Barletta 1922, quale futuro?
Consiglio direttivo dimissionario, il club torna in bilico. Serve comunione di intenti
mercoledì 30 settembre 2015
14.28
Ricominciamo, ed era ampiamente prevedibile. È durata un mese o poco più la quiete (relativa) sul fronte societario per il Barletta 1922, ed ora dopo le dimissioni in blocco del consiglio direttivo avvenute nella giornata di ieri, ricomincia il tourbillon di voci, illazioni, scontri tra puritani e vittimisti, tra coloro che "io l'avevo detto" e coloro che "senza di me il Barletta sarebbe morto". Il tutto, con sullo sfondo la classe politica che vorrebbe ma non può, una città senza stadio chissà per quanto (primi mesi del 2016? Speriamo), un'imprenditoria timorosa di entrare nel mondo del calcio (sicuramente in parte a ragione) ed una società, il Barletta, che davvero non riesce a trovare pace e che potrebbe trovarla solo con la comunione d'intenti di tutto l'ambiente.
Dimissioni, un esito prevedibile
Ma come si è giunti a questa situazione? Che la gestione nata quest'estate dalla ceneri del club "I Biancorossi" in seguito alla colletta da loro stessi promossa in comune accordo con l'amministrazione comunale e i gruppi ultras, per evitare la totale scomparsa del calcio a Barletta avrebbe avuto vita non troppo lunga non era difficile da immaginare. Aldilà delle ragioni di facciata quali le critiche ricevute (a tal proposito, va detto che chiunque occupi un posto di rilievo è soggetto a critiche e deve accettarle soprattutto se costruttive) il motivo è semplice, ovvero la mancanza di fondi per completare una stagione in maniera dignitosa e consona al nome della città. Ora, bypassando le dichiarazioni di questi due mesi circa i business plan e i progetti seri e longevi decantati da qualche dirigente pare abbastanza chiaro quello che sta accadendo. Al direttivo dimissionario va reso il merito di aver messo in piedi una struttura dal nulla in quasi un mese, di aver allestito una squadra dignitosa e con una componente barlettana che ne garantisce l'impegno e l'attaccamento alla maglia, ma senza capitali freschi e con le sole sponsorizzazioni era ed è davvero difficile fare di più. Ed ecco che qui subentra la classe imprenditoriale barlettana, che, a questo punto non ha più alibi.
Problema stadio e diffidenza, tutto si può superare unendo le forze
Comprendiamo bene che con uno stadio non a disposizione chissà fino a quando, con dei precedenti come quelli relativi alla scorsa travagliata annata e con tutte le problematiche legate agli investimenti nel mondo del calcio, sia difficile che l'imprenditoria barlettana e non si voglia avvicinare alla squadra, ma tutto è superabile. Tutto è superabile quando, in fin dei conti, la situazione ad oggi per chi volesse subentrare non appare così drammatica come quella di quest'estate: c'è un fondo cassa, c'è una squadra solo da ritoccare, c'è insomma una base e non un edificio da costruire interamente. A questo punto, viene da dire, gli alibi stanno finendo e tutte le componenti, dalla dirigenza dimissionaria che non vede l'ora di tornare nel proprio ruolo di tifosi, passando per la classe politica fino ad arrivare a quella giornalistica ed all'ambiente tutto, devono arrivare ad un punto di comune accordo come nel periodo della raccolta fondi, per trovare una soluzione definitiva ad una situazione divenuta ormai grottesca e non degna di una città di 100mila abitanti. Si faccia squadra dunque, si ricrei comunione di intenti, si stimoli chi magari si è fin qui avvicinato timidamente, non si escluda alcuna possibilità e si riparta davvero per affrontare senza più dubbi la scalata verso quelle categorie più consone al blasone ed alla piazza.
Dimissioni, un esito prevedibile
Ma come si è giunti a questa situazione? Che la gestione nata quest'estate dalla ceneri del club "I Biancorossi" in seguito alla colletta da loro stessi promossa in comune accordo con l'amministrazione comunale e i gruppi ultras, per evitare la totale scomparsa del calcio a Barletta avrebbe avuto vita non troppo lunga non era difficile da immaginare. Aldilà delle ragioni di facciata quali le critiche ricevute (a tal proposito, va detto che chiunque occupi un posto di rilievo è soggetto a critiche e deve accettarle soprattutto se costruttive) il motivo è semplice, ovvero la mancanza di fondi per completare una stagione in maniera dignitosa e consona al nome della città. Ora, bypassando le dichiarazioni di questi due mesi circa i business plan e i progetti seri e longevi decantati da qualche dirigente pare abbastanza chiaro quello che sta accadendo. Al direttivo dimissionario va reso il merito di aver messo in piedi una struttura dal nulla in quasi un mese, di aver allestito una squadra dignitosa e con una componente barlettana che ne garantisce l'impegno e l'attaccamento alla maglia, ma senza capitali freschi e con le sole sponsorizzazioni era ed è davvero difficile fare di più. Ed ecco che qui subentra la classe imprenditoriale barlettana, che, a questo punto non ha più alibi.
Problema stadio e diffidenza, tutto si può superare unendo le forze
Comprendiamo bene che con uno stadio non a disposizione chissà fino a quando, con dei precedenti come quelli relativi alla scorsa travagliata annata e con tutte le problematiche legate agli investimenti nel mondo del calcio, sia difficile che l'imprenditoria barlettana e non si voglia avvicinare alla squadra, ma tutto è superabile. Tutto è superabile quando, in fin dei conti, la situazione ad oggi per chi volesse subentrare non appare così drammatica come quella di quest'estate: c'è un fondo cassa, c'è una squadra solo da ritoccare, c'è insomma una base e non un edificio da costruire interamente. A questo punto, viene da dire, gli alibi stanno finendo e tutte le componenti, dalla dirigenza dimissionaria che non vede l'ora di tornare nel proprio ruolo di tifosi, passando per la classe politica fino ad arrivare a quella giornalistica ed all'ambiente tutto, devono arrivare ad un punto di comune accordo come nel periodo della raccolta fondi, per trovare una soluzione definitiva ad una situazione divenuta ormai grottesca e non degna di una città di 100mila abitanti. Si faccia squadra dunque, si ricrei comunione di intenti, si stimoli chi magari si è fin qui avvicinato timidamente, non si escluda alcuna possibilità e si riparta davvero per affrontare senza più dubbi la scalata verso quelle categorie più consone al blasone ed alla piazza.