«Prima di distinguere destra e sinistra, distinguere le persone per bene»

Molto seguito l’intervento del giudice Piercamillo Davigo alla sala rossa. Grande successo per l'incontro “L’uso politico della storia”

martedì 5 ottobre 2010
A cura di Nicola Ricchitelli
«È difficile mantenere alto il livello di indignazione, ma siccome ne va di mezzo la sorte di un paese fate un sforzo, cercate di indignarvi ancora un po'». Un invito, una preghiera, quasi una supplica sembra giungere dal giudice Piercamillo Davigo intervenuto assieme al giudice monocratico Messina del Tribunale di Trani – Sezione di Barletta presso la sala "Rossa" del castello all'interno dei quattro incontri organizzati dall'associazione "La democrazia delle parole".

Un intervento - quello del giudice Piercamillo Davigo - che ricorda i vari fatti di cronaca che hanno segnato la storia del nostro paese, oltre a ripercorrere un viaggio in un passato spesso manipolato al fine di fornire ai cittadini un'interpretazione dei fatti funzionale al mantenimento di taluni interessi.

È principalmente il tema della corruzione ad essere oggetto dell'intervento di Piercamillo Davigo, un'attenta analisi dove non mancano riferimenti ai recenti casi di cronaca: «Si sostiene che c'è interferenza tra magistratura e classe politica, cosa inevitabile in una normale democrazia».
Secondo Davigo, il problema sta nella dispersione dei valori etici: «C'è uno smarrimento di valori etici, rivendico quindi con orgoglio l'appartenenza al mio ordine » e traccia la strada da seguire «la soluzione sta nel fatto che ogni organo statale faccia pulizia al suo interno».

Partendo da questi presupposti Davigo traccia un profilo di colui che viene indagato dalla magistratura, un atteggiamento improntato quasi a criminalizzare oltre che a rimarcarne il senso giustizialista di chi indaga, anziché adoperarsi per discolparsi dall'accusa. «Quando qualcuno viene indagato, viene tirato in ballo il segreto istruttorio ormai inesistente da circa vent'anni, per poi pensare che si tratta di un complotto ordito dai magistrati, fino a rassegnarsi e aspettare quindi i vari gradi di giudizio, ma mai ci si adopera a dimostrare se il reato si è compiuto o meno». Da qui quindi giunge l'invito «prima di distinguere destra o sinistra bisognerebbe distinguere le persone per bene da chi non lo sono».

L'intervento quindi prosegue criticando un'Italia che sembra subire passivamente quanto succede: « In Italia si è lacerato il velo di ipocrisia, la trasgressività viene presentata come un vanto, un modello da imitare», a cui segue un analisi sull'alto tasso di corruzione dove Davigo riassume in sintesi: «La corruzione viene scoperta di più dove ce n'é di meno». Segue quindi una sortita sulla vicenda del 1994 [riguardo all'invito rivolto al presidente del consiglio Berlusconi, a comparire, giunto da parte della Procura di Milano ndr] per concludere con le domande del pubblico.

A chi gli chiede un parere circa la separazione delle carriere il giudice Davigo risponde: «Se il Pubblico Ministero viene tirato fuori dall'ordine giudiziario, diventa difficile mantenere l'indipendenza e quindi sarebbe difficile combattere la corruzione. È una legge che oltre ad essere incostituzionale è altresì pericolosa, una legge che se la chiedono gli organi di governo è un conto ma che lo chiedano anche gli organi di avvocatura è un vero e proprio suicidio».

Dal pubblico giungono anche domande sul processo breve, la legge sulle intercettazioni, la perdita del potere sociale della Chiesa, ma anche sulla compravendita dei deputati. «L'elevato numero di reati è dovuto paradossalmente all'elevato numero di leggi, in un paese dove la Chiesa chiede il pentimento, ma lo Stato no, ma soprattutto in un paese dove delinquere conviene».
La democrazia delle parole © Nicola Ricchitelli
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