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La pace di Cristo e il dono dello Spirito

«La parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato»

Dal Vangelo secondo Giovanni: "In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: "Vado e tornerò da voi". Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

Il tempo di Pasqua volge verso il suo compimento, la Pentecoste, che segnerà gli inizi della chiesa con la diffusione della buona notizia che è Cristo. Il brano del Vangelo odierno è un tratto del lungo discorso che nel Vangelo di Giovanni Gesù fa durante l'ultima cena e viene riletto dalla comunità cristiana alla luce della Pasqua. Di qui un susseguirsi di situazioni un po' contrastanti, quali il turbamento dei discepoli e la pace donata da Cristo, il timore dell'affrontare il mondo e il coraggio infuso da Colui che è il Consolatore. È il tempo della Chiesa, della comunità dei credenti continuamente sballottata tra le prove della vita e la professione della fede in Cristo. È il tempo nostro, in cui, nonostante i turbamenti del cuore e i tanti timori, siamo chiamati ad aprirci, nell'amore verso Gesù, all'accoglienza della sua Parola che prepara i nostri cuori a fare spazio a Dio che vuole abitarli e abitarci.

Gesù parla del Paraclito. Nella precedente traduzione delle Scritture trovavamo "Consolatore". L'ultima edizione ha preferito lasciare la parola greca che ha un significato ben più ampio di semplice consolatore-avvocato. All'epoca di quei fatti un processo si svolgeva così: l'imputato doveva difendersi da solo; poteva però "chiamare presso" di sé (letteralmente: Paraclito) una persona che gli stesse accanto per suggerirgli silenzi e risposte, e così non facesse sentire solo l'imputato. Questo allora il significato più vero e bello per lo Spirito. Egli è colui che chiamiamo presso di noi nel momento della prova (il processo, e non solo!) per non sentirci soli, perché ci suggerisca, mettendo sulle nostre labbra la parola giusta, perché "ci insegni ogni cosa e ci ricordi" tutto ciò che Gesù ci ha detto. Tutto ciò è capace di infondere in noi un senso di profonda pace nell'affrontare il buon combattimento della vita e della fede, non come la pace del mondo, instabile e passeggera. Tutto questo è accompagnato dalla promessa di Gesù: vado e torno. È necessario che lui vada per la sua strada (la passione, morte e risurrezione, ovvero il mistero pasquale) perché possa tornare e rimanere glorioso con noi per sempre e, come ieri ha preparato gli apostoli, oggi Gesù intende preparare noi a vivere nel mondo continuando ad essere suoi per portare al mondo la sua Parola, che è verità, amore e giustizia. Cominciamo ad invocare allora sin da subito il Paraclito, lo Spirito che procede dal Padre e dal Figlio, perché rimanga con noi per sempre. Buona domenica!

[don Vito]
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