Festa Patronale: si fa presto a dire “restate a Barletta”
Chi rimane e chi fugge, con tradizioni che cambiano
sabato 13 luglio 2019
Da qualche anno, in occasione della festa dei Santi Patroni, puntualmente in città si accende un serrato dibattito tra il partito del "restiamo a Barletta, onoriamo le nostre tradizioni" e quello del "andiamo a spaccarci tre giorni in Salento prima che l'alta stagione faccia scempio del nostro conto in banca".
Senza volere a tutti i costi gettare la croce addosso ai fautori dei tre giorni fuori porta - molti dei quali magari rimarrebbero più che volentieri a Barletta con un programma di eventi appena decente – una cosa è certa: quel mix tra materialismo, consumismo e superficialità tipico del cosiddetto "barlettano pegghia pegghij" – ed in genere tipico di molte città industriali o post industriali – ci sta via via sempre più allontanando dalla nostre tradizioni, dalla nostra cultura, dalla nostra identità, dalla nostra storia.
Certo in questi giorni non sono mancati gli appelli a restare in città da parte di sacerdoti, associazioni o semplici cittadini, ma si tratta perlopiù di parole destinate a cadere nel vuoto, Anche perché devozione e orgoglio per le proprie radici sono sentimenti che richiedono costanza e che non possono essere manifestati solo e soltanto durante la prima decade di luglio. In quanti, ad esempio, di coloro che oggi si abbandonano ad alti lai nei confronti dei loro concittadini sul piede di partenza, hanno a suo tempo proferito parola quando – giusto per restare in tema di Santi Patroni – nel nome della soppressione dei passaggi a livello è stato barbaramente eliminato lo storico sentiero alberato che conduceva al Santuario di Maria SS. dello Sterpeto? Dove era finita allora la loro barlettanità?
Del resto è fin troppo facile al tempo dei social professarsi a parole aedi delle nostre tradizioni e del sentimento mariano della città di Barletta.
Anni fa invece i grandi patriarchi della cosiddetta "marineria" – allora vero cuore pulsante e identitaria della nostra città - si davano un gran da fare per rendere la "festa della Madonna" l'evento dell'anno al pari della Disfida. E notevole era anche il contributo della gente del "quartiere", soprattutto con la proverbiale "diecimila lire" a famiglia destinata all'allestimento delle luminarie.
Oggi che i grandi vecchi del quartiere non ci sono più, è venuta meno anche qua l'unità di popolo nella tradizione che rendeva così speciale la nostra festa patronale, consegnando di fatto il centro storico barlettano alla movida e ai suoi eccessi.
Inevitabile quindi che con l'aspetto tradizionale e popolare col tempo sia venuto meno anche il significato religioso della presenza in città della Madonna dello Sterpeto, come peraltro si evince – è brutto dirlo ma è così – durante le messe mattutine del mese mariano, quando ad esempio è abbastanza facile perdersi in sterminate file per ricevere il sacramento dell'eucaristia, inversamente proporzionali a quelle per ricevere il sacramento della confessione, in un delirio di devozione più che altro di facciata.
Si fa presto quindi a dire "restate a Barletta per la festa patronale", in una città ormai sempre più immersa in materialismo, superficialità e rassegnato disincanto.
Senza volere a tutti i costi gettare la croce addosso ai fautori dei tre giorni fuori porta - molti dei quali magari rimarrebbero più che volentieri a Barletta con un programma di eventi appena decente – una cosa è certa: quel mix tra materialismo, consumismo e superficialità tipico del cosiddetto "barlettano pegghia pegghij" – ed in genere tipico di molte città industriali o post industriali – ci sta via via sempre più allontanando dalla nostre tradizioni, dalla nostra cultura, dalla nostra identità, dalla nostra storia.
Certo in questi giorni non sono mancati gli appelli a restare in città da parte di sacerdoti, associazioni o semplici cittadini, ma si tratta perlopiù di parole destinate a cadere nel vuoto, Anche perché devozione e orgoglio per le proprie radici sono sentimenti che richiedono costanza e che non possono essere manifestati solo e soltanto durante la prima decade di luglio. In quanti, ad esempio, di coloro che oggi si abbandonano ad alti lai nei confronti dei loro concittadini sul piede di partenza, hanno a suo tempo proferito parola quando – giusto per restare in tema di Santi Patroni – nel nome della soppressione dei passaggi a livello è stato barbaramente eliminato lo storico sentiero alberato che conduceva al Santuario di Maria SS. dello Sterpeto? Dove era finita allora la loro barlettanità?
Del resto è fin troppo facile al tempo dei social professarsi a parole aedi delle nostre tradizioni e del sentimento mariano della città di Barletta.
Anni fa invece i grandi patriarchi della cosiddetta "marineria" – allora vero cuore pulsante e identitaria della nostra città - si davano un gran da fare per rendere la "festa della Madonna" l'evento dell'anno al pari della Disfida. E notevole era anche il contributo della gente del "quartiere", soprattutto con la proverbiale "diecimila lire" a famiglia destinata all'allestimento delle luminarie.
Oggi che i grandi vecchi del quartiere non ci sono più, è venuta meno anche qua l'unità di popolo nella tradizione che rendeva così speciale la nostra festa patronale, consegnando di fatto il centro storico barlettano alla movida e ai suoi eccessi.
Inevitabile quindi che con l'aspetto tradizionale e popolare col tempo sia venuto meno anche il significato religioso della presenza in città della Madonna dello Sterpeto, come peraltro si evince – è brutto dirlo ma è così – durante le messe mattutine del mese mariano, quando ad esempio è abbastanza facile perdersi in sterminate file per ricevere il sacramento dell'eucaristia, inversamente proporzionali a quelle per ricevere il sacramento della confessione, in un delirio di devozione più che altro di facciata.
Si fa presto quindi a dire "restate a Barletta per la festa patronale", in una città ormai sempre più immersa in materialismo, superficialità e rassegnato disincanto.