Achille Occhetto racconta a Barletta la sua “gioiosa macchina da guerra”

Dalla Svolta della Bolognina al PD

venerdì 7 marzo 2014
A cura di Paolo Doronzo
Si parte con l'ossimoro per eccellenza: "Comunismo e libertà"; comprendere che non era utopia ma la chiave di volta per leggere le ragioni della svolta della Bolognina. Proprio sciogliendo quel ghiaccio bollente, riflettendo sulla scelta come necessità, perché il PCI fosse in grado di rispondere al presente e al futuro, si arriva leggendo l'interessantissimo libro di Achille Occhetto, ieri sera a Barletta per presentarlo in una libreria del centro.

Ultimo segretario del Partito Comunista Italiano e primo del PDS, Leone di secondo nome, che mostra ancora tutta la sua grinta, nel testo come dal vivo, definendosi "Berlingueriano puro", che non stenta ad additare Massimo D'Alema come principale artefice di un "tradimento" ai suoi danni.
Risponde, riaccendendo i microfoni, riguardo ad una damnatio memoriae, perpetrata per anni e tuttora. Lo fa scardinando luoghi comuni, primo fra tutti che il nuovo nome del PCI non fu una decisione solitaria e improvvisa, ma ci vollero almeno due anni.

"L'utopia capovolta" del comunismo internazionale, ormai esperienza conclusa dal '89, è stata ieri citata dalla sapiente analisi introduttiva del prof. Ugo Villani, docente di Scienze Politiche all'Università di Bari, soffermandosi anche sull'analisi di altri passaggi del testo. La nota avversione di Occhetto per i comunisti cinesi, è stata l'occasione per riferire la non comunanza di vedute con Giorgio Napolitano, ad esempio quando l'attuale Presidente della Repubblica nel 1956 si dichiarò, come la dirigenza del Partito di allora, con l'Unione Sovietica nella cosiddetta Rivolta di Ungheria.

La precisazione è scaturita anche dalla provocazione del Sindaco Pasquale Cascella, come noto vicino a D'Alema e Napolitano. Il Sindaco ha anche auspicato un "ritorno ai valori del PCI", insomma della vera sinistra italiana. Inoltre è stato ricordato il ruolo che il PSI doveva avere e non poté, anche, ma non solo, a causa di Tangentopoli.

Un volume, a tratti autobiografico (in senso originale del termine) che analizza anche il presente, rispondendo in maniera incerta riguardo al PD, reo di aver "preso il peggio di PCI e DC", ma a cui non sconfessa di rappresentare la casa comune di post comunisti, socialisti e cattolici, giusta evoluzione del passaggio che inizio con la Bolognina.

Il testo è anche ammissione di errori che portarono "la gioiosa macchina da guerra" alla sconfitta contro il berlusconismo nascente, a cui si alternò L'Ulivo di Prodi "sabotato dall'interno: da D'Alema, da Bertinotti e Cossiga". Parole anche per il Renzi di oggi che spesso ricorre ad un pressappochismo nei contenuti. Come viene riconosciuto l'errore di Napolitano, non facendoci votare nel 2011.

Si è chiesto infine come sia possibile ora riaprire un dialogo fra i cittadini e le Istituzioni, deluso anche da Grillo, perché sta sprecando un 'risveglio' culturale che stava unendo i cittadini. Insomma la storia che riflette sul presente e sul futuro.