"Il Barletta Calcio è il mio amore, ma l'amore è eterno finchè dura"

Il Barletta e Tatò, fine di una passione raccontata in un pomeriggio di novembre

venerdì 22 novembre 2013 0.57
A cura di Adriano Antonucci
Questa volta, forse, è davvero finita. La storia d'amore tra il Barletta e Roberto Tatò sta davvero volgendo al termine, una storia come tutte le relazioni amorose che si rispettino, fatta di alti e bassi ed arrivata ad un punto di non ritorno come il presidente ha voluto raccontare in terso pomeriggio novembrino davanti a circa 150 persone ansiose di sapere quale sarà il destino della passione che loro stessi condividono con Tatò, il Barletta calcio.

Tante colpe poche ammissioni
Visibilmente emozionato, alle 17,05 Tatò prende posto dietro la scrivania predisposta su un piedistallo quasi a voler ricordare la sua posizione di numero 1 e comincia a raccontare, a esporre il suo turbamento, ad esporre le cause che lo stanno spingendo ad abbandonare la sua grande passione. La tifoseria organizzata, la stampa locale, la sfortuna, il distacco dell'amministrazione comunale e la crisi economica: sono questi i fattori che hanno spinto il numero 1 di via Vittorio Veneto a dire basta perchè stufo di sentirsi: "accusato e isolato", ed il tutto "nell'indifferenza, per non dire masochistica soddisfazione della città". Tra tutte queste colpe Tatò si assume la responsabilità di alcuni errori che afferma di aver commesso in "buona fede, magari per indulgenza e amore verso il Barletta", non tollerando però di essere criticato per "colpe che non ho commesso, per scelte, fatte sempre per costruire una società solida e raggiungere traguardi sportivi". Da queste parole in realtà traspare poca chiarezza, quali sarebbero le responsabilità che Tatò si assume? E quali precisamente quelle che non tollera? Il suo riferimento tra le "colpe" alla tifoseria organizzata, viene respinto dai diretti interessati che ribattono manifestando tutto il loro amore per una squadra a cui sono stati e a cui saranno sempre vicini nonostante i risultati che dire poco lusinghieri è un eufemismo.

Il passato è una terra straniera
Il passato è una terra straniera, si intitolava un film magistralmente interpretato da Elio Germano dove il passato veniva rappresentato come un'entità distante anni luce dal presente, ebbene anche per il Barletta è accaduto qualcosa di simile. Sembrano passati secoli da quella stagione 2011-2012 quando il Barletta avrebbe dovuto spaccare il mondo ma "la corsa-playoff è stata interrotta per un solo, maledetto punto, inflitto da una ingiusta penalizzazione". La ferita del maggio 2012 è ancora fresca per Roberto Tatò e nel pomeriggio dell'addio il presidente non può fare a meno di riparlarne, perchè forse proprio da lì sono cominciati tutti problemi, da una giustizia secondo lui sbagliata a cui ha cercato di opporsi in tutti i modi: "E' stata un'ingiustizia, c'era la Cremonese che all'epoca era sottoposta a un procedimento di tipo penale. Al Tnas avevo chiesto di unificare le cose: i fatti successivi li conoscete in parte. Avevo chiesto che fossero sospesi i playoff per consentire il processo a carico della Cremonese: i fatti sono che la Cremonese ha giocato i playoff, e in udienza la Cremonese ha chiesto il patteggiamento. In primo grado ebbe un punto di penalità". Queste le parole di Tatò sulla vicenda, parole a cui manca però ancora una volta l'autocritica per una leggerezza che forse si poteva evitare. La scottatura del 2011-2012 ha portato poi "una stagione sfortunata, con tanti giovani che non crescevano", tre allenatori ed un direttore sportivo, per altro barlettano, sostituiti per arrivare ad "una salvezza ottenuta sul fil di lana, con gli spareggi, una salvezza ad Andria che ci ha dato gioia e voglia di fare bene". Da quella voglia di far bene è nata la famosa frase pronunciata a giugno quando Tatò ha ricordato che: "Sarebbe stato mio desiderio entrare nella griglia-playoff: questo doveva essere un campionato di passaggio e costruzione, è stato un anno di castrazione. Senza retrocessione pensavo si potesse lavorare con tranquillità: invece no. I risultati sono deludenti."

Il presente, Martino, Orlandi e la squadra
I risultati sono deludenti, ha ammesso Tatò che a chi gli ha fatto notare come questi potessero essere ascrivibili al duo Martino-Orlandi ha risposto sgombrando ogni dubbio: "Il progetto di Martino è il mio, l'ho sposato io. Non c'è alcuna volontà da parte mia di modificare un progetto iniziale, non solo economico: sarebbe stato traumatico per l'ambiente interno", aggiungendo anche che: "Quando ho chiamato Martino a gennaio 2013, abbiamo provato a salvare la squadra, ci siamo riusciti e abbiamo parlato di un progetto pluriennale. Per portare avanti un progetto servono le basi giuste: non abbiamo avuto continuità, non si è mai consentito a un uomo di restare a Barletta per più di sei mesi. Qualcuno l'ha tenuta là, io ho fatto tutto quello che sapevo e potevo fare". Difese ancora una volta le proprie scelte e confermati Martino e Orlandi, Tatò ha parlato della squadra raccontando di come l'abbia spronata ad onorare la maglia fino alla fine auspicando che come accadde a marzo scorso ci sia una svolta che per lui, "Può venire solo da loro".

Il futuro è tutto da scrivere
Al termine di questa lunga disamina, di questo lungo addio, quel che rimane è una sensazione di vuoto, di dubbio su quello che sarà il futuro del Barletta. Tatò è fiducioso che "qualcuno si farà avanti" ma questo qualcuno per lui dovrà "garantire al Barletta continuità e solidità economica, senza avventure". I dubbi su questo permangono e la risposta su cosa accadrebbe se nessuno si presentasse non è certo delle più rassicuranti: "Se nessuno esprimerà niente, dovremo prendere tutti atto del fatto che ci sono difficoltà serie, pesanti: il mio disimpegno è definitivo", seppur con una piccola porticina lasciata aperta per chi volesse coinvolgerlo in un progetto, in una squadra come "ultimo dei rinforzi". Alle 18,05 di giovedì 21 novembre, esattamente un' ora dopo da quando era cominciato si è concluso il lungo addio del presidente Tatò al Barletta, un addio che lascia ancora tanti interrogativi da cui ne emerge uno, il più grande di tutti, che si insinua come un ritornello: "Che fine farà il Barletta" o meglio, come il barlettano verace direbbe: "C fein va fè u Varrett?". Staremo a vedere, la strada sarà ancora lunga, giugno è ancora lontano e tante cose dovranno accadere prima di arrivare ad una risposta che si spera sia la migliore possibile perchè "L'amore è eterno finchè dura", e quello di Barletta per il Barletta di certo durerà per sempre.