Barletta Calcio, una resa continua

Dopo l'addio di Tatò, la squadra ammaina bandiera bianca a Benevento

lunedì 25 novembre 2013
A cura di Luca Guerra
Dopo la decisione di mollare del presidente Roberto Tatò, annunciata ufficialmente giovedì scorso con decorrenza da fine stagione per raggiunti limiti di stress e voglia di investire, motivazioni comprensibili nella vita imprenditoriale, ieri il Barletta Calcio ha imitato il suo presidente, ammainando bandiera bianca sul terreno del "Ciro Vigorito" di Benevento, in maniera incomprensibile, maturando così la settima sconfitta in 13 giornate (12 volte in campo) di questo campionato di Prima Divisione Lega Pro, girone B, che da tranquillo sentiero verso "crescita" e "valorizzazione"- un mantra dalle parti di via Vittorio Veneto da qualche mese a questa parte- va via via somigliando sempre più a una pagana "via Crucis", per calciatori, tifosi e addetti ai lavori della S.S. Barletta Calcio, sempre più somigliante a una S.O.S. Barletta Calcio.

Bisogna saper perdere/parte seconda
Sono ancora presenti nelle orecchie di critica e tifoseria le parole dell'abbrivio dell'estate 2013, che assicuravano dal vertice come il Barletta non volesse "vivacchiare" in un torneo privo di retrocessioni, dove il rischio di giocare senza motivazioni era dietro l'angolo. Tatò, Martino e lo staff avevano assicurato una squadra competitiva, che puntasse al nono posto, o che in alternativa perlomeno valesse il prezzo del biglietto. Bene, a fine novembre, dopo 1/3 abbondante di campionato, possiamo dire che raramente questo Barletta è stato in campo: la partita persa ieri a Benevento ha rimesso in evidenza limiti caratteriali e strutturali della rosa, l'incapacità di reagire ai colpi subìti- se non tardivamente- e l'assenza di leader. C'è modo e modo di perdere, e quello in cui la sconfitta è maturata ieri è impossibile da accettare. Dopo la settimana vissuta in via Vittorio Veneto, era lecito attendersi dai calciatori una reazione, un'inversione di rotta, caldeggiata da più parti, rispetto a un torneo sin qui all'insegna della bufera, dentro e fuori dal campo: il ko è arrivato contro uno degli organici migliori del girone, va detto, ma al tempo stesso a secco di successi da un mese e mezzo. A questo punto vien da pensare che, invece di cercare colpevoli in fattori esterni (pressioni della stampa? tifosi "esigenti"?) sia tempo di farsi un serio esame di coscienza e remare per tirare fuori la barca biancorossa dalla melma in cui è oggi invischiata.

Orlandi nega, Di Bella ammette
Lentamente le ambizioni di nono posto scompaiono dalle parole, oltre che dal campo, e l'amarezza per quello che poteva essere e oggi non è il progetto biancorosso cresce. Eppure, a sentire i commenti del dopo-gara, risulta difficile comprendere le parole di mister Nevio Orlandi, in attesa di una scossa anch'egli dopo l'incontro avuto in settimana con il presidente biancorosso: "Nei primi 20 minuti abbiamo dimostrato di poterci giocare la partita, ma contro un Benevento così competitivo e arrabbiato non era facile. Abbiamo pagato a caro prezzo un blackout di 10 minuti, che ha lasciato il segno sulla partita. Ci siamo ritrovati nella seconda metà del secondo tempo, realizzando i due gol che ci hanno rimesso in gioco. Sono soddisfatto della prestazione dei miei, a parte il black-out abbiamo giocato alla pari con il Benevento e siamo arrivati al tiro più volte". Capiamo la difesa del gruppo, comprendiamo la tutela di un patrimonio, ma, mister, infilarsi l'anello al naso e dire che tutto (o quasi) va bene, è davvero un autogol per tutti, lei per primo. Lo sa anche Di Bella, dal quale arriva un'ammissione di colpa-merce rara quest'anno in casa biancorossa- in sala stampa: "A fine primo tempo mi sono un po' vergognato, negli spogliatoi ci siamo guardati in faccia e abbiamo deciso di provare a salvare il salvabile- ha spiegato il difensore romano- i tifosi non hanno torto, il nostro campionato è deludente- ha ammesso Di Bella- però devono capire che a noi non fa assolutamente piacere essere in questa situazione. Dobbiamo uscirne solo con il lavoro". Lavoro, testa bassa e qualche auto-critica, condimento necessario per il pane quotidiano.

Modulo: tempo di cambiare
Un film già visto. Barletta sotto nel punteggio, necessità di una scossa, sostituzione a metà partita o giù di lì, e passaggio alla difesa a 4. E' avvenuto anche ieri al "Vigorito", dove nell'intervallo Maccarone ha ceduto il posto a Legras per il passaggio al 4-3-3, schema consolidato poi dai successivi innesti di Zigon e Ilari. Squadra maggiormente logica, annotazione già presente sul taccuino del cronista nel recente passato, e qualche occasione in più, come i due centri segnati sul tabellino testimoniano. Il 3-5-2, o 3-4-3 a seconda della presenza e della posizione di D'Errico, di orlandiano stampo sembra essere di facile lettura per le difese e mediane avversarie: allora, ci chiediamo, perchè non cambiare? Perchè non dare fiducia a elementi che hanno dimostrato di poter dare imprevedibilità, come i succitati Ilari e Zigon? Perchè non osare in un campionato dove ormai si ha solo da perdere, eccezion fatta per la permanenza nella categoria? La via intrapresa, quella della sconfitta come prevalente caratteristica (7 ko su 12, il 60% degli incontri), non è chiaramente quella giusta: è ora di cambiare rotta...e modulo.

20 minuti da cui ripartire
Ieri pomeriggio al "Vigorito" i biancorossi hanno fatto bene solo nei primi 10 minuti, salvo poi soccombere sotto i colpi dei sanniti, costruiti a suon di euro e "caps" nelle categorie superiori. Una differenza fatta anche di motivazioni, evidenziata dai centri di Campagnacci, Bonaiuto, Mengoni ed Evacuo, che dopo un'ora di gioco hanno praticamente chiuso i conti e messo in cassaforte la partita. Inutili i centri finali di Cicerelli e Ilari, buoni solo a suggellare una reazione comunque insufficiente: resta però sullo sfondo una novità per la causa biancorossa, la realizzazione di due reti in pochi minuti e un sussulto di orgoglio e carattere che ha pervaso gli ultimi 20 minuti di gioco. Un punto di ripartenza, in quanto a spirito e motivazione, ma non nella tempistica: reagire dopo quattro ceffoni e con un avversario sazio è atto doveroso, avviare il motore, ingolfato dopo le speranze coltivate sull'asse Perugia-Gubbio, sarebbe quantomeno dignitoso.
(Twitter: @GuerraLuca88)