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Bullismo: come riconoscere e sconfiggere le "tigri di carta"

«Una vera e propria emergenza sociale», in aumento anche nella nostra regione

All'indomani della giornata mondiale dei diritti dell'infanzia, si è tenuto un convegno organizzato dalle associazioni "Nuove Genti" e "Il Colore degli anni" presso la parrocchia della SS. Trinità a cui hanno preso parte Rosa Paparella, responsabile dei minori regione Puglia, don Davide Abascià, responsabile diocesano pastorale giovanile, Carmine Panico, educatore e presidente dell'associazione ICARE "Mi stai a cuore" di Bisceglie, e Maria Pia Garinella, giornalista e moderatrice. Alla presenza di insegnanti, genitori e giovanissimi durante l'incontro ci si è interrogati a lungo su cosa sia il bullismo, sulle sue manifestazioni e i possibili modi per contrastarlo. Per bullismo si intendono l'insieme di tutte le manifestazioni prevaricatorie e i soprusi messi in atto da uno o più bulli nei confronti di una vittima. Si tratta di un rapporto asimmetrico in una dinamica che si instaura tra pari - spesso tra coetanei - un gioco delle parti illogico e pericoloso che se sottovalutato può avere un triste epilogo. «È una vera e propria emergenza sociale», queste le parole di Carmine Panico, e in virtù di ciò è importante riconoscerlo per sconfiggerlo. Ad un bullismo diretto – esplicito attacco di tipo fisico o verbale – si aggiungono il bullismo indiretto, che danneggia la vittima nelle sue possibilità relazionali e che consiste nelle forme di isolamento, esclusione o diffusione di calunnie, e il sempre più diffuso e forse ancor più crudele cyberbullismo che si sviluppa sui social network, in chat o nelle app quali WhatsApp e non solo.

«Lo spazio non può essere circoscritto al mero ambito scolastico» ha spiegato Rosa Paparella che ha invitato gli insegnanti a prestare maggiore attenzione alle dinamiche che avvengono non solo quotidianamente nelle classi, ma anche al di fuori. Non si può credere che se il fatto non sia avvenuto a scuola gli insegnanti siano esenti da responsabilità. Nessuno è escluso, non solo il bullo di turno ma anche il contesto in cui opera e i compagni, dunque, che hanno delle responsabilità imprescindibili. Il bullo non è altro che una tigre di carta, capace di agire solo in gruppo. La scuola deve recuperare quella che è la propria funzione educativa in collaborazione con la famiglia al fine di combattere l'omertà diffusa dinanzi a certi atti di nota gravità. Il problema - hanno continuato i relatori - è che i nostri ragazzi stanno crescendo da soli poiché si troppo impegnati a leggere le ultime news sui vari social per poter dialogare con loro, comprendere le loro paure o difficoltà. Non è un caso che il più delle volte il bullo non sia altro che un ragazzo incapace di gestire la rabbia, incapace di utilizzare forme di comunicazione altre diverse da quelle della violenza.

«Esistono poi veri e propri luoghi e tempi specifici in cui si consumano le prevaricazioni quali il contesto classe o l'uscita di scuola, il cambio dell'ora, la ricreazione ecc.» ha continuato la responsabile minori regione Puglia, Rosa Paparella. Dunque è proprio lì che bisogna prestare maggiore vigilanza a quei fenomeni che non vanno interpretati come semplici conflitti tra coetanei. Forti sono state in conclusione le immagini proiettate di una vittima di bullismo, un autistico che inizialmente si è sentito quasi responsabile per quello che gli stava succedendo, che ha tentato due volte il suicidio ma che ce l'ha fatta e si sente più forte di quei "maledetti codardi" o ancora l'invito della moderatrice alla valorizzazione della diversità da cui spesso tutto ha origine su esempio del romanzo di Louis Sepulveda, Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare.
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