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Cosa fa Barletta per combattere la ludopatia?

Il GAP è da tenere a debita distanza

Pochi giorni fa a Pavia, è entrata in vigore un'ordinanza che limita l'uso delle slot machine a determinate fasce orarie: sale giochi aperte dalle 10 alle 13 e dalle 18 alle 23, così da tenere lontani giovani e anziani, convenzionalmente le persone più deboli della popolazione. Decisione discutibile, quella del sindaco del capoluogo lombardo, assunta la gravità di un problema sempre in maggiore espansione. Difficile pensare che cinque ore di chiusura pomeridiana possano arginare questo flagello sociale, trattandosi di una fascia oraria (13-18) apparentemente tranquilla ma, ci si confronta con queste derive non rimane altro che sperimentare.

Barletta, dal canto suo, sta approntando il progetto di uno sportello per combattere le dipendenze, come dichiarò la dirigente ai servizi sociali Santa Scommegna in un incontro presso la Caritas di Barletta. La ludopatia è solo l'ultima arrivata rispetto a tossicodipendenza e alcolismo, ma è forse quella più silente e rovinosa. E' un atteggiamento dissociativo, la conseguenza dell'incapacità di vivere dignitosamente la povertà. Il gioco d'azzardo patologico (GAP) ha un'aggravante nella sua stessa definizione: il fatto che si definisca "gioco". L'elemento ludico e dilettantistico si è perso quando si è capito che essere automi davanti alle macchine può essere l'unico spiraglio di ricchezza in tanta miseria. Diventa una sorte di fissazione, di alienazione per la quale lo sportello d'ascolto può fare poco o niente. Limitare gli orari d'accesso potrebbe, addirittura, generare il fascino del frutto proibito e far scaturire la repressione da digiuno.

Non sarebbe invece più efficace tagliare la crescita del frutto dalla radice? Non c'è zona di Barletta non coperta da generatori di ludopatie: ogni quartiere ha almeno 3-4 sale giochi, ognuna delle quali nasconde all'interno una sala privata con slot machines. Predisporre l'obbligo di affiggere cartelli precauzionali e vietare l'entrata ai minori di 18 anni sono interdizioni che il proprietario di una sala giochi rispetta facilmente. Il pettine, però, si ferma sui nodi del monopolio statale, delle autorizzazioni comunali e della fruizione provocata dalla miseria dilagante. Di fronte a questi accanimenti, i provvedimenti cadono in un deriso nichilismo e a noi non resta che raccontarli nel nostro raccoglitore "Azzardopoli".
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