quanto al clamore mediatico prodotto dall'inchiesta di Mediaset". Come si media la posizione tra chi ha visto le immagini e risulta deluso da quanto vede e chi invece cerca di giustificare queste persone che hanno sbagliato?
«Il giudice ha detto che c'era sproporzione tra reato e pena: con 4-5 mesi di discussione non sarebbe intervenuto nessuno a opporsi, questo sia chiaro. La mediazione è un rischio che si corre ogniqualvolta si interviene in una questione: in un mondo come quello di oggi, su cui si abbatte un ciclone di notizie, a volte date ad arte per spostare l'attenzione, una serie di commenti come quelli che leggo non mi spaventano, fanno parte del lavoro che faccio».

Senza l'intervento della tv, la sanzione sarebbe mutata? E anche il vostro desiderio di opporvi?
«Senza una punizione eccessiva non saremmo intervenuti. Hanno sbagliato ed è giusto che ci sia una punizione, come successo per qualcun altro. Vi assicuro che in un momento come questo sospendere delle mensilità di stipendio non è uno scherzo. Adesso, invece, non solo sono stati reintegrati, ma devono essere anche pagati dal primo giorno dall'allontanamento. Quindi c'è stato anche un danno alle casse della Asl, finanziate da denaro pubblico».
(Twitter: @GuerraLuca88)