Pietro Mennea è la Freccia del Sud, su Rai 1 e nei nostri cuori

L’epica dell’impegno potrà aiutare questa città?

lunedì 30 marzo 2015 10.17
A cura di Mario Sculco
Dentro di me riconosco due o tre fortune tutte legate momentaneamente a Pietro Mennea, e la prima puntata della fiction appena terminata su Rai 1 prova a farmele ricordare. Ci provo anche io.

Una prima fortuna è abitare nei luoghi in cui "Pietro Mennea - La Freccia del Sud" è stato girato. Dalla mia finestra, pure immortalata nelle scene, si vede la pista del "Lello Simeone" e grazie a questo bel lavoro di cronista ho potuto osservare dal vivo il "ciak" di una scena di Pietro bambino e respirare un po' di magia della finzione. Per giunta, riconoscere casa mia o il "campo" e sentire così spesso il nome di Barletta mi fa pensare e riflettere. In positivo.

Una seconda fortuna è aver praticato atletica in gioventù e proprio a Barletta (non al "Simeone" ma al comunale "Puttilli", sulla vera pista d'atletica). Ricordo benissimo l'elasticità della pista rosso ocra, aveva un odore particolare e faceva lavorare tanto. L'obiettivo erano le gare di atletica (velocità, viva le coincidenze) che si tenevano in primavera. In inverno non rimanevano che le temute corse campestri: gare di mezzofondo i cui allenamenti mi hanno fatto percorrere tutta la planimetria di campagna di Barletta. Ma alla bella stagione arriva la pista, quante gare al "BellaVita" di Bari. Su tutte una staffetta con Luciano Ostuni, Giuseppe Dadduzio, Salvatore Filannino dell'Atletica Barletta dopo aver ricevuto la carica e i consigli di Ruggiero Gargano, uno di quelli forti. Non mi dilungo. Periodo stupendo.

Terza fortuna con punte di sfortuna. Non ho potuto conoscere il grande Pietro, nemmeno da giornalista. Ricordo il negozio "Mennea Sport", da adolescente ci si usciva "in comitiva" ma questo nome non si leggeva solo sulle insegne. Mennea era il record, era l'obiettivo, era la pista del "Puttilli", era lo sport prima ancora di essere fatica ed impegno, prima ancora di essere un'icona. A Barletta Pietro era di tutti. Non l'ho conosciuto ma l'ho respirato. 19"72 era un mantra, un codice per aprire la cassaforte della passione sportiva.

Il patto narrativo con la fiction ha funzionato completamente, e l'ho trovata ben fatta, ben girata e gli attori convincono. La sceneggiatura colpisce corde luccicanti. Pur con il filtro dello sceneggiato racconta sfaccettature della "Freccia di Barletta", l'epica della lotta con Borzov (indicato come un uomo di pietra, russo archetipico, atleta supremo), impegno tanto. Ed è una delle materie prime mancanti oggi.

I muscoli di un atleta che corre vengono bloccati dalla fatica e dal corpo e sbloccati dal cervello. Ora forse questa città è bloccata dal suo corpo, dalla sua fatica. Ma il cervello sta vedendo la storia di un vero mito, non rimarrà insensibile. Grazie Pietro, forza Barletta.

E grazie ancora, cosa sei riuscito a fare in quella tua bella vita.

@MarioSculco

PS: E' un bel momento per rileggere un ricordo dai nostri archivi, quello di Manuela Olivieri, moglie del grande Pietro.