Pietro Mennea, l’outsider di Barletta: testardo ed escluso

La dura legge del mercato non accettava la sua tenacia. «E’ stato schivo sino a dare a tutti il senso del dovere da compiere e la gioia del dovere compiuto»

sabato 4 maggio 2013
A cura di Viviana Damore
Nonostante sia sempre stato al centro dell'attenzione, per la sua diligenza, per il suo talento e per i suoi grandi traguardi, Pietro Mennea risultava "scomodo" in alcuni ambienti in cui la costanza viene scambiata per cocciutaggine e la perseveranza per presunzione. Come sostenne Padre Antonio Truda, nell'omelia dei funerali del campione "E' stato schivo sino a dare a tutti il senso del dovere da compiere e la gioia del dovere compiuto".

Mennea e altri fuoriclasse, spesso hanno dovuto subire gli attacchi delle istituzioni, essendo ritenuti "troppo polemici" per alcuni ruoli manageriali. Infatti il barlettano, campione olimpico e duecentista da 19"72, aveva attirato su di se numerose polemiche poiché ritenuto immensamente cocciuto e testardo, addirittura fu definito "sovversivo" quando rifiutò la candidatura italiana dei Giochi del 2020.

In realtà ciò che di più grande Pietro Mennea ci ha lasciato in patrimonio in qualità di suoi fortunati concittadini, oltre le vittorie, oltre l'orgoglio, è la consapevolezza che l'impegno profuso non resta mai sprecato invano, ma la ricompensa di ogni singolo sforzo giungerebbe persino amplificata qualora ci dimostrassimo capaci di meditare e puntare sempre al meglio nell'attesa. La sua più grande qualità era in fondo proprio la sua cocciutaggine, l'inesauribile forza di volontà che lo portava anche durante i giorni di festa, a citofonare il suo primo allenatore per allenarsi. La perseveranza in questi casi non è mai troppa, ma è maggiormente divina, qualora la si utilizzi nel perseguire il proprio fortunato destino.

Quella forza in più veniva proprio dalla testardaggine, in seno a cui nasceva l'imbattibilità in pista, anche al cospetto di avversari più dotati. Infatti una volta appese le scarpette al chiodo Pietro aveva proseguito per la sua strada lastricata di impegno collezionando così lauree e master. Ironicamente, circa due mesi e mezzo fa, il presidente della Fidal, Alfio Giomi, gli avrebbe voluto proporre un importante ruolo, ma malauguratamente la proposta non si è potuta nemmeno abbozzare, quando ormai il cancro aveva già reso impossibile l'ultima rimonta del campione barlettano.

Il presidente del Coni, Gianni Malagò, ha dichiarato fortunatamente che il museo dei sogni del barlettano si potrebbe realizzare presso lo stadio dei Marmi, luogo ideale in cui i ricordi e i cimeli di vent'anni di imprese sul tartan potrebbero tornare a vivere. Inoltre quasi sicuramente il Golden Gala, l'internazionale manifestazione d'atletica che si svolge in Italia, prenderà il suo nome. Almeno post mortem Pietro non dovrà preoccuparsi di non avere le giuste carte che richiede il mercato, ma potrà gloriarsi nella sua spontanea genuinità.