Il Barletta e il suo cronico mal di trasferta

A Catanzaro sesta sconfitta esterna su sette gare disputate

domenica 23 novembre 2014
A cura di Adriano Antonucci
Un solo punto conquistato, perdipiù sul campo della non irresistibile Reggina, per il resto solo sconfitte, sei su sette gare giocate lontano dal "Puttilli". È vero che le trasferte, si dice si costruiscano in casa, ma è vero che ormai il mal di trasferta per il Barletta sta diventando cronico ed è anche vero che se tra le mura amiche non si è dei veri e propri rulli compressori, ed il Barletta non lo è, qualche punticino lontano da casa bisognerebbe cominciare a farlo. I biancorossi spesso ci vanno vicino, ma poi puntualmente arriva l'errore che compromette tutto e così è stato anche nella trasferta in Calabria.

Quei dieci minuti fatali
A Caserta fu Idda al minuto 88, a Pagani fu una clamorosa autorete di Kiakis al minuto 83, a Catanzaro è toccato a Kamara al minuto 89. Come appare evidente, tre delle sei sconfitte esterne dei biancorossi sono arrivare negli ultimi dieci minuti di gara, quando il risultato positivo sembrava davvero ad un passo. Coincidenze? Sfortuna? Probabilmente no, probabilmente la motivazione reale è da cercarsi in insipegabili cali di concentrazione. Appare chiaro che se si subiscono due clamorosi gol su calcio piazzato come nelle trasferte campane ed un gol con un palese errore di movimento della difesa come quello di Catanzaro (con l'attenuante di essere in dieci uomini) la spiegazione non possa che essere addebitata a cali di attenzione, dei quali non si conoscono le cause e che spetterebbe al mister correggere e risolvere.

Tanto rumore per nulla
La cronicità del mal di trasferta biancorosso si manifesta non solo nella modalità sempre uguale delle sconfitte ma anche nelle prestazioni che fatta salva la scialba prova offerta ad Aprilia contro la Lupa Roma, sulla carta non sarebbero poi proprio da gettare. Ma è proprio quel "sarebbero" a fare la differenza. In quasi tutte le gare lontano dal "Puttilli" i biancorossi riescono a tenere bene il campo e danno l'impressione di poter anche andare in gol da un momento all'altro, ma in realtà non riescono mai a far male ed anche quando vi riescono arriva il già citato calo di concentrazione a compromettere tutto. L'incapacità di far gol, l'appoggiarsi solo sulle giocate di Floriano, non degnamente supportato da un Fall che nonostante la solita generosità proprio non vede la porta, uniti ad una difesa che prima o poi qualcosa la concede sono un limite troppo grande per una squadra che spera di salvarsi senza passare dai play-out. E quindi, rifacendosi ad una improvvida dichiarazione di mister Sesia che qualche tempo fa faceva notare come da molto tempo a Barletta non vedessimo un calcio di buona qualità, verrebbe da dire che il nostro è un calcio champagne, sì, ma senza bollicine.

Il silenzio stampa (locale) e l'unità dell'ambiente
Era l'ormai il lontano 9 novembre quando il Barletta, all'indomani della bella vittoria contro il Martina Franca dichiarava il suo silenzio stampa a causa di "notizie atte a destabilizzare l'ambiente" come riportato dal comunicato stampa della società. Ebbene, venerdì dopo 12 giorni di silenzio e nessun comunicato che ne attestasse la fine, il presidente Perpignano nell'intervallo del match del "Ceravolo" è apparso ai microfoni di Raisport per esprimere il proprio giudizio sul momento del Barletta e sul primo tempo della sfida a cui stava assistendo.

Bene, se è innegabile che il fascino di mamma RAI non può lasciare indifferenti, non si può certo negare che la concessione di tale "deroga" abbia lasciato fortemente sorpresi. Spesso, da parte della società si è invocata l'unità dell'ambiente, invito sacrosanto e giusto, anche in vista di partite delicatissime come le prossime due contro Aversa Normanna e Vigor Lamezia, ma l'unità si costruisce rispettando tutte le componenti. Ed allora, sarebbe giusto tornare a coinvolgere anche la stampa "locale", sarebbe giusto rendere partecipi i tifosi di quanto sta accadendo, sarebbe giusto provare a spiegare il perchè di tutte queste sconfitte esterne, sarebbe giusto far trasparire certezze, far trasparire la voglia di far bene, sarebbe giusto uscire dal bunker. Anche in questo modo si raggiungono le salvezze, testimonianza ne è quanto accaduto due stagioni fa, quando anche nei momenti peggiori, e con le normali tensioni del caso si remava tutti dalla stessa parte. Per farlo, due minuti ai microfoni di mamma RAI non bastano, forse, è ora di tornare a farsi sentire.