«Vogliamo restare!», anche a Barletta «si sta costituendo una nuova soggettività collettiva»

Smarrimento culturale che in pochi percepiscono. Oggi la pubblica assemblea di adesione

venerdì 14 dicembre 2012 0.06
«Più di un italiano su tre, tra i 18 e i 24 anni, è senza lavoro, e negli ultimi 5 anni sono stati persi 1,5 milioni di posti di lavoro tra gli under 35. La disoccupazione giovanile cresce tre volte più velocemente di quella complessiva, con picchi che superano il 50% per le donne nel Mezzogiorno. Al paradosso di un Paese che ha pochissimi laureati, e non riesce a dare un lavoro neanche a quei pochi, si risponde chiudendo sempre di più l'accesso al sapere ed espellendo un numero sempre crescente di studenti dai luoghi della formazione con tagli e aumenti delle tasse». Questa la premessa dell'appello lanciato dalla campagna "Io voglio restare!" che da alcune settimane sta coinvolgendo centinaia di persone, per lo più giovani precari e studenti, in tutta Italia.

«Nella nostra città questi dati si fanno ancora più tragici per via di un tessuto industriale poco specializzato, ormai da anni in declino, che ha causato uno smarrimento culturale che in pochi ancora percepiscono. I nodi da sciogliere sulla vocazione economica della città del futuro non possono essere affrontati con soluzioni di fortuna; quello che è mancato a Barletta, e su cui è necessario puntare, è un approccio complessivo a partire dall'individuazione di investimenti in formazione e ricerca capaci di guardare al medio-lungo periodo. Gli elevati tassi di dispersione scolastica e la lontananza fisica e strategica dai poli universitari, insieme con l'incapacità di migliaia di donne e uomini (ieri giovani operai e micro-imprenditori e oggi madri e padri di famiglie mono o senza reddito) di ricollocarsi sul mercato del lavoro, stanno ad indicarci la strada degli investimenti "immateriali" come via maestra da percorrere».

«È necessario intraprendere una nuova strada prima che l'appiattimento culturale e la totale assenza di iniziativa economica e politica diventino la regola, prima che in città si acuiscano alcuni caratteri storicamente negativi (autosufficienza e individualismo) e scompaiano quelli positivi (intraprendenza, accoglienza, creatività). È necessario puntare sulla valorizzazione sostenibile delle nostre risorse naturali e sulle intelligenze delle nuove generazioni, sulla loro capacità di pensare il futuro attraverso schemi scollegati da logiche vecchie e fallimentari di gestione del "pubblico" e del "privato". Nel nostro paese, e la nostra città ne è da anni un interessante laboratorio, si sta costituendo una nuova soggettività collettiva capace di lottare contro le politiche comunitarie, nazionali e locali che abbattono i costi della crisi sui più deboli, su chi percepisce la precarietà come uno stato "esistenziale" e non solo occupazionale, una soggettività che si oppone ai tagli verso scuola, università e ricerca, con l'arma rivoluzionaria della condivisione dei saperi, capace di creare cooperazione e modelli alternativi e sostenibili di welfare universale e municipale, di innovazione scientifica e tecnologica, e di tutela dei beni comuni».

«Questa nuova soggettività ha ben compreso il proprio potenziale e ha deciso di unirsi per cambiare realmente la politica, l'economia e la cultura anche a Barletta. Per questo, venerdì 14 dicembre, presso il Cocò Cafè (via Nazareth), terremo una pubblica assemblea di adesione alla suddetta campagna, in cui interverrano, tra gli altri Angelica Scardigno, Ruggiero Quarto, Antonella Semeraro, Giuseppe Defazio, Mariangela Montenero, Claudio Riccio, Giuseppe Conteduca e Carmine Doronzo. Vogliamo un reddito garantito, un lavoro dignitoso e una casa. Vogliamo degli investimenti certi per le nuove generazioni, formazione, ricerca, innovazione. Vogliamo cooperare per unire le nostre idee innovative e le nostre professionalità per il benessere dei singoli e di tutta la collettività. Vogliamo determinare il nostro futuro senza essere costretti a separarci per sempre dai nostri affetti. Vogliamo resistere, vogliamo restare!»