Pianto
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Cronaca

Versioni contrastanti e verdetto ribaltato per il barlettano che avrebbe picchiato la moglie

«Discrasie nella testimonianza della donna» e così viene assolto

Verdetto capovolto. Da 3 anni e 6 mesi di reclusione comminati dal Tribunale di Trani ad assoluzione piena "perché i fatti non sussistano" sentenziata dalla Corte d'Appello di Bari. Il collegio barese ha così scagionato un 48enne barlettano accusato e condannato in primo grado per maltrattamenti in famiglia e violenze sessuali ai danni della moglie. La difesa ha puntato l'indice anche sugli interessi che avrebbe avuto la moglie ad accusare il coniuge, con versioni ritenute contrastanti coi fatti. Soprattutto la contraddizione tra le presunte violenze sessuali e la disfunzione erettile del marito, da cui si separò ma che ben presto riaccolse in casa. Secondo quanto sostenne inizialmente la Procura della Repubblica di Trani, il marito avrebbe ripreso ad umiliare la moglie e a pretendere rapporti sessuali contro la sua volontà. Con l'impugnazione della sentenza l'avvocato Rinaldo Alvisi rimarcò "le discrasie della testimonianza della donna, la quale – sostenne il difensore dell'imputato - non è riuscita a spiegare come sia possibile concedersi al proprio carnefice e sperare che quest'ultimo risolva il problema dell'impotenza che lo affligge, tanto da preoccuparsi personalmente di contattare medici specializzati e di accompagnarlo. E' incredibile che la moglie abbia fatto tutto questo nel periodo in cui il marito abusava di lei, nei modi cruenti raccontati.

La moglie non è riuscita nemmeno a spiegare come sia possibile esser violentata nei modi descritti da un uomo incapace di avere una erezione, perché impotente pur dopo l'assunzione del viagra". La difesa ha contestato, inoltre, i presunti maltrattamenti in famiglia (per cui il Tribunale aveva pure ritenuto responsabile l'uomo) evidenziando la mancanza di prove anche in tal senso e ritenendo i fatti frutto, invece, di un'ordinaria crisi coniugale. Tra 90 giorni il deposito delle motivazioni della sentenza di secondo grado, che, conseguentemente ha revocato il diritto della moglie, costituitasi parte civile, al risarcimento dei danni ritenuti subiti dalle condotte del coniuge.
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