Istituire un reddito sociale in Puglia

Una iniziativa di Alternativa Comunista. Contro gli “speculatori”, a favore dei lavoratori

martedì 25 ottobre 2011
In Puglia il tasso di disoccupazione e la precarietà dei giovani lavoratori continuano ad aumentare notevolmente a causa della crisi economica capitalista. Per tal motivo "Alternativa comunista" di Barletta si è mobilitata, domenica 23 ottobre, a raccogliere firme per l'istituzione di un Reddito sociale per disoccupati e precari; la campagna si sta svolgendo contemporaneamente in tutta la Regione. L'obiettivo del Reddito sociale è destinare i finanziamenti pubblici non più al padronato ma a disoccupati e precari.

Sia la Regione Puglia che i vari governi nazionali che si sono susseguiti (tanto di centrosinistra quanto di centrodestra) hanno elargito milioni di euro ai "padroni" che li hanno utilizzati per arricchirsi e in seguito hanno delocalizzato la produzione ottenendo come risultato una massa sempre più imponente di disoccupati. Si pensi che negli ultimi dieci anni sono stati dati al padronato, tra finanziamenti diretti e indiretti, 10 miliardi di euro e il tasso di disoccupazione in Puglia è arrivato al 23%.

L'unica risposta che i lavoratori che si sono ritrovati senza impiego hanno avuto è stata la cassa integrazione, definita da Alternativa comunista una vera e propria "elemosina sociale ", che spesso viene anche erogata in ritardo. Ciò che è invece necessario ora è fare in modo che non siano più i lavoratori a pagare le conseguenze della crisi capitalista, ma i padroni che l'hanno generata. Il governo nazionale, a breve, verserà nelle casse della Regione Puglia circa 3 miliardi di euro dei Fondi Fas (fondi per le aree sottoutilizzate): è in questo momento che bisogna agire. I membri di Alternativa comunista in quanto rappresentanti di lavoratori, disoccupati e precari, chiedono dunque che tali fondi (insieme ad altri fondi pubblici a disposizione) siano utilizzati per la creazione di Reddito sociale pari al salario di un operaio. Il Reddito andrebbe a configurarsi come una misura transitoria in questa fase di crisi economica, integrando anche indennità di cassa integrazione e stipendi "da fame".