Associazioni

Più voce alle famiglie in difficoltà

Compie un anno il “Centro per la Famiglia” di Barletta

Il Centro per la Famiglia, nato a Barletta grazie all'iniziativa di Grazia Corcella e Rosanna Fiorella, avvocati e anche responsabili della locale sede de "La Caramella Buona Onlus Contro la Pedofilia", compie il suo primo anno di vita. «E' stato un anno tutto in salita per noi volontarie – spiega le referente Grazia Corcella - e non lo dico soltanto perché da un anno ci auto-tassiamo per rendere servizio alle famiglie in difficoltà, ma lo affermo - con vigore - principalmente perché la nostra associazione ci ha messe faccia a faccia con una realtà concreta ed inimmaginabile: il dolore.

Il dolore che nasce dal non aver lavoro, dal perdere la casa, il dolore che nasce dalla malattia e - molto, molto spesso - quello che deriva dalla separazione. Il nostro centro è diventato il luogo in cui soprattutto le donne trovano rifugio, sfogando la loro insoddisfazione. Ma insoddisfazione non è il termine giusto, quando si tratta di donne maltrattate, con figli che crescono assistendo a momenti di rabbia che nessun bambino dovrebbe mai vedere». L'associazione si occupa di tutte le problematiche familiari (separazioni e divorzi secondo buone prassi improntate sul rispetto, adozioni, affido, famiglie con componenti disabili, ecc.) da un punto di vista fiscale, legale, psicologico, promuovendo un modello di benessere e fornendo sostegno e una spazio di confronto. Sabato scorso si è svolto un incontro a ingresso libero sui temi separazione e divorzio.

«Con questa realtà facciamo i conti quotidianamente – scrive l'avvocato Corcella commentando l'appuntamento di sabato - e di qui è nata l'esigenza di un incontro in cui noi, avvocate e psicologhe, avremmo voluto spiegare qual è il comportamento più "sano" e com'è regolato giuridicamente... ed invece, ancora una volta, ci siamo trovate a dare accoglienza al dolore, perché il pubblico è stato relatore, portando testimonianza di quanto sia difficile affrontare una separazione, di come la rottura cambi le menti dei bambini, di quanta necessità ci sia di un luogo in cui parlare. E, penso, che con i nostri sforzi questo luogo glielo abbiamo dato».

In questo anno di attività che tipo di persone vi hanno chiesto aiuto? Giovani o in maggior parte adulti?
«In questo primo anno di lavoro presso il centro siamo diventate il punto di riferimento per i trentenni/quarantenni del quartiere. Rimasti senza lavoro, a volte per questione di sfratti, molto spesso per le loro separazioni (a volte già in corso e quindi vengono a comunicarci il loro disagio rispetto proprio alla procedura, ai provvedimenti dei giudici e, talvolta, anche rispetto ai loro legali). Le persone più anziane fanno ricorso a noi se hanno problemi economici e sperano in pensioni di invalidità, in forza dei loro acciacchi. Invece per quanto concerne i più giovani, a parte i bambini che frequentano il nostro doposcuola gratuito, non siamo ancora riuscite ad instaurare con loro alcuna relazione costante, abbiamo in cantiere alcune iniziative (come la rassegna cinematografica, la realizzazione di un musical natalizio ed altro) che speriamo possano portarli a noi».

Per temi quali separazione, divorzio e problematiche familiari, pensa che siano conosciuti anche dai più giovani? Sarebbe il caso di educarli a scuola su temi legati alla psicologia e al modo per relazionarsi in famiglia e con il prossimo?
«Il problema educativo c'è ed è grande, l'anno scorso ne abbiamo parlato in una serie di incontri presso la parrocchia S. Filippo, ma vi è un po' di svogliatezza da parte dei genitori, interessati più alla "delega" (alla maestra, al prete, ecc.) che non ad un impegno che li veda coinvolti in prima persona, almeno nel quartiere in cui noi operiamo, spesso popolato da persone di cultura medio-bassa. Serpeggia la convinzione tra tutti che il "prossimo" non va sostenuto, perché dagli altri non ci si può aspettare nulla di buono, ma nel contempo si grida all'indifferenza altrui, poiché nessuno dà una mano alla risoluzione dei nostri problemi. E' la contraddizione del nostro tempo. Ed infatti nessuno crede che il nostro impegno non è sostenuto economicamente da nessuno se non da noi stesse, poiché tutti credono che "nessuno fa niente per niente"».
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