esimo anniversario della Liberazione
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Istituzionale

Festa della Liberazione, Grimaldi: «Approfondire per colmare i vuoti storici»

Il responsabile Archivio di Stato di Barletta: «Impossibile assegnare un'unica colorazione politica all'agire di una intera città che si oppose, versando il proprio sangue»

«Per il 75esimo anniversario della Liberazione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha emanato ferree disposizioni che hanno escluso la possibilità, da parte dei Prefetti, di organizzare, sui territori, cerimonie prevedendo in via eccezionale manifestazioni, senza forme di assembramento, con la sola deposizione di corone presso i monumenti ai caduti da parte della Autorità deponente, senza il coinvolgimento di altre autorità o formazioni militari - scrive Michele Grimaldi, Responsabile Archivio di Stato di Barletta​».

«Ovviamente tutto organizzato rispettando le norme restrittive del periodo. Ma, da studioso e cronista del passato, permettetemi di condividere con voi alcune considerazioni che nascono non già da radicate idee politiche, bensì da quei "maledettissimi" ed inoppugnabili fatti che i documenti dell'epoca mi suggeriscono. Debbo ammettere, francamente, che la spinta forte a parlare del 25 aprile mi è giunta dal nostro Presidente Sergio Mattarella il quale, per placare la feroce diatriba sorta, nel passato, sul chi avesse diritto a vantare l'assoluta e non condivisibile primogenitura delle manifestazioni, ha sentenziato in maniera forte e inequivocabile

"Vi furono uomini liberi che sbarcarono nell'Italia occupata e versarono il loro sangue anche per la nostra libertà. A questi caduti rivolgiamo un pensiero riconoscente. Il loro sangue è quello dei nostri fratelli. Tra questi non possiamo dimenticare i 5.000 volontari della Brigata Ebraica, italiani e non, giunti dalla Palestina per combattere con il loro vessillo in Toscana e in Emilia-Romagna".


Praticamente, con due sole frasi, Mattarella ha abbattuto quel muro, colorato di rosso vivido, che divideva il gruppo dei "solo noi" dal nutrito drappello degli "anche noi", facendo cambiare il colore, di quel che rimane del muro, in un rosa pallido. In alcuni casi gli stessi accaniti sostenitori della mitologia partigiana, dopo aver negato qualsiasi cosa per settanta anni ora ammettono, a bassa voce e con evidente imbarazzo che "in effetti, qualche errore ed eccesso, ci furono". Non mi addentrerò nella perigliosa selva del revisionismo storico, che rende i fascisti vittime e i comunisti assassini e questo perché i partigiani non erano tutti comunisti. Il movimento di resistenza partigiano era composto sia da brigate ispirate al comunismo, che da altre ispirate al socialismo o al social-liberalismo e c'erano poi i partigiani bianchi spesso (per non dire sempre) dimenticati. Quindi definire i partigiani di tutta Italia comunisti, mi sembra un po' superficiale se non "pro domo sua".

Un dato certo è rappresentato dal fatto che l'Azione Cattolica contò 1.279 iscritti e 202 assistenti ecclesiastici, uccisi. Gino Pistoni, Aldo Gastaldi, Luigi Pierobon, Giuseppe Perotti e tanti altri: giovani ispirati dal Vangelo diedero la vita per un'Italia libera e democratica. Tra essi anche tanti (ma veramente tanti!) sacerdoti e tante donne e fra queste, lo si è saputo soltanto a distanza di più di mezzo secolo, la stessa Regina Maria Josè alla quale esponenti delle formazioni "rosse", inviarono a formularle l'offerta uno dei capi, Cino Moscatelli ma la risposta, seppur a malincuore, fu no. Quanto ai suoi rapporti con la Resistenza, nonostante i due ripensamenti a unirsi attivamente alle brigate partigiane, continuarono fino alla fine del conflitto bellico. Maria Jose' aiutò i suoi amici in tutti i modi, raccogliendo denaro, fucili, munizioni e altri beni di prima necessità, tutte cose che provvedeva lei in persona a recapitare clandestinamente.

Come anche la medaglia d'oro al Valor Civile assegnata alla Città di Barletta nel 1998 con la motivazione:

"Occupata dalle truppe tedesche all'indomani dell'armistizio, la città si rese protagonista di una coraggiosa e tenace resistenza. Oggetto di una feroce e sanguinosa rappresaglia, contò numerose vittime tra i militari del locale presidio e i civili che, inermi e stremati dalle privazioni, furono in molti casi passati per le armi sul luogo ove attendevano alle quotidiane occupazioni. Splendido esempio di nobile spirito di sacrificio ed amor patrio"


è il chiaro esempio di come sia impossibile assegnare un'unica colorazione politica all'agire di una intera Città che si oppose, versando il proprio sangue, a chi voleva privarci della libertà. Si ricordano giustamente le 365 vittime innocenti della strage nazista delle Fosse Ardeatine, mentre è stata rimossa dalla storia un'altra orribile strage, quella di Oderzo dove, a guerra finita, 598 tra allievi ufficiali e soldati della Guardia Nazionale Repubblicana furono fucilati dai partigiani e gettati nel Piave dopo la loro resa. Si celebra la strage nazista di Marzabotto, ma si dimentica la strage partigiana di Schio. Di vicende come queste la storia, quella vera, ne è piena…purtroppo!

Per motivi anagrafici non ho conosciuto il Fascismo e anch'io, come la maggior parte degli italiani, sono cresciuto a pane e resistenza avendo appreso la storia in maniera superficiale dai libri di testo, dai programmi televisivi e attraverso la cinematografia imperniata sui soliti luoghi comuni che vede i cattivi da una parte e i buoni dall'altra, solo che non mi sono accontentato, una volta diventato "grande", della verità ufficiale e ho voluto approfondire le mie conoscenze. Il risultato? Il risultato è stato che mentre colmavo i miei vuoti, i dubbi aumentavano. Dubbi che a tutt'oggi nessuno è stato in grado di chiarire».
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