"Paradisi Perduti", una sola condanna a conclusione del secondo grado

Il tutto ebbe origine da un servizio del 2009 de "Le Iene"

venerdì 20 maggio 2016 12.13
Un solo imputato condannato a conclusione del processo di secondo grado "Paradisi Perduti", sulle presunte evasioni fiscali di imprenditori edili barlettani. Rispetto alle sei condanne comminate il 3 febbraio 2014 dal gup del Tribunale di Trani Francesco Messina, la Corte d'Appello di Bari ha confermato una sola condanna, peraltro riducendo la pena inflitta in primo grado all'imprenditore Gennaro Ziri: da due anni e sei mesi a un anno, con interdizione dai pubblici uffici per un anno. Dichiarata la prescrizione per Antonio Chiarazzo, condannato in primo grado a tre anni di reclusione.

Assolti, invece, "per non aver commesso il fatto" Antonio Maria Di Bari e Filomena Ziri, in primo grado rispettivamente condannati a tre anni e a un anno e otto mesi di reclusione. La Corte d'Appello ha, inoltre, ritenuto non punibili Giuseppe Prascina ed il figlio Alfonso che in primo grado erano stati condannati rispettivamente a tre e a due anni di reclusione. Per i giudici baresi i Prascina non sono perseguibili perché fecero rientrare in Italia i capitali evasi grazie al cosiddetto "scudo fiscale". Soddisfazione viene espressa dagli avvocati Ruggiero Sfrecola e Ivo Caraccioli, difensori dei Prascina: «Giusta l'assoluzione, invirtù della non punibilità ai sensi dell'art. 13 bis comma IV del D.L. 78/2009, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità».

L'inchiesta "Paradisi Perduti" fu condotta dalla Guardia di Finanza di Barletta e coordinata dal pubblico ministero tranese Michele Ruggiero. Ebbe origine da un servizio trasmesso dal programma tv "Le Iene" che il 20 marzo 2009 denunciò il sistema del mercato immobiliare barlettano, poi rivelatosi comune in altre città limitrofe contando distinte indagini a carico di altri imprenditori edili. Per l'accusa gli imprenditori barlettani tra il 2005 ed il 2009 avrebbero sottratto milioni di euro ad imposizione fiscale grazie al fatto che nei rogiti notarili s'indicava un prezzo di alienazione notevolmente inferiore rispetto a quello effettivamente pagato dai (non indagati) compratori. Altri imprenditori edili avevano già patteggiato la pena per la presunta maxi evasione fiscale.