La “Memoria Fotografica” sul crollo di Barletta è conclusa

I 40 scatti del crollo di Via Roma, ora itineranti. Tanti i cittadini che hanno osservato le foto, partecipando e commentando

giovedì 10 novembre 2011 19.14
A cura di Michele Sarcinelli
Non è stato un debole, apatico, casuale percorso quello che migliaia di persone hanno fatto nel Galleria del Teatro Curci, sospettosi di vedere solo le macerie del crollo di via Roma a Barletta. C'è stato di più, molto di più negli scatti dei nostri fotografi e nelle interpretazioni sottostanti le immagini che hanno dialogato con la tragedia raffigurata e con chi ha partecipato a quella Memoria Fotografica non semplicemente osservandola. La Memoria è stata pensata in redazione con oggettiva perplessità, lunga perplessità. "Farla o no?". La conferma ci è arrivata fondamentale da chi, quelle macerie, le ha avute addosso rischiando inconsapevolmente la vita. Le abbiamo, allora, esposte nella migliore condizione estetica. Sì, non è sbagliato il termine. Il dolore non può essere inelegante; deve rispettare comunque la dignità di chi gli si avvicina incauto o consapevole. "Estetica" per la Memoria Fotografica ha significato non essere cruenti, rappresentando solo le foto-denuncia e non quelle cinicamente crude delle barelle sanguinanti. Denuncia, quella sì davvero forte, perpetua, oltre che sui pannelli, sempre attuale nei nostri prossimi articoli.

La triste, riaffermata condanna per quanto è accaduto, ha circondato ogni capannello di persone che a lungo si è soffermato in galleria. Molti sono tornati accompagnando altri amici, parenti. Spiegavano, interpretavano, capivano con sorprendente conoscenza del dramma che deve colpire qualsiasi memoria, anche quella infinitesimale che Barlettalife ha proposto. Ma è stato il corretto silenzio di ognuno, la personale meditazione a rendere importanti le foto del crollo. Questa è la esclusiva ragione della nostra cronaca fotografica. Ma, dobbiamo ammetterlo, una foto ci è stata contestata, una delle ultime, più nascosta di altre, che ha impressionato politici di rango o no mentre assistono ai funerali. In quel giudizio abbiamo sentito forti rumori, gli unici che hanno disincantato il silenzio e l'osservazione. Ma la cronaca ci fa leggere che quella foto non esiste più. Non l'abbiamo scartata noi, visto che assumersi le responsabilità è uno dei doveri di chi fa cronaca. Proprio quella foto si è deteriorata perché insistenti gocce di pioggia hanno superato le vetrate della cupola della Galleria del Curci, invadendo e rovinando il pannello. La richiesta di giustizia e di pronte verità sono state reclamate da tutti, indistintamente.

Polemicamente devo chiudere questa riflessione, scrivendo che solo due assessori comunali e due consiglieri hanno interpretato la Memoria Fotografica e la gente di Barletta. Nessun altro maggiorente politico si è misurato con i bianco-grigi e i colori dell'estenuante dramma che abbiamo memorizzato. Questo è coerente con la Memoria Fotografica che diventa itinerante per non dimenticare. Chissà come verrà interpretata e letta la cronaca che descrivo di una visita solitaria fuori dai folti cori. Jeans e uno scamiciato impermeabile blu, senza scorta, senza clamore, senza auto blu, con la stessa invisibilità di chi il 3 ottobre scorso ha lavorato tra le macerie. Credo si chiami Carlo Sessa…
E' più che doveroso, al termine della Memoria Fotografica, rivolgere un rinnovato appello affinchè il piccolo crocifisso di terracotta, esposto in Galleria e vilmente asportato dal pannello su cui era esposto, venisse doversamente riconsegnato alla famiglia Lanotte-Antonucci, due volte sofferente per la perdita della propria casa e per questo inqualificabile atto di meschinità.

La redazione