La perduta terzietà (politica) del Presidente del Consiglio comunale

Il ruolo super partes della Presidenza del Consiglio sembra essere stato minato, sul piano politico, dalle dichiarazioni sottoscritte da Dicataldo

sabato 25 gennaio 2020
A cura di Cosimo Giuseppe Pastore
Se l'uscita allo scoperto di dieci membri dell'amministrazione Cannito consente di definire meglio lo scacchiere su cui si giocherà il prosieguo della consiliatura e, ancor prima, la sfida elettorale che ci attende, allo stesso modo rende di ardua comprensione la scelta politica compiuta dal Presidente del Consiglio comunale, Sabino Dicataldo.

Con la consigliera Mele, non abbiamo più nulla in comune, se non (probabilmente) il partito che nella segretezza dell'urna voteremo alle prossime elezioni regionali


Sottoscrivendo, insieme ad altri nove amministratori locali, la nota stampa contenente questa presa di posizione nei confronti di un consigliere comunale, Dicataldo ha messo seriamente in crisi la terzietà (politica) che il suo ruolo impone.

In realtà, lo aveva già fatto qualche giorno prima, aderendo al gruppo di consiglieri e assessori schieratisi in sostegno di Michele Emiliano e di Filippo Caracciolo per le prossime elezioni regionali. Lo avevamo sottolineato, pensando che la cosa potesse far sorgere qualche lecito interrogativo. Gli interrogativi non sono sorti e il Presidente Dicataldo ci è ricascato, partecipando al botta e risposta politico avviato con la consigliera Stella Mele.

Garante sì, ma di tutti

Chiariamo meglio. Non solo, quindi, il Presidente del Consiglio comunale si è schierato politicamente per l'imminente campagna elettorale, ma lo ha fatto anche sostenendo la posizione, avversa alla Mele, di sei consiglieri comunali e tre assessori, di fatto introducendo dei distinguo nell'assise da lui presieduta. Un comportamento stigmatizzato dalla diretta interessata, Stella Mele:

Che a dichiarare di prendere le distanze da una consigliera comunale siano un Presidente del Consiglio e tre assessori, mi pare un errore istituzionale da principianti della politica. Grave, anzi gravissimo


Sorge il timore che questo "errore istituzionale", frutto di una scelta che definiremmo sprovveduta, abbia delle ripercussioni sull'integrità della Presidenza del Consiglio. Il ruolo super partes, caratterizzato, quindi, da una neutralità che consenta il corretto svolgimento della funzione di garanzia per l'intero Consiglio (maggioranza, opposizioni e anime critiche comprese), sembra essere stato minato, sul piano politico, dalle dichiarazioni sottoscritte da Dicataldo.

"Diniego"

Qualcosa a Palazzo sta accadendo ed è qualcosa che travalica le scaramucce (solitamente personali, prima che politiche) tra i rappresentati della città. Non ha quindi tutti i torti la Mele quando invoca un richiamo all'ordine da parte del sindaco Cannito, le cui "perplessità" sugli ultimi avvenimenti non hanno superato le mura della sua stanza.

Stanley Cohen lo definirebbe "diniego" l'atteggiamento con cui anche le opposizioni, stranamente silenti davanti ad un'occasione tanto ghiotta, rifiutano di riconoscere la realtà. Quella presa di posizione, infatti, potrebbe costare caro alla neutralità politica, ma (si badi bene) non istituzionale, del Presidente del Consiglio che già non vanta un elevato grado di apprezzamento tra la minoranza.

Nessun ostacolo per il Consiglio comunale

Stando alla recente giurisprudenza in materia, corre l'obbligo di informare che non sussistono gli estremi per una revoca dell'incarico ricoperto. La possibilità di revoca del Presidente, infatti, non è tracciata all'interno del T.U.E.L. (Testo unico degli enti locali), pur potendo essere previste ipotesi e procedure di revoca dai singoli statuti comunali.

Lo statuto della città di Barletta, in proposito, dispone che: "Il Presidente e i Vice Presidenti possono essere revocati con mozione di sfiducia a maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio comunale" (ex art 11 comma 2). In più sentenze dei T.A.R., tuttavia, emerge la necessità di dover "provare elementi di paralisi o ostacolo al corretto funzionamento dell'organo consiliare". Ciò significa che: "La revoca di detta carica non può essere attivata per motivazioni politiche, ma solo istituzionali, quali la ripetuta e ingiustificata omissione della convocazione del Consiglio o le ripetute violazioni dello statuto o dei regolamenti comunali" (T.A.R. Campania – Napoli – sez. I, con decisione 3/5/2012 n. 2013).

Nonostante questo sia l'indirizzo maggioritario, si ricordi che in passato la giurisprudenza affermava che: "La revoca della carica di Presidente del Consiglio comunale, adottata dallo stesso Consiglio, è legittima quando si fonda sulla principale considerazione che lo stesso, attraverso una serie di condotte politiche, realizzate all'interno del Consiglio e in altre sedi, abbia assunto un atteggiamento incompatibile con il ruolo istituzionale super partes attribuito alla funzione di garante della corretta dinamica politico amministrativa dell'ente comunale" (Consiglio di Stato, Sent. n. 1042/04 e Tar Campania, Sentenza n. 605/07).