Il direttore della Caritas di Roma a Barletta
Da rafforzare il rapporto volontariato-istituzioni. Per annichilire la povertà odierna bisogna tornare a un martirio umanitario
sabato 13 aprile 2013
13.59
Un incontro per riflettere sul volontariato e sulla solidarietà come dovere di Stato espresso nell'art.2 della Costituzione quello tenutosi ieri sera a Barletta presso "Il Brigantino 2" con l'eccezionale partecipazione del direttore della Caritas di Roma Don Enrico Feroci. Presenti il direttore diocesano provinciale Don Raffaele Sarno, il responsabile della Caritas di Barletta Don Franco Mascolo, il vicario Don Filippo Salvo e Luisa Mascolo responsabile Asl Barletta. Lodevoli l'omaggio e il riconoscimento di merito da parte del presidente Francesco Ventola per l'azione effettivamente operante sul territorio di Barletta del Rotary International (grazie ai cui sussidi, economici e reali, le condizioni del Centro accoglienza immigrati di Barletta sono migliorate) perché ha annunciato, allontanandosi dall'aderenza al tema, che i 40.000 euro destinati alla Disfida non più tenutasi saranno impiegati per portare da Padova i quadri di De Nittis nella loro città d'appartenenza.
Preziose le parole di Don Enrico Feroci da noi intervistato.
Rotary International pochi mesi fa ha trattato il tema "Home e homme": c'è a livello nazionale l'integrazione tra il principio antropologico dell'uomo e quello civile della casa come realizzazione ed espressione umana?
«La Caritas è stata voluta più di 40 anni fa da Paolo VI perché fosse un riferimento pedagogico non solo per la comunità cristiana ma per tutta la società civile in modo da trovare una cooperazione tra persone che cercano e danno aiuto. La Caritas, dunque, dev'essere solo un motore d'avviamento per la risoluzione dei problemi di cui dovrebbero farsi carico le istituzioni pubbliche. Una scialuppa di salvataggio per portare i bisognosi più vicino alla riva».
La Caritas qui a Barletta segue una particolare declinazione, quella del centro accoglienza per immigrati, tra l'altro tornata da pochissimo alla normalità. Lei è al corrente della situazione drammatica in cui ha versato la Caritas cittadina fino a poco tempo fa? Nasce come centro di accoglienza per immigrati o no?
«No la Caritas nasce come strumento pedagogico sociale e di volontariato. Non conosco le criticità della Caritas locale ma io sono convinto che il cristiano che va a messa la Domenica, mangia il corpo di Cristo per mettersi al servizio del prossimo non possa conoscere discriminazioni di razza. La fede senza l'azione è una fede morta ».
Possiamo parlare di nuovi poveri oggi? Di padri di famiglia o mamme sole in difficoltà che si rivolgono a voi per trovare una soluzione, se pur palliativa, alle loro problematiche di tutti i giorni?
«E' vero, ci sono uomini e donne che non hanno da mangiare e ci chiedono un aiuto concreto ma io credo che la vera povertà di oggi sia una povertà di relazioni, una depauperazione dell'approccio verso l'altro. Molti anziani vengono lasciati soli ed è come se fossero murati vivi perché nessuno bussa alle loro porte né si sporge verso i loro balconi. Il vero miracolo da compiere oggi è un martirio: tra poco qui vicino a voi ci sarà la beatificazione dei martiri di Otranto. Ecco io non intendo un martirio cruento ma una predisposizione al sacrificio, alla legalità, alla giustizia, alla verità. Scegliere sempre la via più facile, quella dell'incuria e dell'egoismo questa è la vera povertà di oggi».
Preziose le parole di Don Enrico Feroci da noi intervistato.
Rotary International pochi mesi fa ha trattato il tema "Home e homme": c'è a livello nazionale l'integrazione tra il principio antropologico dell'uomo e quello civile della casa come realizzazione ed espressione umana?
«La Caritas è stata voluta più di 40 anni fa da Paolo VI perché fosse un riferimento pedagogico non solo per la comunità cristiana ma per tutta la società civile in modo da trovare una cooperazione tra persone che cercano e danno aiuto. La Caritas, dunque, dev'essere solo un motore d'avviamento per la risoluzione dei problemi di cui dovrebbero farsi carico le istituzioni pubbliche. Una scialuppa di salvataggio per portare i bisognosi più vicino alla riva».
La Caritas qui a Barletta segue una particolare declinazione, quella del centro accoglienza per immigrati, tra l'altro tornata da pochissimo alla normalità. Lei è al corrente della situazione drammatica in cui ha versato la Caritas cittadina fino a poco tempo fa? Nasce come centro di accoglienza per immigrati o no?
«No la Caritas nasce come strumento pedagogico sociale e di volontariato. Non conosco le criticità della Caritas locale ma io sono convinto che il cristiano che va a messa la Domenica, mangia il corpo di Cristo per mettersi al servizio del prossimo non possa conoscere discriminazioni di razza. La fede senza l'azione è una fede morta ».
Possiamo parlare di nuovi poveri oggi? Di padri di famiglia o mamme sole in difficoltà che si rivolgono a voi per trovare una soluzione, se pur palliativa, alle loro problematiche di tutti i giorni?
«E' vero, ci sono uomini e donne che non hanno da mangiare e ci chiedono un aiuto concreto ma io credo che la vera povertà di oggi sia una povertà di relazioni, una depauperazione dell'approccio verso l'altro. Molti anziani vengono lasciati soli ed è come se fossero murati vivi perché nessuno bussa alle loro porte né si sporge verso i loro balconi. Il vero miracolo da compiere oggi è un martirio: tra poco qui vicino a voi ci sarà la beatificazione dei martiri di Otranto. Ecco io non intendo un martirio cruento ma una predisposizione al sacrificio, alla legalità, alla giustizia, alla verità. Scegliere sempre la via più facile, quella dell'incuria e dell'egoismo questa è la vera povertà di oggi».