Stop agli spettacoli: lettera aperta di Sergio Maifredi, direttore artistico della Disfida

«Sono otto mesi che, tra lockdown e limitazioni, non possiamo lavorare»

mercoledì 28 ottobre 2020
Il direttore artistico della Disfida di Barletta, Sergio Maifredi, scrive una lettera aperta indirizzandola, scrive «agli artisti, agli spettatori, ai tecnici, agli organizzatori, agli impresari, a tutti noi teatranti, ai politici che ancora possono fare molto, nel bene e nel male».

«In nome del bene comune si impongono alcuni divieti, alcune restrizioni. Trovo inutile qui entrare nel merito se siano giusti o sbagliati i divieti e le restrizioni. Esiste uno Stato, esiste un Governo esistono i Cittadini, esistono i lavoratori, esistono le imprese.

Se in nome del bene comune viene imposto ad un lavoratore o ad un'impresa di non lavorare - affinché il patto sociale che dà origine ad uno Stato di diritto tenga - occorre che il lavoratore e l'impresa siano risarciti in modo equo. Per il lavoratore c'è la cassa di integrazione. Per l'impresa basterebbe guardare i fatturati degli ultimi anni, confrontarli con quello del 2020 ed applicare un coefficiente di indennizzo.

Altrimenti il patto sociale salta. E il diritto di resistenza e ribellione viene legittimato. Il Governo oggi non deve parlare di sussidi. Di elemosine. Le aziende che fanno impresa sanno lavorare, sanno affrontare le difficoltà del mercato, non hanno bisogno di elemosine; ma di fronte ad una chiusura imposta (per ragioni che non discuto qui) devono ricevere un giusto indennizzo.

Il settore dello spettacolo dal vivo è diviso in almeno due grandi blocchi. Da una parte le "aziende di Stato", i Teatri fortemente sovvenzionati, dall'altra le imprese private. I Teatri fortemente sovvenzionati per assorbire il colpo metteranno in cassa di integrazione il personale degli uffici e parte del personale tecnico. A casa, disoccupati, rimarranno gli artisti e buona parte dei tecnici.

Ma le sovvenzioni rimarranno pressoché le stesse. Quindi i grandi Teatri rimetteranno a posto i loro conti a spese dei lavoratori e finita la tempesta ripartiranno. Per le imprese private sarà più devastante: lasceranno a casa tutti, non avranno scelta, e chiuderanno o nella migliore delle ipotesi si ridurranno ad uno stato vegetativo in attesa che passi la nottata.

Inutile tentare un discorso sul luogo di libertà di pensiero che può essere un teatro, forse lo sanno e per questo li chiudono o forse li chiudono solo per imbecillità. Ma cerchiamo di far capire quanto muove economicamente lo spettacolo dal vivo, quanto lavoro diretto e indiretto porta: attori, tecnici, scenografi, elettricisti, amministrativi, personale di sala, falegnami, fabbri, addetti alla sicurezza, commercialisti, grafici, ristoranti, tassisti, alberghi, trasporti.

Sono otto mesi che, tra lockdown e limitazioni, non possiamo lavorare. O lo Stato indennizza subito o dobbiamo lottare, con ogni mezzo, per la sopravvivenza».

Sergio Maifredi