40 anni dalla scomparsa di don Peppuccio, il prete barlettano innamorato della Disfida

Contribuì a innestare il fervore per la rievocazione. «Fu conosciuto amato dai barlettani per il bene che fece»

venerdì 19 gennaio 2024
A cura di La redazione
Sono passati quarant'anni da quando mons. Giuseppe Damato, per tutti don Peppuccio, è ritornato alla casa del Padre ma sembrano davvero pochi per tutti i barlettani che hanno a cuore la propria storia e le potenzialità del territorio.

Probabilmente se oggi possiamo definire la Disfida di Barletta iconica e poter pensare che sia evento riconosciuto a livello nazionale (ma quanto ci sarebbe ancora da fare) è proprio grazie alla caparbietà e alla passione storica di don Peppuccio. Il sacerdote, prolifico scrittore di volumi sulla propria città, ne dedicò ben quattro a favore della rivalutazione storica della Disfida che passò da essere una mera "scaramuccia" ispiratrice solo casualmente dei furori risorgimentali di Massimo d'Azeglio, a un avvenimento storico degno di essere studiato, riproposto, classificato.

Mons. Damato morì nel 1984, il 19 gennaio, quasi centenario. E può vantare un sacerdozio lunghissimo di 74 anni che ben rappresentano una lunga camminata nella storia della città della Disfida, ricca di punti di gloria, di passione, di risultati che potevano venir fuori solo da una robusta preparazione e da un desiderio incomparabile di donare amore a Barletta. Questa camminata è ora immortalata nella statua di bronzo ospitata a piazza Plebiscito: un umile sacerdote, minuto, con la sua borsa da viaggio e nell'atto di un passo avanti lungo la via.

«Fu conosciuto e amato dai barlettani, anche per il bene che ha fatto», così lo ricorda don Sabino Lattanzio, che rimane anche nella memoria molto legato a lui, considerandosi un suo "discepolo". «Speriamo che ci siano tanti che possano seguire questi esempi di cittadini disinteressati che amano davvero la nostra città».

Ricordiamo questa potente figura oggi a "soli" quarant'anni. Ricordiamo che dobbiamo a lui la scoperta del busto di Federico II di Svevia (l'immagine della stupor mundi è ambita da tantissimi turisti, soprattutto tedeschi ove ci fu l'ascendenza degli Hoenstaufen) e del monolite Menhir di Canne della Battaglia.

Fieramosca e La Motte, nella loro posa plastica di contemporanea vittoria e sconfitta forse oggi plaudirebbero a don Peppuccio, e con loro dovrebbero tutti i barlettani di buon cuore e buona testa.