In radio suona l’inno d’Italia mentre il metro di distanza ci separa da tutto

È l’Italia del Coronavirus, in cui ognuno è potenzialmente letale per l’altro

domenica 22 marzo 2020 7.23
A cura di Cosimo Giuseppe Pastore
C'è l'inno d'Italia in radio mentre si è in fila alla cassa del supermercato, rispettando il metro di distanza tracciato sul pavimento che separa l'uno dall'altro. È una linea rossa a tempo indeterminato che non è dato sapere quando verrà cancellata, ma che si sta imparando ad accettare, come se quella distanza di sicurezza tra te e gli altri sia sempre esistita.

Eppure l'Italia è diventata zona rossa, senza distinzioni, da poco meno di due settimane. È passato solo un mese, invece, dal paziente uno di Codogno. Trenta giorni scanditi da bollettini e necrologi che ad oggi contano più di 50 mila contagi dall'inizio dell'emergenza e migliaia di decessi.

Negli occhi, lasciati liberi dalle mascherine, non c'è paura, ma diffidenza. Si cammina come se si stesse attraversando in auto una curva di montagna a doppio senso, con la cautela nel superarsi, ma velocemente ed evitando contatti. Ognuno è potenzialmente letale per l'altro, ma quando ci si ritrova fianco a fianco, ad imbustare la scorta acquistata, nessuno ne è al corrente. Si corre via, con lo sguardo basso e l'inno d'Italia che fioco, ormai in lontananza, viene sostituito dai tricolore che sventolano alle finestre, a ricordarci quanto il virus ci stia togliendo, ma allo stesso tempo quanta responsabilità ci stia imponendo di assumere.

Alle passeggiate sul corso si sostituiscono le file in farmacia. Una boccata d'aria è consentita, seppur a pochi passi da casa e giustificata da un valido spostamento. Non esiste norma, né sanzione che possa supplire al buon senso. È l'Italia del 2020. È l'Italia del Coronavirus.

Scenari che mai avremmo creduto di vedere, desideri che mai avremmo pensato di provare. Cosa si darebbe per vedere il mare? Quanto bisogna attendere ancora per riabbracciare gli affetti, sicuri di non fare loro del male? Adesso che non c'è più una scadenza, adesso che il "picco" viene rinviato ancora, non ha più importanza.

Non importa, perché a silenziare anche i balconi che, romantici, esorcizzavano la paura cantando Celentano, ci sono medici e infermieri che tornano in corsia dopo la pensione per dar forza a terapie intensive al collasso. E poi ci sono i feretri, trasportati in silenzio dall'esercito e le lacrime di migliaia di famiglie devastate dalla perdita. Famiglie che non chiedono a che ora tornerà l'aperitivo o quando si potrà godere dei primi spiragli di primavera, ma in quale giorno sarà loro consentito di portare fiori sulle tombe dei loro cari e di ricevere gli abbracci consolatori, negati da funerali vietati.

Davanti a tutto questo, le polemiche, le battute di bassa levatura ed ogni altro sterile desiderio, diventano uno schiaffo immorale alle vite senza colpa portate via prima del tempo.