Draghi Bat, coach Amoruso tra addio alla panchina e ricordi
«Non sarò più il coach, al mio posto Francesco Nugnes»
sabato 19 aprile 2014
17.39
Si è conclusa da poche settimane l'esperienza dei Draghi Bat. I rugbisti della sesta provincia pugliese hanno concluso il loro campionato al sesto posto, salutando le velleità di arrivare alla zona playoff. A tracciare un bilancio in casa biancorossa è stato il coach Leo Amoruso, che contro il Tigri Bari ha annunciato il proprio disimpegno dal ruolo di allenatore.
Coach Amoruso, due settimane orsono si è conclusa la sua esperienza e quella di Antonio Pedone. Quanto rammarico c'è per questa decisione?
«Non c'è rammarico, ma c'è tanta emozione. È stata una decisione, per quanto non presa all'improvviso ma ponderata e pensata, comunque sofferta. Anche se non avevo comunicato alla squadra questa mia decisione, questa sofferenza è stata ancora più lunga. Nonostante tutto, credo di aver fatto la scelta giusta. Per quanto riguarda il campo, ritengo di aver dato il meglio che potevo dare finora, non mi andava di non poter dare il meglio; per quel che riguarda la guida tecnica, ho ritenuto che, alla fine di un triennio, fosse concluso un determinato tipo di lavoro, e mi è sembrato giusto passare la mano e al tempo stesso dare una nuova idea di gioco alla squadra».
La sua esperienza si conclude con un sesto posto abbastanza deludente. Siete soddisfatti del verdetto del campo?
«Non era quello che ci aspettavamo, ma era quello che ha espresso il campo. Purtroppo siamo riusciti solo a sprazzi ad esprimere il nostro gioco. Ricordo le partite contro il Foggia e contro la Federiciana in casa, e in trasferta a Bitonto. Solo in alcune giornate abbiamo espresso la nostra idea e la nostra forza di gioco. Non mi piace nascondermi dietro ad un dito, ma gli infortuni in determinati ruoli chiave hanno contribuito al risultato. Inoltre, al terzo anno d'esperienza nel campionato di serie C, ci sta anche un momento di calo. C'è gente che da troppi anni stava tirando avanti. La cosa positiva è stata l'inserimento di tanti giovani, che stanno crescendo, anche se in alcuni ruoli hanno pagato lo scotto della scarsa esperienza. Penso di aver intrapreso un discorso che nei prossimi anni darà un buon futuro».
Una delle note positive riguarda l'inserimento di tanti giovani in Prima Squadra. Siete soddisfatti di questi inserimenti?
«Ora parlo da dirigente, che è l'unica carica che mi è rimasta (ride ndr). Quando ci confrontiamo sia internamente con gli altri dirigenti dei Draghi Bat, sia con gli altri dirigenti e con i membri del Comitato Regionale, sicuramente ci viene riconosciuto questo bel lavoro che stiamo facendo. Mi piace ricordare il lavoro fatto da Domenico Fabbiano e Tommaso Curci in Under 16 e da Domenico Battaglia, Luigi Cassatella, Silvio Belfiore e Simone Valente in Under 14. Abbiamo portato avanti un bel discorso, di cui stiamo parlando da diversi anni. Ci siamo sempre detti che la prima squadra era fondamentale, però per andare avanti dobbiamo comunque far crescere dei piccoli Draghi. Ci stiamo comunque riuscendo, speriamo ora di provare a formare con un Under 18 tra due anni e di completare i ranghi delle giovanili con l'Under 12».
Le difficoltà, però, sono sempre dietro l'angolo: state ancora pagando lo scotto di essere uno sport minore ed etichettato come violento?
«In realtà, non è soltanto Barletta. Questo è uno scotto che abbiamo pagato tanto all'inizio e che, per fortuna, paghiamo sempre di meno. In questo, sta contribuendo tanto la televisione, tutti stanno imparando quali sono i veri valori dello sport. Anche a livello di pericolosità, il rugby non è più o meno pericoloso di altri sport in percentuale. Al tempo stesso, tutti si stanno rendendo conto di quanto rappresenta il rugby fuori dal campo. Per quanto mi consentivano gli impegni, ho visto ragazzini di 14 a settembre-ottobre, li rivedo ora e mi rendo conto di quanto stiamo pian piano capendo cos'è il rugby dentro e fuori dal campo. Sono disciplinati, li vedo con la testa con le spalle, sono decisamente cambiati, anche a livello scolastico. È un orgoglio per noi il lavoro del settore giovanile».
Parliamo ora del futuro: chi sostituirà lei e il capitano Antonio Pedone?
«Il nuovo coach è stato presentato un settimana fa alla squadra, ed è Francesco Nugnes, che comunque era già nello staff tecnico dei Draghi Bat. È stata una scelta interna, una scelta di continuità, per quanto ovviamente ogni tecnico ha la propria idea di vedere il campo, di vedere il gioco. È comunque una scelta di continuità, ci è sempre piaciuta l'idea di coltivare anche i tecnici, che probabilmente è la cosa più difficile. Francesco è sempre stato disponibile: quando ci siamo parlati per scegliere il nuovo tecnico, la scelta è stata abbastanza naturale. A lui va il mio grandissimo in bocca al lupo, sono convinto che farà un ottimo lavoro. Aiuterà a crescere anche tecnicamente questa squadra, l'ho visto già con le idee ben chiare. Per quel che riguarda il nuovo capitano, così come è avvenuto quando sono diventato io il nuovo coach, la scelta spetta al tecnico. All'epoca, è stato confermato Antonio Pedone, e la scelta è stata facile. Quest'anno il nuovo capitano sarà deciso da Francesco Nugnes, non mi va di sbilanciarmi sui nomi, la scelta è tutta del nuovo coach».
Ci sarà nuovamente l'esperienza del beach rugby?
«Si, quest'anno rifacciamo il beach rugby, organizzeremo presso il lido Mennea l'8 giugno una tappa interna. Se vogliamo fissare un appuntamento con Barletta è quello dell'8 giugno. Ovviamente parteciperemo al torneo in giro per la Puglia, abbiamo già un obiettivo concreto».
L'ultima domanda è dedicata al pubblico e ai lettori di Barlettalife, che hanno pian piano cominciato a stimarvi e a conoscervi.
«Sicuramente apro una parentesi grossissima è dedicata al pubblico che ci ha seguito con calore. Quando abbiamo lasciato io e il capitano Pedone, ho visto persone piangere in tribuna e a bordo campo. È stata un'emozione incredibile, ho visto veramente il pubblico applaudire dall'inizio alla fine. Al pubblico va il mio grazie per averci sempre supportato. Il mio grazie va anche ai lettori di Barlettalife che hanno imparato pian piano a conoscerci. Spero che continueranno a seguirci nella stessa maniera. Grazie a tutti. Continuerò a far parte della storia dei Draghi Bat, rimarrò come dirigente, non abbandono né la squadra né il rugby».
Coach Amoruso, due settimane orsono si è conclusa la sua esperienza e quella di Antonio Pedone. Quanto rammarico c'è per questa decisione?
«Non c'è rammarico, ma c'è tanta emozione. È stata una decisione, per quanto non presa all'improvviso ma ponderata e pensata, comunque sofferta. Anche se non avevo comunicato alla squadra questa mia decisione, questa sofferenza è stata ancora più lunga. Nonostante tutto, credo di aver fatto la scelta giusta. Per quanto riguarda il campo, ritengo di aver dato il meglio che potevo dare finora, non mi andava di non poter dare il meglio; per quel che riguarda la guida tecnica, ho ritenuto che, alla fine di un triennio, fosse concluso un determinato tipo di lavoro, e mi è sembrato giusto passare la mano e al tempo stesso dare una nuova idea di gioco alla squadra».
La sua esperienza si conclude con un sesto posto abbastanza deludente. Siete soddisfatti del verdetto del campo?
«Non era quello che ci aspettavamo, ma era quello che ha espresso il campo. Purtroppo siamo riusciti solo a sprazzi ad esprimere il nostro gioco. Ricordo le partite contro il Foggia e contro la Federiciana in casa, e in trasferta a Bitonto. Solo in alcune giornate abbiamo espresso la nostra idea e la nostra forza di gioco. Non mi piace nascondermi dietro ad un dito, ma gli infortuni in determinati ruoli chiave hanno contribuito al risultato. Inoltre, al terzo anno d'esperienza nel campionato di serie C, ci sta anche un momento di calo. C'è gente che da troppi anni stava tirando avanti. La cosa positiva è stata l'inserimento di tanti giovani, che stanno crescendo, anche se in alcuni ruoli hanno pagato lo scotto della scarsa esperienza. Penso di aver intrapreso un discorso che nei prossimi anni darà un buon futuro».
Una delle note positive riguarda l'inserimento di tanti giovani in Prima Squadra. Siete soddisfatti di questi inserimenti?
«Ora parlo da dirigente, che è l'unica carica che mi è rimasta (ride ndr). Quando ci confrontiamo sia internamente con gli altri dirigenti dei Draghi Bat, sia con gli altri dirigenti e con i membri del Comitato Regionale, sicuramente ci viene riconosciuto questo bel lavoro che stiamo facendo. Mi piace ricordare il lavoro fatto da Domenico Fabbiano e Tommaso Curci in Under 16 e da Domenico Battaglia, Luigi Cassatella, Silvio Belfiore e Simone Valente in Under 14. Abbiamo portato avanti un bel discorso, di cui stiamo parlando da diversi anni. Ci siamo sempre detti che la prima squadra era fondamentale, però per andare avanti dobbiamo comunque far crescere dei piccoli Draghi. Ci stiamo comunque riuscendo, speriamo ora di provare a formare con un Under 18 tra due anni e di completare i ranghi delle giovanili con l'Under 12».
Le difficoltà, però, sono sempre dietro l'angolo: state ancora pagando lo scotto di essere uno sport minore ed etichettato come violento?
«In realtà, non è soltanto Barletta. Questo è uno scotto che abbiamo pagato tanto all'inizio e che, per fortuna, paghiamo sempre di meno. In questo, sta contribuendo tanto la televisione, tutti stanno imparando quali sono i veri valori dello sport. Anche a livello di pericolosità, il rugby non è più o meno pericoloso di altri sport in percentuale. Al tempo stesso, tutti si stanno rendendo conto di quanto rappresenta il rugby fuori dal campo. Per quanto mi consentivano gli impegni, ho visto ragazzini di 14 a settembre-ottobre, li rivedo ora e mi rendo conto di quanto stiamo pian piano capendo cos'è il rugby dentro e fuori dal campo. Sono disciplinati, li vedo con la testa con le spalle, sono decisamente cambiati, anche a livello scolastico. È un orgoglio per noi il lavoro del settore giovanile».
Parliamo ora del futuro: chi sostituirà lei e il capitano Antonio Pedone?
«Il nuovo coach è stato presentato un settimana fa alla squadra, ed è Francesco Nugnes, che comunque era già nello staff tecnico dei Draghi Bat. È stata una scelta interna, una scelta di continuità, per quanto ovviamente ogni tecnico ha la propria idea di vedere il campo, di vedere il gioco. È comunque una scelta di continuità, ci è sempre piaciuta l'idea di coltivare anche i tecnici, che probabilmente è la cosa più difficile. Francesco è sempre stato disponibile: quando ci siamo parlati per scegliere il nuovo tecnico, la scelta è stata abbastanza naturale. A lui va il mio grandissimo in bocca al lupo, sono convinto che farà un ottimo lavoro. Aiuterà a crescere anche tecnicamente questa squadra, l'ho visto già con le idee ben chiare. Per quel che riguarda il nuovo capitano, così come è avvenuto quando sono diventato io il nuovo coach, la scelta spetta al tecnico. All'epoca, è stato confermato Antonio Pedone, e la scelta è stata facile. Quest'anno il nuovo capitano sarà deciso da Francesco Nugnes, non mi va di sbilanciarmi sui nomi, la scelta è tutta del nuovo coach».
Ci sarà nuovamente l'esperienza del beach rugby?
«Si, quest'anno rifacciamo il beach rugby, organizzeremo presso il lido Mennea l'8 giugno una tappa interna. Se vogliamo fissare un appuntamento con Barletta è quello dell'8 giugno. Ovviamente parteciperemo al torneo in giro per la Puglia, abbiamo già un obiettivo concreto».
L'ultima domanda è dedicata al pubblico e ai lettori di Barlettalife, che hanno pian piano cominciato a stimarvi e a conoscervi.
«Sicuramente apro una parentesi grossissima è dedicata al pubblico che ci ha seguito con calore. Quando abbiamo lasciato io e il capitano Pedone, ho visto persone piangere in tribuna e a bordo campo. È stata un'emozione incredibile, ho visto veramente il pubblico applaudire dall'inizio alla fine. Al pubblico va il mio grazie per averci sempre supportato. Il mio grazie va anche ai lettori di Barlettalife che hanno imparato pian piano a conoscerci. Spero che continueranno a seguirci nella stessa maniera. Grazie a tutti. Continuerò a far parte della storia dei Draghi Bat, rimarrò come dirigente, non abbandono né la squadra né il rugby».