La nostra identità tra preghiera e croce

Le parole di don Vito Carpentiere per il vangelo di oggi

domenica 19 giugno 2016 12.13
Dal vangelo secondo Luca: "Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell'uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà»".

Nel Vangelo di San Luca il capitolo nono, che, saltando alcuni versetti, oggi cominciamo a leggere, costituisce un'interessante svolta nell'itinerario di Gesù. Pur trovandosi con i suoi discepoli, Gesù è solo nella preghiera, come per dire che i suoi ancora non condividono lo stesso cammino. Molti autori affermano che nel terzo vangelo tutti i momenti più importanti vengono sigillati dalla preghiera; ma è meglio dire che nella preghiera Gesù ha assunto le decisioni più importanti. Questo perché nella preghiera sappiamo chi siamo: siamo figli; nella vita spesso non sappiamo chi siamo. La preghiera ci aiuta a mettere davanti a Dio il nostro tempo e ci aiuta a viverlo in obbedienza a lui. È pregando che comprendiamo il tempo E ne facciamo una occasione the relazione d'amore per per Dio e per i fratelli. Dopo essersi fermato a pregare ecco che Gesù rivolge ai suoi discepoli la domanda: "Le folle chi dicono che io sia?" Le risposte che essi portano presentano una scarsa comprensione di Gesù: Giovanni il battista, Elia, uno degli antichi profeti. Tutti personaggi passati! Ma Gesù appartiene a ieri o all'oggi? Ecco perché Gesù rincalza la domanda: voi chi dite che io sia? Qui solo Pietro risponde: il Cristo di Dio. La risposta è vera ma non è completa. D'altra parte a Gesù non interessa la formula esatta, Non desidera una risposta da manuale, Ma la comprensione che di lui,Dio-uomo, hanno scoperto i discepoli relazionandosi con lui. Ma egli è veramente il Messia atteso? O supera le aspettative d'Israele? O le disattende?

Egli, più che riprendere il discorso, sembra voler completare: il Figlio dell'uomo…. Ma come? Non è Figlio di Dio? Egli preferisce usare l'espressione Figlio dell'uomo: è sì Figlio di Dio, ma non bisogna affatto soprassedere alla logica dell'Incarnazione: Egli è Figlio dell'uomo, Figlio di Adamo, Figlio di Maria, colui che ha assunto fino in fondo la nostra debolezza mortale trasformandola dal didentro in un punto di forza. Stupisce anche il fatto che abbia intimato il silenzio. A volte si tace per necessità; spesso taciamo per convenienza; ma capita anche di tacere perché non sappiamo che cosa dire. Ma a volte tacere è anche pazientare perché il silenzio renda più efficace la Parola che poi deporremo delicatamente su di esso.

E Gesù indica la via della croce. E' bello che i dati della nostra identità giocano tra preghiera e croce. Gesù invita a farsi carico della croce. Significa assumerne la logica intrinseca, prendersi cura dell'altro, tenerlo a cuore, uscendo da sé (ex-istere), operando un passaggio dalla vita per sé alla vita per gli altri. Significa "smettere di adorare se stessi" (cfr. Tommaso da Celano, Vita di san Francesco). Una vita donata riempie di gioia infinitamente di più di una vita trattenuta per sé. Una croce non subìta ma scelta che porta dritto alla resurrezione, vita donata in pienezza. Che questa giornata sia sigillata da un momento di preghiera in cui, relazionandoci con Lui, ricompensiamo noi stessi e ci apriamo al dono che riempie l'esistenza. Buona domenica.

[don Vito]