Tifosi e Barletta, è l'ora del riscatto dopo quel pasticciaccio al "Mannucci"
Dal caso-Di Bella alla giornata dell'orgoglio biancorosso, per tornare in prima pagina
martedì 8 aprile 2014
14.54
Partiamo da un'asserzione, sempre valida: la morte non si augura a nessuno, nemmeno al peggior nemico. Figurarsi al proprio capitano, anche se conduce un vascello che sta andando a fondo da tanto, troppo tempo. Ribattiamo con un'altra considerazione: "devi morire" è un coro tanto brutto e aberrante quanto abusato sui campi di calcio italiani, ma al tempo stesso non si può assolutamente pensare che le volontà di chi canta corrispondano alle parole. Si tratta di cattivi pensieri che esplodono per esasperazione, delusione, ferimenti nell'orgoglio sportivo: non si dovrebbe mai dire, ovvio, ma è troppo facile condannare con parole pesanti come pietre chi si "macchia" di questo esecrabile gesto.
Dall'esplosione del caso-Di Bella, la cui genesi è ormai talmente nota che non serve ripeterla, alla sua propagazione su media nazionali, sono passate poche ore: un lasso di tempo in cui condanne, analisi, prese di distanze ufficiali (del Barletta Calcio, del sindaco Cascella e anche del Gruppo Erotico 1987) si sono susseguite. Pochi hanno però pensato a provare a contestualizzare l'accaduto: troppo semplice porgere la guancia al perbenismo e alla logica dei "click", delle "copie vendute" e dell'"audience". Si sbatte il mostro in prima pagina, si allega un video e amen: i diretti interessati hanno certamente sbagliato, e vien difficile parlare di mero "folklore". Ma la domanda viene univoca: il coro è purtroppo utilizzato spesso negli stadi italiani. Se si fosse trattato di un infortunio alla gamba o a un piede, piuttosto che alla testa, si sarebbe sollevato questo polverone? I tifosi, gli stessi che hanno cantato il dimenticabile coro, si sono fermati non appena hanno inteso che il colpo subito da Di Bella fosse più grave del previsto, con annesso ingresso dell'ambulanza in campo.
E' stato un pasticciaccio, quello del "Mannucci", su cui in tanti si sono fiondati come assaltatori della notizia. La stessa cosa non accade quando udiamo quei "lavali col fuoco" o affini da stadi di serie A. Ma poco conta. L'errore c'è stato, la voglia di cancellarlo è ancora superiore, sia da parte dei 10 presenti a Pontedera che dei tifosi che gremiscono il "Puttilli". Quest'anno la Barletta calcistica è balzata agli onori delle cronache per allenamenti in piazza, una tribuna tacciata fantasiosamente di razzismo, uno dei ko (1-6) più pesanti della stagione. Tanta attenzione mediatica, poco o nulla di buono da salvare. Ora sarebbe tempo di conquistarsi nuovamente le prime pagine per merito, come già fatto tante volte in passato: domenica sarà Barletta-Catanzaro, sarà giornata dell'orgoglio biancorosso, tempo di celebrare uno storico gemellaggio, di gremire il "Puttilli" nonostante una stagiona mai nata sul campo. Tutti allo stadio, solo per amore della maglia, e a prezzi ridotti (curve, distinti e tribuna laterale a 5 euro). Bisogna fare "reset" e tornare in copertina per amore. E Barletta, capace di grandi eccessi e slanci d'amore, questo sa certamente farlo.
(Twitter: @GuerraLuca88)
Dall'esplosione del caso-Di Bella, la cui genesi è ormai talmente nota che non serve ripeterla, alla sua propagazione su media nazionali, sono passate poche ore: un lasso di tempo in cui condanne, analisi, prese di distanze ufficiali (del Barletta Calcio, del sindaco Cascella e anche del Gruppo Erotico 1987) si sono susseguite. Pochi hanno però pensato a provare a contestualizzare l'accaduto: troppo semplice porgere la guancia al perbenismo e alla logica dei "click", delle "copie vendute" e dell'"audience". Si sbatte il mostro in prima pagina, si allega un video e amen: i diretti interessati hanno certamente sbagliato, e vien difficile parlare di mero "folklore". Ma la domanda viene univoca: il coro è purtroppo utilizzato spesso negli stadi italiani. Se si fosse trattato di un infortunio alla gamba o a un piede, piuttosto che alla testa, si sarebbe sollevato questo polverone? I tifosi, gli stessi che hanno cantato il dimenticabile coro, si sono fermati non appena hanno inteso che il colpo subito da Di Bella fosse più grave del previsto, con annesso ingresso dell'ambulanza in campo.
E' stato un pasticciaccio, quello del "Mannucci", su cui in tanti si sono fiondati come assaltatori della notizia. La stessa cosa non accade quando udiamo quei "lavali col fuoco" o affini da stadi di serie A. Ma poco conta. L'errore c'è stato, la voglia di cancellarlo è ancora superiore, sia da parte dei 10 presenti a Pontedera che dei tifosi che gremiscono il "Puttilli". Quest'anno la Barletta calcistica è balzata agli onori delle cronache per allenamenti in piazza, una tribuna tacciata fantasiosamente di razzismo, uno dei ko (1-6) più pesanti della stagione. Tanta attenzione mediatica, poco o nulla di buono da salvare. Ora sarebbe tempo di conquistarsi nuovamente le prime pagine per merito, come già fatto tante volte in passato: domenica sarà Barletta-Catanzaro, sarà giornata dell'orgoglio biancorosso, tempo di celebrare uno storico gemellaggio, di gremire il "Puttilli" nonostante una stagiona mai nata sul campo. Tutti allo stadio, solo per amore della maglia, e a prezzi ridotti (curve, distinti e tribuna laterale a 5 euro). Bisogna fare "reset" e tornare in copertina per amore. E Barletta, capace di grandi eccessi e slanci d'amore, questo sa certamente farlo.
(Twitter: @GuerraLuca88)
Si ringrazia per la collaborazione:
Adriano Antonucci
Enrico Gorgoglione
Massimiliano Dipasquale
Adriano Antonucci
Enrico Gorgoglione
Massimiliano Dipasquale