Guerri: «Auguro ogni bene a Barletta, in estate mi sarebbe piaciuto tornare»
Intervista al doppio ex della partita tra i biancorossi e il Gubbio
venerdì 8 novembre 2013
Un capitano non vorrebbe mai abbandonare la propria nave, ma ci sono momenti e contingenze che costringono a farlo. In un Barletta dal futuro nebuloso, nell'estate 2012 il primo a trovare una nuova "casa" sportiva è stato l'ex capitano Simone Guerri. Il centrocampista toscano, classe 1982, è stato infatti uno dei primi rinforzi del Gubbio, società retrocessa in Prima Divisione dopo un anno di serie B. Guerri, che il 27 giugno ha compiuto 31 anni, ha collezionato con la maglia del Barletta 55 presenze in campionato in due anni, mettendo a segno anche due gol. Centrocampista di quantità, uomo-spogliatoio, capitano biancorosso in diverse partite, Guerri ha lasciato un buon ricordo a Barletta. L'anno scorso è passato da Gubbio, con 15 presenze e 4 centri, numeri non sufficienti per la conferma. Ora è a Sassari, in Seconda Divisione, dove ha ritrovato Cari in panchina, e gioca per noi da doppio ex Gubbio-Barletta, tra ricordi e futuro:
Simone, per te Gubbio-Barletta non può essere una partita da vivere come semplice spettatore.
«Ho bei ricordi con entrambe le società, sono molto più legato a Barletta però. So che ci sono stati dei problemi a Barletta, so che il presidente vorrebbe mollare e mi spiace tanto».
Il presidente Tatò ha recentemente annunciato l'addio al club a partire da luglio 2014. Che rapporto hai avuto con lui?
«Ho avuto un buon rapporto, senza troppi colloqui diretti ma comunque di stima reciproca. Io ho apprezzato molto le sue doti umane: ama la squadra, la città e molte volte quando mancavano i risultati agiva d'istinto, magari con scelte che a posteriori hanno fatto più male che bene e probabilmente avevano bisogno di maggiore serenità. Da parte nostra, nel 2012 c'era gran rammarico per aver mancato un risultato alla nostra portata, ma al tempo stesso, trattandosi di un progetto biennale, ci è spiaciuto vedere un pò smantellata la squadra».
A Barletta 55 presenze e 2 reti per te: il momento più bello e quello che cancelleresti all'ombra di Eraclio.
«Di momenti belli ce ne sono stati tanti: anche nel primo anno, nonostante le difficoltà, abbiamo trovato vittorie storiche come quelle di Benevento e Foggia. Tra i momenti brutti, ricordo quello di Sturno, che ha condizionato a livello di tranquillità della rosa la stagione: ci fu un piccolo disagio personale da questo punto di vista. Ci sono state frizioni con la curva che magari a posteriori se gestite meglio potevano far fruttare di più».
A giugno 2012 poi la separazione per fine contratto. Pensavi di non essere confermato?
«Non me l'aspettavo. E' finito il campionato e ci hanno comunicato i nomi di chi doveva ancora allenarsi per un mese: ricordo il cambio di direttori sportivi a fine stagione, è tutto successo a fine stagione».
L'allenatore con il quale hai lavorato meglio?
«Sicuramente Cari: sul piano della preparazione delle gare e del lavoro mi sono trovato sicuramente meglio».
Ci sono compagni con i quali sei ancora in contatto?
«Sento molto spesso Masiero, con il quale al tempo ero molto legato. Continuo a sentirmi con Mazzeo, Simoncelli, Infantino, Pane: diciamo che avevamocreato un bel gruppo, e magari dall'esterno questa cosa non era stata percepita».
A Gubbio cosa non ha funzionato invece?
«Gubbio è sempre stata una piazza particolare, molto legata al Parma. Si era partiti a inizio anno con un budget e delle valorizzazioni che andavano rispettate. Abbiamo subito sette sconfitte consecutive, in cui però bisognava tener conto del gioco delle rotazioni e dei minutaggi. Fossimo stati una grande squadra, magari li avremmo superati».
Che differenza c'è tra le due piazze?
«Sembrava un altro sport (ride, ndr). A Barletta il secondo anno avvertivi il peso, la pressione, il che è comunque una cosa bella. A Gubbio invece si viveva il calcio con maggiore tranquillità: diciamo che sono stato bene un mese, ma poi mi mancava il calore pugliese. Una via di mezzo sarebbe l'ideale».
Ora sei a Sassari, di nuovo con Cari. Come procede l'avventura in terra sarda?
«Dovevo rimanere a Gubbio, dove avevo un ottimo rapporto con i compagni di squadra e il direttore sportivo. Lui mi ha fatto i conti davanti, spiegandomi che di over ne poteva tenere tre che giocassero, e il budget era diminuito. Io ho sempre aspettato loro, solo dopo mi sono guardato intorno: in Lega Pro ci sono pochi "over", poi ha chiamato il Torres. Ho sentito qualcuno di Barletta per un eventuale ritorno, ma non c'erano le basi per il ritorno».
Dall'esterno, che squadre sono oggi Barletta e Gubbio? Come finisce domenica?
«Del Barletta non so molto, il Gubbio ha fatto una squadra molto giovane, con tanti prestiti dal Parma. Loro in casa sono una squadra temibile, in cui Caccavallo può fare la differenza. Siamo diventati molto amici in Umbria: diciamo che vedo favorito il Gubbio».
Simone, siamo al termine della nostra intervista. Come vuoi salutare città e tifoseria?
«Io colgo l'occasione per dare un abbraccio alla piazza di Barletta. La sento molto vicina anche ora come piazza: abbiamo vissuto alti e bassi, come in tutti i rapporti, e gli auguro ogni bene. Spero che il presidente ci ripensi e che porti il Barletta in serie B».
(Twitter: @GuerraLuca88)
Simone, per te Gubbio-Barletta non può essere una partita da vivere come semplice spettatore.
«Ho bei ricordi con entrambe le società, sono molto più legato a Barletta però. So che ci sono stati dei problemi a Barletta, so che il presidente vorrebbe mollare e mi spiace tanto».
Il presidente Tatò ha recentemente annunciato l'addio al club a partire da luglio 2014. Che rapporto hai avuto con lui?
«Ho avuto un buon rapporto, senza troppi colloqui diretti ma comunque di stima reciproca. Io ho apprezzato molto le sue doti umane: ama la squadra, la città e molte volte quando mancavano i risultati agiva d'istinto, magari con scelte che a posteriori hanno fatto più male che bene e probabilmente avevano bisogno di maggiore serenità. Da parte nostra, nel 2012 c'era gran rammarico per aver mancato un risultato alla nostra portata, ma al tempo stesso, trattandosi di un progetto biennale, ci è spiaciuto vedere un pò smantellata la squadra».
A Barletta 55 presenze e 2 reti per te: il momento più bello e quello che cancelleresti all'ombra di Eraclio.
«Di momenti belli ce ne sono stati tanti: anche nel primo anno, nonostante le difficoltà, abbiamo trovato vittorie storiche come quelle di Benevento e Foggia. Tra i momenti brutti, ricordo quello di Sturno, che ha condizionato a livello di tranquillità della rosa la stagione: ci fu un piccolo disagio personale da questo punto di vista. Ci sono state frizioni con la curva che magari a posteriori se gestite meglio potevano far fruttare di più».
A giugno 2012 poi la separazione per fine contratto. Pensavi di non essere confermato?
«Non me l'aspettavo. E' finito il campionato e ci hanno comunicato i nomi di chi doveva ancora allenarsi per un mese: ricordo il cambio di direttori sportivi a fine stagione, è tutto successo a fine stagione».
L'allenatore con il quale hai lavorato meglio?
«Sicuramente Cari: sul piano della preparazione delle gare e del lavoro mi sono trovato sicuramente meglio».
Ci sono compagni con i quali sei ancora in contatto?
«Sento molto spesso Masiero, con il quale al tempo ero molto legato. Continuo a sentirmi con Mazzeo, Simoncelli, Infantino, Pane: diciamo che avevamocreato un bel gruppo, e magari dall'esterno questa cosa non era stata percepita».
A Gubbio cosa non ha funzionato invece?
«Gubbio è sempre stata una piazza particolare, molto legata al Parma. Si era partiti a inizio anno con un budget e delle valorizzazioni che andavano rispettate. Abbiamo subito sette sconfitte consecutive, in cui però bisognava tener conto del gioco delle rotazioni e dei minutaggi. Fossimo stati una grande squadra, magari li avremmo superati».
Che differenza c'è tra le due piazze?
«Sembrava un altro sport (ride, ndr). A Barletta il secondo anno avvertivi il peso, la pressione, il che è comunque una cosa bella. A Gubbio invece si viveva il calcio con maggiore tranquillità: diciamo che sono stato bene un mese, ma poi mi mancava il calore pugliese. Una via di mezzo sarebbe l'ideale».
Ora sei a Sassari, di nuovo con Cari. Come procede l'avventura in terra sarda?
«Dovevo rimanere a Gubbio, dove avevo un ottimo rapporto con i compagni di squadra e il direttore sportivo. Lui mi ha fatto i conti davanti, spiegandomi che di over ne poteva tenere tre che giocassero, e il budget era diminuito. Io ho sempre aspettato loro, solo dopo mi sono guardato intorno: in Lega Pro ci sono pochi "over", poi ha chiamato il Torres. Ho sentito qualcuno di Barletta per un eventuale ritorno, ma non c'erano le basi per il ritorno».
Dall'esterno, che squadre sono oggi Barletta e Gubbio? Come finisce domenica?
«Del Barletta non so molto, il Gubbio ha fatto una squadra molto giovane, con tanti prestiti dal Parma. Loro in casa sono una squadra temibile, in cui Caccavallo può fare la differenza. Siamo diventati molto amici in Umbria: diciamo che vedo favorito il Gubbio».
Simone, siamo al termine della nostra intervista. Come vuoi salutare città e tifoseria?
«Io colgo l'occasione per dare un abbraccio alla piazza di Barletta. La sento molto vicina anche ora come piazza: abbiamo vissuto alti e bassi, come in tutti i rapporti, e gli auguro ogni bene. Spero che il presidente ci ripensi e che porti il Barletta in serie B».
(Twitter: @GuerraLuca88)