Walter, barlettano nel mondo
Walter, barlettano nel mondo
La città

Un barlettano in Irlanda: Walter e l’idillio della terra selvaggia di Cork

Dall’antropologia alle macchine per il caffè, sogni messi in cassetto per una vita tranquilla

Walter, antropologo nato a Barletta, resosi conto di non avere grandi possibilità di crescita professionale restando nella propria città d'origine, subito dopo il diploma, decide di avventurarsi in giro per il mondo alla ricerca di un luogo che possa soddisfare le sue necessità lavorative e conoscitive. Spinto in questa scelta dai propri genitori, da un'innata curiosità e dalla voglia di viaggiare, dopo aver vissuto sette anni a Bologna lavorando come assemblatore per la Ducati di giorno e studiando di notte per laurearsi in Antropologia Culturale, ha momentaneamente stabilito la sua esistenza a Cork in Irlanda.

L'Irlanda il paese dei folletti, della birra e di molto altro: come ci sei giunto?
«Sono arrivato in Irlanda per seguire la mia compagna di vita che viveva qui già da un anno, subito dopo aver conseguito il diploma di laurea in Scienze Antropologiche presso la facoltà di Lettere di Bologna, e dopo diversi anni di lavoro come operaio presso la Ducati Motor Holding. Entrambi avevamo lavori che non ci soddisfacevano quindi la nostra curiosità ci spinse a cambiare soprattutto perché ciò che maggiormente non ci piaceva era il clima sociale italiano. Dopo aver vissuto per i primi tempi a Dublino, ci siamo trasferiti a Cork, definita la vera capitale d'Irlanda, dato che fu proprio questo il cuore delle prime ribellioni indipendentiste contro l'Inghilterra. Ora viviamo qui nella zona campestre vicino la città, in un piccolo villaggio di soli cinquecento abitanti. La vita non è per niente frenetica, un pò come da noi in Puglia, e questo potrebbe essere considerato uno dei difetti che hanno gli irlandesi in quanto sembrerebbe che prendano tutto alla leggera. Ma sicuramente questo stile di vita ha anche i suoi lati positivi, tra tutti il fatto che lo stress con questi ritmi vola via. Siamo circondati da distese di verde interminabili punteggiate da greggi di mucche, le vere padrone di questi posti».

Le divergenze culturali: in che modo le hai affrontate?
«Ovviamente quando ci si sposta in un posto nuovo che non si conosce, ci si deve sempre adattare un pò alle usanze e all'ambiente estraneo, non si può pretendere di andare all'estero e praticarvi il proprio stile di vita, bisogna essere flessibili. Credo di esser sempre stato abbastanza bravo ad inserirmi in nuovi contesti, ad uscire spesso dalla mia area di confort e ritengo questa qualità indispensabile per la propria crescita personale. Per quanto riguarda la differenza culturale, da antropologo questo è pane per i miei denti e posso affermare con convinzione che certamente è motivo di arricchimento. Conoscere l'altro da se, immedesimarsi nel pensare e nell'agire altrui aiuta a conoscere meglio se stessi e a vivere meglio. Per quanto concerne le differenze tra noi e gli irlandesi devo dire che in realtà queste seppur esistano, non sono così marcate, forse anche per questo tra i due popoli scorre buon sangue, inoltre essendo molto devoti vedono l'Italia come il Paese del Papa(oltre che della buona cucina). Non impazzisco per il loro modo di non essere attenti ai dettagli quando si occupano di un lavoro, o di essere tanto rilassati alla guida che talvolta ai semafori si addormentano, però amo il loro essere un popolo poco avvezzo alla collera, differentemente da noi italiani e più tempo passa più mi sento davvero a casa qui».

Di cosa ti occupi attualmente?
«Dopo aver venduto per i primi tempi prodotti alimentari tipici pugliesi (mantenendo sempre alto l'orgoglio nazionale), e dopo aver notevolmente arricchito il mio inglese sono passato a lavorare per Lavazza, il famoso marchio del caffè, assunto da un'agenzia di marketing inglese come Sales Representative Agent, con la mansione di venditore di macchine del caffè per cialde, presso dei noti rivenditori e shopping center irlandesi. Sono molto contento di questo lavoro, perché mi permette di esportare una tra le tradizioni e passioni italiane, quella del caffè e di non restare sempre in un unico posto e per il fatto che lo svolgo praticamente in autonomia. Ho anche la possibilità di conoscere molte persone e grazie a questo di arricchire continuamente la mia conoscenza della lingua inglese».

Cosa ti ha spinto a non cercare di praticare la professione per cui hai studiato a Barletta?
«Una serie di circostanze mi ha portato a spostarmi dalla mia città, tra cui la situazione lavorativa e il desiderio di crescita personale e attualmente sono consapevole che lo stile di vita che ho qui sicuramente non potrei averlo nella mia città natale, neppure a parità di salario e di garanzie».

Cosa ti affascina maggiormente dell'Irlanda e della città in cui vivi?
«Amo dell'Irlanda i suoi paesaggi mozzafiato e ancora selvaggi, la bassa densità della popolazione, la semplicità della gente e l'aria pulita. Il villaggio dove vivo poi è abitato da pochissime persone e i bambini possono giocare per strada senza problemi. La criminalità è praticamente inesistente».

Se dovessi trovare tre ragioni per restare e tre per andartene da Cork quali sarebbero?
«Sicuramente i tre motivi per cui resterei sono: il mio stile di vita che amo molto, la tranquillità ed il lavoro. I tre motivi per cui potrei andarmene sarebbero: le condizioni climatiche difficili a cui noi italiani difficilmente ci abituiamo(qui hanno addirittura cinquanta nomi diversi per indicare la pioggia), la mancanza della mia famiglia e infine la mancanza del buon cibo italiano. Ma queste sono tutte cose superabili. Fortunatamente la famiglia si può incontrare tutti i giorni su Skype».

Raccontaci un aneddoto del tuo percorso di vita irlandese.
«Quando sono arrivato in Irlanda ho frequentato per qualche mese un corso di lingua inglese, attraverso il quale ho avuto la possibilità di dialogare e fare nuove amicizie con gente di tutto il mondo. E' un buon metodo per introdursi nella nuova realtà che si va a conoscere. Si sta a contatto diretto con la gente del posto e non solo. Mi ricordo di una volta a scuola, c'era una ragazza indiana che mi chiedeva come potessimo riuscire a mangiare tutte quelle mucche, l'Irlanda ne e' piena, mentre in India sono sacre e intoccabili. Io le risposi che invece da noi sono sacre per lo stomaco. Forse fui un po' cinico nel risponderle e sapevo benissimo che gli Indu' le considerano sacre, ma quella fu la risposta che mi venne spontanea al momento in tono scherzoso. In ogni caso consiglio a tutti il prima possibile di andare a far esperienza all'estero, sia lavorativa che di studio anche solo per un breve periodo, per lo meno per imparare la lingua, aprirsi a nuovi modi di pensare e agire, per poter maturare una mentalità aperta e crescere in maniera indipendente. Potrei ancora raccontarvi molto su questa bell'isola nel nord dell'Atlantico, ma vi invito a venirci personalmente a fare qui la vostra personale esperienza».
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