Quella volta che Muhammad Ali incontrò Pietro Mennea

Il mondo saluta il pugile più grande di tutti i tempi, scomparso oggi dopo una lunga malattia

sabato 4 giugno 2016 11.25
A cura di Ida Vinella
«Cassius Clay è un nome da schiavo. Io non l'ho scelto e non lo voglio. Io sono Muhammad Ali, un nome libero. Vuol dire amato da Dio. Voglio che la gente lo usi quando mi parla e parla di me». Già durante la sua vita era considerato una leggenda, ma oggi – nel giorno della sua scomparsa – Ali è entrato nel pantheon degli sportivi più indimenticabili di tutti i tempi. L'ex campione del mondo dei pesi massimi e oro olimpico alle Olimpiadi di Roma '60 è deceduto nella notte all'età di 74 anni in un ospedale di Phoenix, in Arizona, dove era stato ricoverato giovedì 2 giugno per "precauzione". Le sue condizioni non erano state giudicate gravi, ma data l'età e il morbo di Parkinson, di cui 'il più grande' era malato da trent'anni, i medici avevano scelto la strada della prudenza.

Leggenda del pugilato, la sua impronta resterà indelebile non solo per i suoi successi sportivi, ma anche per il suo impegno umano: divenne un simbolo per il movimento di liberazione dei neri negli Stati Uniti durante gli anni '60, anche per aver sfidato il governo americano, opponendosi all'arruolamento nell'esercito per motivi religiosi.

E' rimasto nella storia l'iconico incontro tra il celebre pugile e il nostro Pietro Mennea, la velocissima "Freccia del Sud" che a 14 anni, per le strade di Barletta, sfidava le Alfa Romeo su rettilineo per scommessa con gli amici, e vinceva sempre. Una volta in California il nostro Mennea venne presentato a Muhammad Ali come l'uomo più veloce del mondo. «Ma tu sei bianco» gli sbottò il grande pugile, «ma dentro sono più nero di te», chiosò Pietro.