Antonio Daloiso: «Orgoglioso di aver rappresentato la città, l'affetto della gente è travolgente»

"Il più grande pasticciere" si racconta ad una settimana dal trionfo televisivo

martedì 30 dicembre 2014 11.04
A cura di Adriano Antonucci
Determinazione, grinta, sicurezza nei propri mezzi e tanto tanto talento. Questo è Antonio Daloiso, "Il più grande pasticciere", trionfatore del talent show che ha tenuto incollati milioni di italiani davanti ai teleschermi per più di un mese. Ad una settimana dal successo, il 25enne neo membro dell'Accademia Maestri Pasticcieri Italiani (più giovane componente in assoluto) ci racconta le proprie emozioni e le proprie sensazioni ripercorrendo la strada che lo ha portato al successo con sullo sfondo l'orgoglio di aver rappresentato la sua città, che lo ha ricambiato riempendolo di affetto ed entusiasmo.


Antonio, da pasticciere affermato, campione del mondo juniores 2011, come sei arrivato a prender parte ad un programma televisivo?
«Avevo voglia di mettermi nuovamente in gioco ed ho partecipato a varie selezioni con prove pratiche e teoriche tra 400 pasticcieri in tutta Italia. Alla fine di queste selezioni sono arrivato ad essere uno dei partecipanti del programma di RAI 2».

Che impatto hai avuto con il mondo televisivo? Hai avuto difficoltà nel passare dalla privacy del laboratorio all'obiettivo delle telecamere?
«Quello della TV è assolutamente un mondo a parte e forse nemmeno si riesce a immaginare cosa sia. Io avevo già lavorato con delle emittenti locali ma non è paragonabile all'esperienza del "Più grande pasticciere". Cambia il modo in cui ti approcci al lavoro oltre ovviamente al riscontro che si ha con la gente. Se pensi che già prima di vincere la finale, passeggiando davanti al Duomo di Milano mi è capitato di essere fermato e riconosciuto dai passanti, puoi immaginare cosa comporti e che responsabilità si abbia nel lavorare sotto gli occhi di milioni di persone».

Una curiosità, è stata dura mantenere il silenzio su quello che era il risultato finale? Sapevi di aver vinto?
«Devo dire la verità, non sapevo di aver vinto. C'era una doppia opzione per me e Gianluca e solo alla fine è stata scelta la mia. Chi mi stava vicino sapeva che ero arrivato in finale ma è stato curioso osservare il rincorrersi delle voci in città che mi volevano di volta in volta eliminato o vincente».

Nonostante un titolo mondiale e innumerevoli premi conseguiti, la vittoria del titolo di "Più grande pasticciere" può essere considerata la più grande nella tua carriera fino a questo momento?
«No, non è stata l'emozione più grande anche se il mio pianto in TV può aver fatto trasparire questo. Il mio pianto è stata una questione di stress. Inizialmente ci avevano comunicato che le registrazioni si sarebbero svolte nel fine settimana e in un giorno infrasettimanale variabile. Successivamente la produzione si è resa conto che la pasticceria è un qualcosa di più difficile della cucina in se e ci siamo ritrovati a girare per 45 giorni di fila senza mai tornare a casa. Si girava in orari particolari, anche di notte o all'alba, il mio pensiero andava alla famiglia e al locale per quanto tutto sia stato molto affascinate e bello alla fine sono crollato. Posso senza dubbio affermare che questa esperienza è stata più dura anche del mondiale. Per una competizione come quella iridata ti prepari e nonostante la comprensibile emozione sai quel che devi fare, vai spedito come un treno può andar bene o male. Durante la competizione del "Più grande pasticciere" siamo stati sempre sul filo ci si ritrovava a sostenere prove come la preparazione di un croquembouche o altri dolci con i quali si poteva anche non essersi mai cimentati con le difficoltà che potete immaginare».

Lungo il corso del programma è emerso il tuo carattere forte e caparbio che ti ha sospinto fino alla vittoria finale, ma c'è stato un momento di insicurezza, un momento in cui hai pensato che non saresti arrivato fino in fondo?
«Una caratteristica fondamentale del mio carattere è assolutamente quella di essere molto determinato. Credo che non si possa partire per un competizione con il pensiero di non arrivare fino in fondo, di non vincere. Per me si partecipa per vincere, l'ho sempre pensato anche al mondiale. Certo arrivare secondi può andar bene ma io gareggio per vincere. Penso che il secondo sia il primo dei perdenti e forse più che arrivare secondo avrei preferito arrivare terzo come dicevo anche al mio amico Roberto (che poi si è effettivamente classificato terzo alla fine del programma). Il secondo posto, sarebbe stata un beffa troppo grande, questo è il mio modo di intendere la competizione».

Potrà sembrare banale ma mi sembra interessante chiederti quanto abbia contato per te, il supporto della famiglia e delle persone più vicine
«Se sei solo, puoi essere anche la persona più in gamba del mondo, puoi andare oltre gli ostacoli, ma hai dei limiti. Senza appoggio di chi ti vuole bene certe prove non si superano. Questo vale per la vita per il lavoro e per tutto. Prendiamo il lavoro, ad esempio, senza il mio staff, senza i miei ragazzi non potrei soddisfare tutto ciò che mi viene chiesto, il sostegno è assolutamente fondamentale».

Ci racconti un po' la tua "Africa", la torta che ti ha portato al trionfo?
«È senza dubbio una torta particolare, che richiede molto impegno e tempo a disposizione. La dedica, la conoscete già, è per due amici uno in partenza e l'altro di ritorno dall'Africa».

Hai sentito durante il programma l'orgoglio di rappresentare la città di Barletta?
«La vetrina di un programma con due milioni di telespettatori è assolutamente rilevante. Quando ho vinto il titolo mondiale la cassa di risonanza era circoscritta alla sola città di Barletta mentre in questo caso ho avuto la soddisfazione grandissima di poter rappresentare la mia città con la consapevolezza di essere guardato da tutta Italia».

Come stai vivendo questi giorni immediatamente successivi alla vittoria?
«La città mi sta riempendo di affetto, quasi non posso andare in giro per strada. Devo dire che sono davvero contento di questo».

Un libro in uscita, l'ingresso nell'Accademia dei Maestri Pasticcieri Italiani come più giovane componente di essa, quali altri progetti per il futuro ha Antonio Daloiso?
«Ti devo confessare che non scherzo quando dico che non so cosa farò da grande. Vediamo cosa mi porta il futuro, chissà forse da grande non farò il pasticciere da grande».
Antonio Daloiso intervistato da Adriano Antonucci © Luca Guerra
Antonio Daloiso © Luca Guerra