Barletta Calcio, addii e colpe ad un passo dal baratro

Ultimo atto (?) di una storia senza lieto fine

giovedì 11 giugno 2015 00.00
A cura di Enrico Gorgoglione
Addii e colpe, vittime e carnefici, vincitori e vinti. Si rincorrono i paradossi e i contrari in questa annata disgraziata del Barletta, tanto felice in campo quanto deficitaria dal punto di vista societario. Le parole rilasciate ieri ai microfoni di Amica 9 Tv dal presidente Giuseppe Perpignano hanno posto idealmente la parola "fine" ad una delle pagine più brutte della storia biancorossa, se non la più brutta. Un fallimento paventato, il rischio di essere travolti per l'ennesima volta dai debiti, l'incubo di dover ripartire nuovamente da zero. Prima di bere l'amaro calice, leggiamo i sintomi del "malato terminale" Barletta, e analizziamo le colpe di chi è entrato a Barletta da vincitore ed è uscito da perdente, lasciando dietro di se l'alone di una macchia imperdonabile.

La sindrome di Calimero: non siete stato voi
…che meritereste d'essere estirpati come la malerba dalle nostre sedi.
Verrebbe da pensare alla sindrome da Calimero per il povero – probabilmente in tutti i sensi - presidente Perpignano. Proprio non ci si capacita come sia possibile che tutti i "barlettesi" – eh si, perché è tanto difficile entrare in città e capire con una normale ricerca web come si chiamano gli abitanti -, quelli che hanno dismesso l'anello al naso ce l'abbiamo con lui, il presunto Messia venuto dalla lontana Bogliasco. Come è possibile che si vada contro a colui che ha salvato il movimento, che ha costruito un'arca come Noè che però aveva più falle di una scialuppa di salvataggio? Nessuno è dalla sua parte: politici, tifosi, stampa, imprenditoria. Tutti uniti per il male del Barletta. Non è facile dimenticare le frasi dette in queste mesi, di quei punti di penalizzazione ottenuti "per il bene del Barletta", di una società che nella sua storia quasi centenaria non aveva subito penalità per inadempienze economiche. Doveva arrivare il "Messia" per la penalità. Peccato che il Messia si sia presentato con le tasche dell'abito piene di buone parole, di tanti propositi, di quei "vorrei ma non posso". I soldi, quelli necessari a portare avanti una squadra, quelli non ci sono mai stati. Non siete stato voi, presidente, a pensare di poter tirare avanti la carretta con la vendita di alcuni giocatori, con la speranza di recuperare soldi a destra e a manca.

Caro presidente Perpignano, il calcio non si fa con l'elemosina, il calcio è fatto di gente seria, con soldi veri, e non con promesse campate in aria. La realtà ci viene sbattuta in faccia, una realtà che fa rima con matematica, una matematica che, purtroppo, vuol dire record negativi. Durante la gestione Perpignano, il Barletta ha ricevuto e riceverà 8 punti di penalizzazione, è stato coinvolto nella vicenda del calcioscommesse, ha dovuto affrontare tre deferimenti. Mica male per chi in conferenza – o forse sarebbe meglio chiamarlo comizio – continua a professare la sua innocenza. Ci si domanda come mai ora il numero uno biancorosso ha preferito l'udienza privata, la "confessione tv" ai simil plebisciti delle prime uscite. Di cosa dovrebbe aver paura una persona innocente? Di una conferenza stampa con la presenza di quei "monelli" dei giornalisti locali incapaci di allinearsi all'assurdità di talune dichiarazioni? Si sa, a volte basta una penna, anche una di quelle digitali, a sollevare il tappeto dove è stata nascosta la polvere – e ci limiteremo a quella -, a scoperchiare un vaso di Pandora. Nel vaso di Pandora biancorosso non c'è più nulla, non è rimasto più nulla, se non una montagna di debiti e tanti contratti a carico. No, presidente Perpignano, non siete stato voi!

Esame di coscienza, questo sconosciuto
La triste parabola biancorossa passa da un Cascella all'altro. Il "primo" Cascella è Davide, l'ex uomo di fiducia di Perpignano, uno degli artefici dell'approdo della dirigenza ligure nella Città della Disfida. Tra alti e bassi, si arriva infine al 10 giugno con la squadra consegnata – almeno a parole – al sindaco Pasquale Cascella. Il lieto fine, in questo caso, davvero non c'è: il calcio che conta rischia di scomparire seriamente da Barletta, ma il principale artefice di questa scellerata gestione, non riesce a chiedere scusa alla piazza, invece di esaminare attentamente il proprio mandato, punta il dito contro chi non solo ha evitato critiche pur meritate nei momenti difficili, ma ha persino concesso una malriposta fiducia a tempo. E certo, minimizzare il disastro non servirà a rendere meno amara la pillola da digerire.

Si minimizza la situazione debitoria, prospettando un quadro meno nero di quanto non è stato dipinto in questi mesi; si minimizzano gli errori del passato, una gestione condotta in maniera molto poco avvezza allo sport barlettano, che ha portato addirittura al taglio delle utenze di luce e gas al "Puttilli", per non parlare della mancanza dell'acqua e della situazione di chi, per amore del Barletta, ha lavorato per mesi gratis. Tutto questo non si può cancellare con un colpo di spugna, con un "arrivederci al prossimo danno". Avrà fatto però qualcosa di buono questo Perpignano? La risposta è affermativa: portare a Barletta Sesia e Rizzieri, uomini di calcio che con umiltà hanno lavorato silenziosamente. Ma spesso gli uomini, quelli che possono vantare innanzitutto gli attributi e poi le competenze calcistiche, entrano in rotta di collisione con chi fa di tutto per distruggere un giocattolo. Da qui nasce l'esigenza di un avvicendamento tra Sesia e Corda, giustificata per motivi personali, dalla lettera di messa in mora che chiunque avrebbe inviato al posto dell'allenatore biancorosso. A Sesia non si riconoscono neppure i meriti di aver creato una macchina quasi perfetta, capace di conquistare la salvezza sul campo anche senza il suo condottiero. Solo un cenno rapido, poi, all'inchiesta "Dirty Soccer", all'ennesima colata di fango - anche questa minimizzata, ci mancherebbe -, che ha travolto il calcio a Barletta. Esame di coscienza, questo sconosciuto…

Goodbye malinconia
E allora vada via, caro Presidente, tutti i tifosi del Barletta sentiranno la sua mancanza. Ha lasciato una città con le spalle al muro, senza più nulla da poter difendere se non il proprio orgoglio ferito. Non c'è un Ettore Fieramosca a cacciarla come avvenne con La Motte: sarà il popolo barlettano a salutare come merita chi ha rovinato una piazza. Non ce ne voglia il presidente, tante volte è poco più di una questione personale. Goodbye, malinconia, come ti sei ridotta in questo stato! A venti gironi dalla scadenza principale, da quel trenta giugno che corrisponde alla data ultima per l'iscrizione in Lega Pro, Barletta ha più di un piede nella fossa, e tutto per colpa di una piazza che non ha capito, che ha fatto persino scappare il secondo salvatore della patria che era arrivato in salvataggio del primo salvatore della patria. Tutti scappano da Barletta, l'unico che ha accettato l'avventura è stato proprio Perpignano che aveva preso la squadra gratis (oppure no? Pare sia arrivata l'ora di fare chiarezza anche in questo senso, visto che si tira in ballo anche la precedente gestione Tatò). Ora non rimane più nessuno, da qua se ne vanno tutti. Restano i tifosi però, chi ci mette la passione con la "p" maiuscola, coloro che non si sottraggono a qualsiasi trasferta, in qualsiasi categoria, dalla Sicilia a Bolzano, coloro che hanno seguito, seguono e seguiranno sempre il Barletta. Eppure restano colpevoli.