Il Barletta e Martino, storia di un amore mai nato
Il racconto di una storia lunga 16 mesi e da dimenticare
venerdì 4 aprile 2014
15.46
Ore 10 del 4 aprile 2014, al termine di due giorni di intensa contestazione il tanto sospirato comunicato arriva, Gabriele Martino non è più il direttore generale del Barletta calcio, il re è nudo. Nell'ambiente biancorosso c'è aria di festa, un'aria che si potrebbe paragonare con le dovute e rispettose proporzioni, a quella respirata dai rivoluzionari delle recenti "primavere arabe", un'aria di libertà. Come in quelle situazioni però, alla fine dei "regimi" (termine inserito tra i virgolette in maniera dovuta) c'è da fare i conti con le macerie da esso lasciate ed anche nel caso del Barletta le macerie ci sono e non sono poche, perchè in 16 mesi di "era Martino" si è lentamente uccisa una passione, distaccata una città che a parte i soliti irriducibili innamorati è quanto mai lontana dalle vicende dello storico sodalizio biancorosso. Ma come si è arrivati a questo? Ripercorriamo i 16 mesi dell'era Martino dividendoli in tre fasi.
Prima fase, gennaio-giugno 2013: Dalla diffidenza all'apertura di credito
Era il gennaio 2013, il Barletta si barcamenava nelle ultime posizioni in classifica e con la rovinosa caduta di Viareggio si era spento definitivamente il sogno di Pavone, perchè si sa nemo est propheta in patria. Nell'ambente biancorosso il morale è basso, il presidente Tatò deve scegliere a chi affidarsi, c'è un mercato da affrontare, il tecnico Novelli ha bisogno di rinforzi, c'è una salvezza da conquistare. Ed allora, dopo giorni di riflessioni la scelta del numero 1 di via Vittorio Veneto cade su di lui, su Gabriele Martino che in un freddo pomeriggio di gennaio con indosso il suo celebre cappotto color cammello si presenta all'ambiente biancorosso. Le prime impressioni, sono positive: uomo di esperienza, savoir faire indiscusso, buona capacità comunicativa e poco importa se il presidente Foti lo teneva fermo da anni e le ultime sue esperienze a Catanzaro e Perugia erano state tutt'altro che positive. Finito il tempo delle presentazioni però è già ora di lavorare e di provare a portare a Barletta rinforzi. Martino temporeggia, i rapporti con Novelli non sono idilliaci, passano i giorni e il mercato del Barletta langue, si arriva a fine mese ed i colpi sono solo due: Camilleri e Prutsch. L'ambiente è deluso, doveva arrivare l'attaccante e non è arrivato, Martino è stato già sfiduciato. Passano le partite, i risultati non arrivano ed allora Martino coglie l'attimo: via Novelli e dentro Orlandi il suo uomo di fiducia, l'uomo cresciuto con lui a Reggio Calabria. Inizialmente le cose non cambiano ma...avviene il miracolo, i biancorossi rincorrono, rincorrono, rincorrono ed alla fine si salvano nel più trionfale dei modi: vittoria nei play.off con l'Andria. Di lì in poi, arriva un'apertura di credito, e l'ambiente si chiede: "Forse ci sbagliavamo noi su Martino? Alla fine se ci siamo salvati è anche merito suo, per il prossimo anno, con tutto il tempo di progettare, farà bene".
Seconda fase, giugno-dicembre: La fine dell'illusione, inizia il disastro
Il post salvezza è accompagnato da grandi speranze, Martino è elevato al rango di direttore generale, Tatò ha fiducia in lui e tutte le decisioni (dalle conferenze stampa alla compravendita dei giocatori passano al suo vaglio). L'uomo di Calabria è all'apice del suo potere, e chiacchierando chiacchierando con la stampa e i tifosi crea grandi aspettative per una squadra che "stupirà" e "potrà ambire al nono posto". Intanto però i mesi passano, e se arrivano importanti conferme dei calciatori che hanno portato alla salvezza, i sostituti dei pezzi pregiati volati in B non arrivano, o non sono all'altezza. L'ambiente però ha fiducia, gli abbonati superano quota 1000, l'effetto 2 giugno c'è e si fa sentire. Il tempo però, si sa, passa in fretta e così si arriva al 2 settembre, ultimo giorno di mercato. L'attesa è tanta, chi arriverà? La montagna partorisce il topolino, l'unico acquisto è il buon Legras. La delusione dell'ambiente è cocente, Martino ha fallito, ed il timore di una stagione anonima in un campionato privo di retrocessioni è tanta. Questa paura è confermata dal campo, il Barletta perde, perde e perde. Colleziona record negativi (unica squadra professionista a non andare in gol nelle prime 7 giornate), ma il direttore non si scompone, e come sempre spavaldo affronta tutto e tutti convinto di potercela fare anche questa volta. I disastri però non accennano a diminuire: ad ottobre, all'indomani della sconfitta di Pagani, il presidente Tatò, esausto, comunica di voler lasciare la società, ma anche in questo caso per il direttore non ci sono problemi: "Lo faremo ricredere", dice. Successivamente arriva la querelle Allegretti, il cui infortunio alla spalla diventa un caso clinicamente da studiare visti i tempi di recupero biblici e la miracolosa guarigione arrivata, forse, alla taumaturgica aria di Monza. Alla fine di un lungo tira e molla, il capitano, l'eroe della salvezza, viene mandato via perchè ha osato eccepire, ha osato andar contro il direttore, ed allora per lui non c' è più spazio, in barba all'amore che l'ambiente biancorosso ha per lui. L'anno si conclude, il Barletta è ormai lontano dalla zona play-off e Martino, beh Martino è forse il direttore sportivo italiano meno stimato dai "suoi" tifosi.
Terza parte, gennaio-aprile: Il crepuscolo e la fine di un'era
A gennaio, Martino conduce il suo ultimo mercato, arrivano Ganz, Innocenti, Campagna e Bijmine anche se in realtà tutto ruota attorno Guglelmi, il nuovo baby fenomeno che il Direttore ha deciso di far diventare il suo fiore all'occhiello non contento di aver praticamente bruciato il giovane Cicerelli passato da golden boy a...Chi l'ha visto? In un batter d'occhio. Nel mese di gennaio il giovane difensore viene conteso da tutte le big di serie A, Juve e Milan in testa ma...alla fine rimane a Barletta e pian piano perde anche il posto a titolare che a gennaio sembrava inequivocabilmente suo. Gli ultimi mesi, sono cronaca recente, Martino ormai è mal sopportato da tutto l'ambiente, ormai nessuno crede più in lui ed anche coloro che in passato ne avevano tessuto lodi sperticate gli voltano le spalle, una prassi immancabile la crepuscolo di ogni "regime" che si rispetti. Quando tutto lasciava però presagire che la resa dei conti arrivasse alla fine della stagione, ecco l'imprevedibile, la goccia che ha fatto traboccare il vaso: l'1-6 casalingo contro il Benevento ha distrutto ogni forma di pazienza dell'ambiente e del presidente Tatò che alla fine ha deciso di allontanarlo al pari dei suoi uomini di fiducia, Orlandi e Mondilla. Ed allora, addio direttore, Barletta non vede l'ora di dimenticarla.
Prima fase, gennaio-giugno 2013: Dalla diffidenza all'apertura di credito
Era il gennaio 2013, il Barletta si barcamenava nelle ultime posizioni in classifica e con la rovinosa caduta di Viareggio si era spento definitivamente il sogno di Pavone, perchè si sa nemo est propheta in patria. Nell'ambente biancorosso il morale è basso, il presidente Tatò deve scegliere a chi affidarsi, c'è un mercato da affrontare, il tecnico Novelli ha bisogno di rinforzi, c'è una salvezza da conquistare. Ed allora, dopo giorni di riflessioni la scelta del numero 1 di via Vittorio Veneto cade su di lui, su Gabriele Martino che in un freddo pomeriggio di gennaio con indosso il suo celebre cappotto color cammello si presenta all'ambiente biancorosso. Le prime impressioni, sono positive: uomo di esperienza, savoir faire indiscusso, buona capacità comunicativa e poco importa se il presidente Foti lo teneva fermo da anni e le ultime sue esperienze a Catanzaro e Perugia erano state tutt'altro che positive. Finito il tempo delle presentazioni però è già ora di lavorare e di provare a portare a Barletta rinforzi. Martino temporeggia, i rapporti con Novelli non sono idilliaci, passano i giorni e il mercato del Barletta langue, si arriva a fine mese ed i colpi sono solo due: Camilleri e Prutsch. L'ambiente è deluso, doveva arrivare l'attaccante e non è arrivato, Martino è stato già sfiduciato. Passano le partite, i risultati non arrivano ed allora Martino coglie l'attimo: via Novelli e dentro Orlandi il suo uomo di fiducia, l'uomo cresciuto con lui a Reggio Calabria. Inizialmente le cose non cambiano ma...avviene il miracolo, i biancorossi rincorrono, rincorrono, rincorrono ed alla fine si salvano nel più trionfale dei modi: vittoria nei play.off con l'Andria. Di lì in poi, arriva un'apertura di credito, e l'ambiente si chiede: "Forse ci sbagliavamo noi su Martino? Alla fine se ci siamo salvati è anche merito suo, per il prossimo anno, con tutto il tempo di progettare, farà bene".
Seconda fase, giugno-dicembre: La fine dell'illusione, inizia il disastro
Il post salvezza è accompagnato da grandi speranze, Martino è elevato al rango di direttore generale, Tatò ha fiducia in lui e tutte le decisioni (dalle conferenze stampa alla compravendita dei giocatori passano al suo vaglio). L'uomo di Calabria è all'apice del suo potere, e chiacchierando chiacchierando con la stampa e i tifosi crea grandi aspettative per una squadra che "stupirà" e "potrà ambire al nono posto". Intanto però i mesi passano, e se arrivano importanti conferme dei calciatori che hanno portato alla salvezza, i sostituti dei pezzi pregiati volati in B non arrivano, o non sono all'altezza. L'ambiente però ha fiducia, gli abbonati superano quota 1000, l'effetto 2 giugno c'è e si fa sentire. Il tempo però, si sa, passa in fretta e così si arriva al 2 settembre, ultimo giorno di mercato. L'attesa è tanta, chi arriverà? La montagna partorisce il topolino, l'unico acquisto è il buon Legras. La delusione dell'ambiente è cocente, Martino ha fallito, ed il timore di una stagione anonima in un campionato privo di retrocessioni è tanta. Questa paura è confermata dal campo, il Barletta perde, perde e perde. Colleziona record negativi (unica squadra professionista a non andare in gol nelle prime 7 giornate), ma il direttore non si scompone, e come sempre spavaldo affronta tutto e tutti convinto di potercela fare anche questa volta. I disastri però non accennano a diminuire: ad ottobre, all'indomani della sconfitta di Pagani, il presidente Tatò, esausto, comunica di voler lasciare la società, ma anche in questo caso per il direttore non ci sono problemi: "Lo faremo ricredere", dice. Successivamente arriva la querelle Allegretti, il cui infortunio alla spalla diventa un caso clinicamente da studiare visti i tempi di recupero biblici e la miracolosa guarigione arrivata, forse, alla taumaturgica aria di Monza. Alla fine di un lungo tira e molla, il capitano, l'eroe della salvezza, viene mandato via perchè ha osato eccepire, ha osato andar contro il direttore, ed allora per lui non c' è più spazio, in barba all'amore che l'ambiente biancorosso ha per lui. L'anno si conclude, il Barletta è ormai lontano dalla zona play-off e Martino, beh Martino è forse il direttore sportivo italiano meno stimato dai "suoi" tifosi.
Terza parte, gennaio-aprile: Il crepuscolo e la fine di un'era
A gennaio, Martino conduce il suo ultimo mercato, arrivano Ganz, Innocenti, Campagna e Bijmine anche se in realtà tutto ruota attorno Guglelmi, il nuovo baby fenomeno che il Direttore ha deciso di far diventare il suo fiore all'occhiello non contento di aver praticamente bruciato il giovane Cicerelli passato da golden boy a...Chi l'ha visto? In un batter d'occhio. Nel mese di gennaio il giovane difensore viene conteso da tutte le big di serie A, Juve e Milan in testa ma...alla fine rimane a Barletta e pian piano perde anche il posto a titolare che a gennaio sembrava inequivocabilmente suo. Gli ultimi mesi, sono cronaca recente, Martino ormai è mal sopportato da tutto l'ambiente, ormai nessuno crede più in lui ed anche coloro che in passato ne avevano tessuto lodi sperticate gli voltano le spalle, una prassi immancabile la crepuscolo di ogni "regime" che si rispetti. Quando tutto lasciava però presagire che la resa dei conti arrivasse alla fine della stagione, ecco l'imprevedibile, la goccia che ha fatto traboccare il vaso: l'1-6 casalingo contro il Benevento ha distrutto ogni forma di pazienza dell'ambiente e del presidente Tatò che alla fine ha deciso di allontanarlo al pari dei suoi uomini di fiducia, Orlandi e Mondilla. Ed allora, addio direttore, Barletta non vede l'ora di dimenticarla.