«La Destra moderna deve aprirsi al confronto dialettico»
Una riflessione politica dell’avvocato Dipaola. «Ripartire tenendo presenti gli errori commessi»
mercoledì 3 luglio 2013
«La storia politica dell'ultimo ventennio (1993-2013) pare abbia spazzato via, con la forza devastatrice di uno "tsunami", un'intera area di pensiero e di azione qualificata come Destra. Verificando quella storia a posteriori ho l'impressione che si sia realizzata, per tappe progressive, una inarrestabile marcia verso l'autodistruzione, segnatamente attraverso la consapevole perdita della propria identità e la irrazionale condivisione di modelli e sistemi mai appartenuti alle caratteristiche genetiche della Destra». Strettamente politica è la riflessione dell'avvocato Carmine Dipaola, che propone una lettura dell'attuale schieramento di destra così come è uscito dalle ultime elezioni e su come si configurerà nel prossimo periodo.
«Ritengo che l'ultima competizione elettorale per il rinnovo del Parlamento nazionale abbia imposto un imprimatur a quella che già da tempo integrava una sostanziale dichiarazione di morte presunta. Tra le macerie, vedo i pallidi fantasmi di antiche scomparse formazioni politiche di Destra accanto a tristi figuri che si spacciano tuttora quali esponenti di un alternativa alla sinistra ma che di fatto sono schiocchi burattini di una pantomima in fase di esaurimento.
Tutto finito allora? Tutto da archiviare, in attesa che i posteri collazionino le brutte vicende di questo ventennio politico vissuto a Destra in un libro destinato soltanto ad uno scaffale di museo? Verrebbe proprio la voglia di rispondere affermativamente. Ma la risposta all'interrogativo è e dev'essere NO, NO di certo, NO nella maniera di assoluta. Per la semplice ragione che le IDEE ed i VALORI ad esse collegati sono immortali e sopravvivono all'esistenza – a volte grama sul piano morale – degli uomini che li professano e ne sono precari testimoni.
Idee e valori. Nei termini più semplici ed accessibili. La Storia di un popolo va legata alle proprie radici e tradizioni, che si tramandano di generazione in generazione adeguandosi ai tempi nuovi senza mai essere rinnegate o disperse. Ed ecco allora l'humus della cultura latina e della religione cristiana. Il senso alto dello Stato ed il rispetto supremo delle Istituzioni. L'amore per la Patria, che è continuità nel tempo ed amalgama di ispirazioni e concezioni politiche alternative in una sintesi finale di grado superiore. L'irrinunziabile principio della libertà individuale, che ha un senso quando consente la pari libertà degli altri e soprattutto di quanti opinino diversamente. L'eguaglianza di tutti realizzata a valle, fieramente contrapposta all'egualitarismo collettivistico che mortifica le capacità singole. La concezione spiritualistica del lavoro, mezzo di sostentamento economico e di elevazione dell'animo. Uno Stato sociale che, consentendo la libera iniziativa mitiga gli eccessi del capitalismo sfrenato con la partecipazione dei lavoratori agli utili delle aziende e, eliminando privilegi e sperequazioni, protegge le fasce deboli della popolazione. Il saldo aggancio all'istituto della famiglia, intesa nel modo più ortodosso, nucleo primario per la crescita della società. La certezza che nulla è precluso a chi voglia fare e realizzare, pur nell'ambito di una società costruita solidaristicamente. La meritocrazia quale termometro di valutazione e metodo di qualificazione per il rinnovo delle classi dirigenti. Il principio di legalità che deve informare le dinamiche esistenziali del singolo e quelle dell'intera collettività.
Potrei continuare, anche perché un'area politica che voglia essere Destra moderna deve aprirsi al confronto dialettico e non può erigere steccati entro i quali rigorosamente operare scelte e determinare programmi e progetti. Ho dunque inteso offrire un senso di massima alla mia ipotesi di lavoro, cosciente – con grande amarezza – che gli itinerari percorsi nell'ultimo ventennio ci hanno condotto altrove, molto distanti dai nostri modelli e dalle idealità che hanno ispirato l'impegno giovanile di tanti.
Ciò detto occorre però ripartire. Con l'umiltà degli sconfitti, con l'entusiasmo dei neofiti, tenendo sempre presenti gli errori commessi ed evitando accuratamente di ulteriormente assimilarci alla oligarchia che ha preteso di rappresentarci nelle Istituzioni ed ai mediocri "yes – man" (un esercito di soldatini telecomandati) divenuti gerarchi di bassa lega. Dicendola altrimenti, la ripartenza va organizzata dal basso, dai territori, con iniziative spontanee che tendano tuttavia a coordinarsi su basi sempre più allargate (dalla città alla provincia alla regione e così di seguito). Ma senza generali e neppure caporali. Todos caballeros! Per ritrovarci innanzitutto, quindi per recuperare il gusto della discussione, della polemica, della proposizione di istanze, della vivace ma civile dialettica con gli avversari, della dignitosa presenza sulle piazze o sui web in rappresentanza condivisa di una parte politica identitaria. Aspirazioni che sconfinano sul terreno della fantasia? Forse, ma non ci sia sottratto anche il diritto di SOGNARE. Ai più anziani, delusi e mortificati, ai più giovani che hanno diritto di guardare al futuro con la forza e la speranza dei loro anni.
Tenteremo la ripartenza. A breve. Incontrandoci in manifestazioni pubbliche, aperte al contributo ed ai suggerimenti di quanti non rinunziano a sognare una Destra capace di interpretare il ruolo che la Storia le assegna».
«Ritengo che l'ultima competizione elettorale per il rinnovo del Parlamento nazionale abbia imposto un imprimatur a quella che già da tempo integrava una sostanziale dichiarazione di morte presunta. Tra le macerie, vedo i pallidi fantasmi di antiche scomparse formazioni politiche di Destra accanto a tristi figuri che si spacciano tuttora quali esponenti di un alternativa alla sinistra ma che di fatto sono schiocchi burattini di una pantomima in fase di esaurimento.
Tutto finito allora? Tutto da archiviare, in attesa che i posteri collazionino le brutte vicende di questo ventennio politico vissuto a Destra in un libro destinato soltanto ad uno scaffale di museo? Verrebbe proprio la voglia di rispondere affermativamente. Ma la risposta all'interrogativo è e dev'essere NO, NO di certo, NO nella maniera di assoluta. Per la semplice ragione che le IDEE ed i VALORI ad esse collegati sono immortali e sopravvivono all'esistenza – a volte grama sul piano morale – degli uomini che li professano e ne sono precari testimoni.
Idee e valori. Nei termini più semplici ed accessibili. La Storia di un popolo va legata alle proprie radici e tradizioni, che si tramandano di generazione in generazione adeguandosi ai tempi nuovi senza mai essere rinnegate o disperse. Ed ecco allora l'humus della cultura latina e della religione cristiana. Il senso alto dello Stato ed il rispetto supremo delle Istituzioni. L'amore per la Patria, che è continuità nel tempo ed amalgama di ispirazioni e concezioni politiche alternative in una sintesi finale di grado superiore. L'irrinunziabile principio della libertà individuale, che ha un senso quando consente la pari libertà degli altri e soprattutto di quanti opinino diversamente. L'eguaglianza di tutti realizzata a valle, fieramente contrapposta all'egualitarismo collettivistico che mortifica le capacità singole. La concezione spiritualistica del lavoro, mezzo di sostentamento economico e di elevazione dell'animo. Uno Stato sociale che, consentendo la libera iniziativa mitiga gli eccessi del capitalismo sfrenato con la partecipazione dei lavoratori agli utili delle aziende e, eliminando privilegi e sperequazioni, protegge le fasce deboli della popolazione. Il saldo aggancio all'istituto della famiglia, intesa nel modo più ortodosso, nucleo primario per la crescita della società. La certezza che nulla è precluso a chi voglia fare e realizzare, pur nell'ambito di una società costruita solidaristicamente. La meritocrazia quale termometro di valutazione e metodo di qualificazione per il rinnovo delle classi dirigenti. Il principio di legalità che deve informare le dinamiche esistenziali del singolo e quelle dell'intera collettività.
Potrei continuare, anche perché un'area politica che voglia essere Destra moderna deve aprirsi al confronto dialettico e non può erigere steccati entro i quali rigorosamente operare scelte e determinare programmi e progetti. Ho dunque inteso offrire un senso di massima alla mia ipotesi di lavoro, cosciente – con grande amarezza – che gli itinerari percorsi nell'ultimo ventennio ci hanno condotto altrove, molto distanti dai nostri modelli e dalle idealità che hanno ispirato l'impegno giovanile di tanti.
Ciò detto occorre però ripartire. Con l'umiltà degli sconfitti, con l'entusiasmo dei neofiti, tenendo sempre presenti gli errori commessi ed evitando accuratamente di ulteriormente assimilarci alla oligarchia che ha preteso di rappresentarci nelle Istituzioni ed ai mediocri "yes – man" (un esercito di soldatini telecomandati) divenuti gerarchi di bassa lega. Dicendola altrimenti, la ripartenza va organizzata dal basso, dai territori, con iniziative spontanee che tendano tuttavia a coordinarsi su basi sempre più allargate (dalla città alla provincia alla regione e così di seguito). Ma senza generali e neppure caporali. Todos caballeros! Per ritrovarci innanzitutto, quindi per recuperare il gusto della discussione, della polemica, della proposizione di istanze, della vivace ma civile dialettica con gli avversari, della dignitosa presenza sulle piazze o sui web in rappresentanza condivisa di una parte politica identitaria. Aspirazioni che sconfinano sul terreno della fantasia? Forse, ma non ci sia sottratto anche il diritto di SOGNARE. Ai più anziani, delusi e mortificati, ai più giovani che hanno diritto di guardare al futuro con la forza e la speranza dei loro anni.
Tenteremo la ripartenza. A breve. Incontrandoci in manifestazioni pubbliche, aperte al contributo ed ai suggerimenti di quanti non rinunziano a sognare una Destra capace di interpretare il ruolo che la Storia le assegna».