Altro che provincia, nel Salento referendum per dividere la Puglia in due

Foggia, BT e Bari "dominano" le altre province. Si crei la "terra d'Otranto"

mercoledì 14 luglio 2010
Proprio nel giorno in cui il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, durante il discorso tenuto nel municipio di Udine, è tornato a parlare della Costituzione e della, "inscindibilità" della nazione, affermando che "Vogliamo un'Italia unita perché senza la coesione nazionale l'unità si perderebbe", il Corriere del Mezzogiorno titola "Prove tecniche di secessione, riecco la Terra d'Otranto". Nico Russo, avvocato e giudice di pace, coordinatore e responsabile del comitato promotore referendario per il referendum sulla chiusura totale o parziale dell'Ilva, la pensa diversamente ed è oggi ideatore e fautore di un nuovo referendum per creare la "Terra d'Otranto ionico-salentina". Uno sdoppiamento che dovrebbe nascere dalla divisione della vecchia Apulia: da una parte Bari, Foggia e Bat (Barletta, Trani, Andria), dall'altra Taranto, Brindisi e Lecce.

Alla presentazione del nuovo progetto Nico Russo era insieme a Cesare Vernaleone, artefice di un analogo comitato referendario nell'area salentina, e Marcello Bellacicco, dell'associazione Filonide. Le motivazioni storico-sociali illustrate dai tre sono alla base del progetto e ne spiegano le finalità. Taranto Futura respinge l'attuale condizione degli ionico-salentini di sudditanza ad "un consiglio regionale e di signorotti locali che ci trattano come una loro proprietà, come servi della gleba, come gli schiavi che venivano uccisi e sepolti nella tomba del faraone". Uno scenario nel quale "le province di Bari, Bat e Foggia fanno la parte del leone nella spartizione dei fondi statali ed europei, soprattutto a discapito di quei territori finora marginali, considerati unicamente quale sorta di colonia ambientale sui quali scaricare il peso delle contraddizioni e delle incapacità politiche e amministrative". Secondo l'opinione dei referendari della nuova ventunesima regione, Taranto, Brindisi e Lecce sono "province con risorse uniche, non solo in Italia ma anche in Europa; che da sole, se oculatamente gestite, potrebbero richiamare migliaia di turisti, avere un'agricoltura ad alto reddito e un'adeguata industria alimentare e tessile, oltre a parlare dei nostri porti di Taranto e Brindisi e degli aeroporti, di Brindisi e di quello nascente di Taranto data la sua esistenza di fatto".

Al di là dei complicati aspetti dell'iter amministrativo necessari per giungere al traguardo, "per portare avanti quest'obiettivo è necessario l'impegno di tutti, in modo bipartisan, dei cittadini e della classe politica delle province interessate. Classe politica che abbia a cuore i propri concittadini e possa perorare la causa nelle istituzioni preposte" ha concluso Nico Russo. Nessuno dubita che, in terra di Puglia, il turismo sostenibile, l'agricoltura e i servizi siano grandi potenzialità inespresse o malamente gestite finora. Se ne sono accorti imprenditori come Tronchetti Provera, che si è ristrutturato una vecchia masseria e ne ha fatto un gioiello immortalato sulle pagine di patinate riviste internazionali; se ne sono accorti i turisti nordeuropei che affollano Martina Franca e la Valle d'Itria così come Otranto e Santa Maria di Leuca. Sono molti, incece, i pugliesi che sembrano essere disinteressati, abulici, apatici.

Eppure, nel pur nobile tentativo di risollevare le sorti di un territorio, anziché sollecitare con forza le istituzioni regionali e creare una vera classe dirigente locale, si vanno a cercare strade a dir poco sconnesse, che rischiano di degenerare come già è accaduto altrove e con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Nello scorso febbraio, Ernesto Galli Della Loggia, in un articolo per il Corriere della Sera, aveva scritto "Va costituendosi negli ultimi anni, infatti, un vero e proprio fronte anti risorgimentale e insieme anti unitario che nasce dalla saldatura di tre segmenti: un segmento settentrionale d'ispirazione leghista, un secondo segmento, rappresentato da nazionalisti meridionali innestati su un variegatissimo arco ideologico che va dai tradizionalisti neoborbonici agli ultrà paleomarxisti, e infine un segmento di cattolici che potremmo definire guelfo- temporalisti". In una terra splendida e difficile come la Puglia, un referendum secessionista come può essere interpretato se non come un ritorno al passato e come un ulteriore appesantimento delle strutture burocratiche e amministrative? Come spiegare che non bastano una regione nuova, altri politici, altri burocrati, altri palazzi del potere per risolvere i problemi che affliggono Taranto, Brindisi e Lecce? Il malessere che affligge la Puglia non è diverso, sotto questo profilo, da quello di altre regioni italiane e ha radici profonde nel più volgare menefreghismo morale. Solo attraverso una radicale, capillare, insistente campagna di quella che una volta sarebbe stata chiamata "educazione civica" si può sperare in un maggiore coinvolgimento sociale nelle vicende che riguardano la "cosa pubblica". Diversamente, ogni cittadino, in Puglia come in Trentino, in Sicilia come in Lombardia, continuerà semplicemente a coltivare il proprio orticello senza curarsi di ciò che accade fuori di esso, a meno che non disturbi i suoi propri interessi.
Fonte
"Gli Italiani", da un articolo di Marco Stefano Vitiello