Barletta è il nuovo meridionalismo?

Svolte storiche di uno sviluppo a lungo periodo

mercoledì 2 marzo 2016
«L'anno trascorso ha visto - con inavvertito stupore - la prima e inaspettata edizione del Premio Barletta città marinara; in questo nuovo anno, la città sembra rinascere. Pare si stiano raccogliendo i primi frutti di faticosi impegni, seminati da lungo tempo. Si riavviano strategie dello sviluppo e della programmazione partecipata, lasciata in ombra. Si susseguono eventi: dalla inaugurazione del Future Center, incubatore delle idee, al workshop "Economie del mare: Europa e territori - idee progettuali dalla programmazione comunitaria 2014-2020" (rivolto al sistema d'impresa, agli istituti di ricerca, alla filiera delle autonomie locali), dal Piano strategico Urbanistico Generale (Pug) alla grande bellezza della "Tre giorni per il 513° anniversario della Disfida", con l'interessante inaugurazione "Orizzonte Sud - Corriere del Mezzogiorno, fino alla "Disfida delle Idee" (presso il Teatro Curci).

E' stato proprio il convegno "Disfida delle idee", a smuovere il mio orgoglio di storico e meridionalista, che non fa politica. L'evento meridionalista si regge sulla seguente equazione: se Barletta appare il faro della questione meridionale e il sud si riscopre come questione per la crescita nazionale, anche Barletta si tinge come esemplare riferimento per l'intero Paese.

Se questo fosse un "nuovo" meridionalismo, quello vecchio pare lontano 1000 anni luce. Il tradizionale dualismo sviluppo e sottosviluppo (nord/sud) non sarebbe solo di natura economica, ma anche tra i grandi schieramenti politici e istituzionali. Oltre agli interventi ufficiali (tre imprenditori meridionali con due giornalisti ed uno storico), sono stati chiamati dalla platea due outsider di eccellenza: i due sindaci di centro-destra, Giorgino della Città di Andria e Massimo Mazzilli per il Comune di Corato. Per chiarezza politica, il sindaco Cascella ha dichiarato nella sua intervista al Correre del Mezzogiorno: «Sarebbe necessario mettersi attorno ad un tavolo e ripensare a quelle che sono state le politiche fino ad oggi», ed esplicita la dimensione istituzionale: «Intendo Regioni, enti locali, imprese, attori sociali». Insomma: «Dobbiamo recuperare una capacità di analisi e di visione comune».

Recuperare capacità di analisi istituzionale. Ma cosa sarebbero le istituzioni? Le istituzioni sono come una "scatola nera" che emette luce sul lungo tragitto storico percorso da una data società: passando da una generazione all'altra, periscono e si rinnovano, non muoiono mai. Facciamo un esempio: il direttore del Corriere, ha affermato:«In una società moderna non c'è innovazione, se non c'è tradizione». Ovvero, sapere da dove si parte, per intercettare le effettive risorse sociali, finalizzate a futuri obbiettivi da raggiungere. Non a caso, la sete di conoscenza da cui ripartire, è stata evidenziata dallo storico Paolo Macry, napoletano, il quale, meravigliato dalle ottime testimonianze di imprenditori, ha affermato che il patrimonio della storia pugliese, sarebbe tutto da scoprire e molto rimarrebbe ancora da conoscere.

Ritornando al ruolo delle istituzioni, l'economista Nicola Rossi, punta sulle problematiche istituzionali, ove i patti per lo sviluppo: «Non saranno più territoriali ma istituzionali». Allusione alle 15 Autorità portuali della nuova riforma della portualità italiana? Il sud si sarebbe inoltre allontanato dalla prospettiva mediterranea, perché non si sarebbero letti bene i numeri, venti anni fa. Un tempo frontiera europea, ora è il fronte. Continua Rossi:«incapace di staccarsi dalle pratiche inefficaci del passato e di immaginarne di nuove». Ora, sono riemersi molti tratti del Mezzogiorno che fu. Tuttavia, conclude Rossi: «Oggi ha qualche possibilità di farcela».

Insomma, da un lato questo rischio della solita fuga in avanti e, dall'altro, il fabbisogno di conoscenza (della tradizione, del passato e della storia) si estenderebbe anche alle attuali buone pratiche pianificatorie della città. Ad esempio: come leggere il senso effettivo sul futuro dato dalla stessa denominazione "Future Center" e l'ottimo percorso partecipato sul nuovo Piano urbanistico generale (Pug), proiettato nel 2026, per la pianificazione strategica locale? Senza pensare e rivedere il nostro passato storico secondo le sfide socio-economiche del trend poste dalla globalizzazione? Quale sarà il possibile metodo capace di una effettiva analisi storica ed economica? Rimandiamo in altra sede le dovute risposte. Le istituzioni meridionali, da sempre, si atteggiano come immuni da fabbisogni di conoscenza scientifica del proprio territorio.

Se politica e istituzioni continuano a volgere le spalle a doverose capacità di analisi – direbbe il sindaco Cascella – di quale visione comune si tratterebbe? Del solito meridionalismo piagnone o di un rigurgito di idee lontane dalla stessa realtà sociale e istituzionale? Come ridisegnare oggi una città più meridionale di questa, urbanisticamente compatta (dalle mura invisibili e ambiente spettrale), senza alcuna ombra di continuità di verde tra città e campagna? La Città Plurale (figlia della civitas medievale), da sempre città di frontiera, sarebbe inclusiva anche di spazi sociali produttivi, propri di una economia civile (come il volontariato, cultura della gratuità e della reciprocità, etc.), non solo di generiche economie informali e sociali e di attività ricreative? Una città dichiarata "a disastro ambientale", non può che "rinascere" come Città Biologica e Orto-botanica per tutti.

[Nicola Palmitessa, Centro Studi: "La Cittadella Innova"]