Antonio Cilli, chef barlettano
Antonio Cilli, chef barlettano
La città

Antonio Cilli, da Barletta agli Internazionali d’Italia di cucina

«Che emozione rappresentare Barletta, alla mia prima gara sono arrivato secondo»

25 anni, e un sogno nel cassetto, magari quello di una cucina: diventare un grande chef stellato. Ha già compiuto i primi passi di questa sua complicata ma intrigante scalata il barlettano Antonio Cilli. Alla sua prima competizione nazionale da chef, il giovane cuoco della Città della Disfida ha ottenuto un risultato molto prestigioso, classificandosi al secondo posto agli Internazionali d'Italia di Cucina. La manifestazione, che ha visto ai nastri di partenza numerosissimi chef provenienti dall'Italia e dall'estero e si è tenuta a Carrara dal 22 al 26 febbraio, metteva in palio il titolo di Campione d'Italia. Antonio ha partecipato nel programma K1, che prevedeva la rivisitazione di un piatto unico della cucina mediterranea. Il secondo posto finale, con 88 punti su cento, vale oro se si pensa anche ai notevoli margini di crescita del giovane chef barlettano.

Antonio, ti aspettavi di vincere questa competizione così importante nel panorama culinario italiano?
«Sinceramente no. Era la mia prima gara ufficiale da "vero" chef. All'inizio della competizione pensavo di non riuscire ad arrivare nemmeno tra i primi dieci. Mi sono confrontato con altri 40 chef provenienti dal resto d'Italia e da tutto il mondo, tutti con un potenziale molto alto. Nonostante questo, sono riuscito a difendermi abbastanza bene».

Ci descrivi il piatto che ti ha portato ad un passo dalla vittoria nel segno della creatività?
antonio cilli in garail piatto di antonio cilli medaglia d argento agli internazionali d italia di cucina
«La gara consisteva nella rivisitazione di un piatto unico della cucina mediterranea. Ho perciò pensato di mettere in risalto i prodotti della nostra terra, preparando un trancio di baccalà scottato in padella con una vellutata di patate allo zafferano, accompagnato da cipolle sponsali arraganate su crostone di pane di Altamura e orecchiette di grano arso con cime di rape su fonduta di pecorino con pomodoro confit. La mia idea nasce dalla rivalutazione di due piatti tipici pugliesi: le orecchiette con le cime di rape e il calzone alla molfettese. Ho pensato di chiamare il piatto "Sapori del mediterraneo"».

Quali emozioni si provano a competere in gare così importanti e di rappresentare Barletta in tutta Italia?
«È una domanda a cui è difficile rispondere. Posso certamente dire che questa gara ha cambiato in positivo il mio modo di essere. All'inizio ero molto nervoso, ma dal momento in cui sono entrato in laboratorio mi sono concentrato al massimo. Ho realizzato un sogno: rappresentare Barletta in queste competizioni internazionali di cucina, ed è per questo che cercavo di concentrarmi sul piano di lavoro e sul timer che faceva passare molto velocemente i 45 minuti a disposizione».

Nell'era in cui la cucina spopola in Italia, cosa ne pensi dei programmi che parlano della tua materia in televisione?
«Ad essere sincero, credo che sia giusto che ci siano tanti programmi in tv, ma è altrettanto giusto augurarci che la nostra cucina, tra le più importanti al mondo, non venga rovinata da personaggi che credono di essere grandi chef, pensando di saper essere, saper fare e saper intendere».

Qual è il tuo credo in cucina? Cerchi più la combinazione di sapori e consistenze o badi maggiormente all'estetica?
«Quando cucino, non sempre seguo la ricetta, ma cerco di entrare in contatto con le emozioni del momento. Cerco di rendere originale il piatto, di rendere originale il gusto. Non devo spiegare nulla, chi giudica non deve parlare con me ma con il piatto. Secondo il mio punto di vista, l'estetica passa in secondo piano, perché, per quanto un piatto possa essere ben presentato, è il sapore a rendere una portata insuperabile. Se il sapore non rende, il cliente non torna più nel ristorante».

Tu sei riuscito a conquistare un premio importante a 25 anni. Cosa ti senti di dire ai giovani barlettani che praticano la tua professione?
«Un solo imperativo: studiare, studiare, studiare. Iniziate a fare la gavetta quanto prima, per affacciarvi nel fantastico mondo della ristorazione. Chef si nasce, e non si diventa: non bisogna mollare mai e scalare la vetta pian piano».

A chi ti senti di dedicare questo tuo primo ma importante traguardo?
«Innanzitutto devo ringraziare chi mi ha seguito in questa che è stata una vera e propria avventura, tutti coloro che mi hanno sostenuto e che mi vogliono bene. Voglio però dedicare questa gara ad una persona molto speciale, che purtroppo non c'è più: mio zio Giovanni, anche se non presente, sicuramente era lì con me».

In chiusura, ti chiedo: quali sono i tuoi progetti per il futuro?
«Vorrei diventare uno chef stellato, e avere una brigata che mi segua in tutte le mie avventure. Proverò anche a far parte della nazionale italiana cuochi italiani, sarebbe per me un grande onore rappresentare la cucina italiana nel mondo».
  • Intervista
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