Covid-19 e crisi del Wedding: tutto come prima, anzi peggio

Enormi difficoltà per un settore che include ristorazione, abbigliamento, musica e fotografia

venerdì 19 marzo 2021
A cura di Cosimo Campanella
Un anno fa di questi tempi, da queste colonne virtuali vi narravamo delle devastanti conseguenze della pandemia da Coronavirus sul settore del Wedding e di tutta quell'economia poco citata ma ugualmente molto importante che gira intorno al mondo della cerimonia che comprende abbigliamento, musica, oggettistica e fotografia.

Allora scrivemmo che dopo la fine dell'incubo Covid 19, nulla sarebbe stato più come prima. Oggi, a un anno di distanza, non solo la pandemia è ben lungi dall'essere superata, ma ci tocca purtroppo rivedere in senso negativo le nostre previsioni sul futuro di un settore, quello del Wedding, che fino a un anno e mezzo fa è stato tra i più celebrati dell'economia pugliese.

Del problema della ristorazione se ne parla ormai da mesi: difficile, se non impossibile, affrontare un altro anno fatto di chiusure e forti limitazioni, visti i costi di gestione non certo banali che comporta questo tipo di attività.

Ma se per le nostre rinomatissime sale ricevimenti – che rappresentano il fulcro dell'intero settore Wedding pugliese – la situazione pare decisamente complicata, drammatico, quando non catastrofico, si profila questo 2021 per il settore della fotografia, dove casse vuote e assoluta mancanza di prospettive – visto che nel 2020, oltre ai comunque risibili aiuti governativi, bene o male si poteva contare su servizi già prenotati prima del Covid, oltre che sui saldi delle annate precedenti – lasciano presagire un futuro nero come la pece.

"Ci stiamo spegnendo", recita il manifesto raffigurante delle lampadine, postato su Facebook da alcuni lavoratori del settore. Una lampadina rappresentante una luce vitale, per il nostro essere pugliesi prima e italiani poi, che è quella dell'arte, quella della bellezza, quella della buona cucina, quella dell'eleganza e, perché no, quella del lusso. Termine, quest'ultimo, che - grazie anche a una vulgata tanto moralista quanto ignorante - da qualche anno ha assunto i connotati di una bestemmia, di una piaga biblica e che invece era, è e resterà quello per il quale noi italiani siamo più conosciuti ed apprezzati nel mondo.

E invece la pandemia – "sapientemente coadiuvata" in tutto ciò dall'incapacità (si spera non malafede) della nostra classe dirigente - sta pian piano spazzando via tutto questo, trascinandoci in un nuovo medioevo fatto di produzione e mera sussistenza dalla culla alla tomba. Un nuovo mondo dove non c'è più spazio per feste e festicciole, figurarsi per un pranzo nuziale o un book fotografico. Del resto non è un caso se da qualche tempo, all'interno delle istituzioni repubblicane, si parla di lasciar morire "lavori e imprese in sofferenza", di piccolo che non è più bello e che bisogna crescere e internazionalizzarsi (in che modo, visto che da un anno siamo inchiavardati in casa tra DPCM e zone colorate?).

Numeri, non persone, quindi. Produttività, giammai creatività. Non vivere, ma sopravvivere. Perché al tempo della pandemia solo i più forti sopravvivono. Un po' come nella Sparta del tempo che fu. Peccato però che a fare la storia poi sia stata la scanzonata e godereccia Atene. Sarà così anche stavolta, ne siamo certi. Il guaio è che il giorno in cui ci renderemo conto di cosa sia stato questo buio periodo, specialmente in Puglia, la terra del Wedding per eccellenza, ci sarà da stilare il bilancio delle vittime di una vera e propria ecatombe economica.